Primo soccorso: i traumi possibili

Primo soccorso: i traumi possibili

Manuale di primo soccorso in caso di incidente stradale: i traumi possibili, come riconoscerli e come prestare le prime cure in attesa dei soccorritori

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30 Giugno 2020 - 10:06

Non e penultimo appuntamento con il nostro Manuale di Primo Soccorso. Stavolta parliamo dei possibili traumi derivanti da un incidente. Con il termine emorragia si intende la fuoriuscita di sangue dal sistema circolatorio. In un incidente stradale molto spesso possiamo trovarci a dover affrontare una eventualità di questo tipo ed è quindi importante avere le idee chiare su cosa fare. Se il sanguinamento è visibile perché sono presenti delle ferite parliamo di emorragia esterna. È altrettanto importante, però, tener presente che spesso, e ciò vale in particolar modo nei traumi più gravi, il sangue può raccogliersi in cavità all’interno dell’organismo e non dare segni diretti di sé. E proprio in questi casi risulta fondamentale capire la gravità della situazione e agire prontamente.

TRAUMI POSSIBILI: COME INDIVIDUARE UN’EMORRAGIA INTERNA

In un incidente automobilistico, così come in tutti gli impatti a forte velocità, si deve sempre sospettare, anche in assenza di segni evidenti, un sanguinamento interno. Che può essere eventualmente escluso con certezza solo in ambito ospedaliero. Talvolta le emorragie interne si manifestano verso l’esterno. In un trauma cranico, ad esempio, può succedere di osservare la fuoriuscita di sangue dall’orecchio e dal naso; in un trauma toracico può esserci invece della schiuma mista a sangue che esce dalla bocca.

Quali sono, dunque, i sintomi che ci devono allarmare, oltre alle circostanze, soprattutto quando il sangue non è visibile? Vale subito chiarire un paio di concetti di anatomia e fisiologia di base. Il sangue circola nel nostro organismo in un sistema di condotti grazie all’azione del cuore. I vasi sanguigni si distinguono in arterie che partono dal cuore stesso e si diramano fino a dare vasi microscopici che sono i capillari. Da qui originano vasi via via di maggiori dimensioni che confluiscono nelle vene e riportano il sangue al cuore. Quando per un qualche motivo un vaso si rompe, il sangue si riversa all’esterno del vaso stesso.

Se il sanguinamento prosegue, il cuore inizia a pompare più velocemente per permettere al sangue che rimane di raggiungere i tessuti. La persona diventa pallida perché il sangue viene richiamato agli organi più importanti e se l’emorragia non si ferma, lentamente la pressione del sangue scende. È quello che viene definito uno stato di shock. Quando arriviamo sul luogo di un incidente, accertata la sicurezza della scena e lo stato di coscienza del ferito, dobbiamo osservare l’eventuale presenza di ferite e valutare la loro gravità. Le emorragie si possono distinguere in base ai vasi coinvolti.

COME FERMARE UN’EMORRAGIA

Le emorragie arteriose interessano le arterie che sono i vasi che partono dal cuore. Il sangue in questo caso esce a fiotti o zampilli sincroni con il battito cardiaco. Se non interveniamo prontamente la persona ferita è a rischio vita, dato che le emorragie arteriose non si arrestano da sole. Nel caso in cui siano invece interessate delle vene (caso più frequente perché le vene scorrono più in superficie rispetto alle arterie) il sangue esce in modo continuo. Le emorragie capillari, per concludere, sono quelle meno gravi perché interessano piccoli vasi e spesso si arrestano spontaneamente.

Come dobbiamo quindi comportarci di fronte a una emorragia? Regola numero uno è la nostra sicurezza: indossiamo dei guanti che dovremmo sempre avere in auto per evitare il contatto con il sangue e i liquidi organici. La prima manovra da usare è la tecnica della compressione diretta. Applichiamo una garza possibilmente sterile sulla ferita, poi sovrapponiamo un rotolo di garza ed eseguiamo una fasciatura compressiva (in caso va bene anche un indumento). Tale fasciatura ha lo scopo di esercitare una pressione sulla ferita stessa e cercare di fermare l’emorragia. Se la lesione è ad un arto possiamo sollevarlo per diminuire il sanguinamento e usare del ghiaccio (mai direttamente a contatto con la cute).

In tal modo si riescono a tamponare circa il 90% delle emorragie. Solo qualora queste manovre non dovessero arrestare il sanguinamento si può ricorrere a due tecniche estreme che non sono scevre da rischi importanti. Si tratta delle tecniche dei punti di compressione e del laccio emostatico arterioso. In alcune parti del corpo le arterie scorrono vicino a superfici ossee e una pressione esercitata in questi punti può interromperne il flusso verso la periferia. In alternativa possiamo utilizzare un laccio emostatico. Questo si può ottenere usando un pezzo di stoffa della larghezza di almeno 5 cm, fili e oggetti taglienti sono assolutamente da evitare. Tale laccio va stretto fino ad arrestare il sanguinamento. È fondamentale segnare l’ora di applicazione sulla fronte dell’infortunato.

Ovviamente queste due tecniche comportano anche un arresto del circolo a valle rispetto al punto di applicazione e quindi una mancanza di ossigenazione in queste zone. Per tali motivi il laccio va applicato solo in caso di reale necessità ovvero solo alle radici degli arti, quando nonostante bendaggio compressivo, ghiaccio e sollevamento dell’arto l’emorragia non accenna a smettere. Oppure in caso di amputazione dell’arto. A tale proposito vale la pena spiegare che se siamo in presenza di una parte amputata questa va inserita in un sacchetto che deve essere chiuso e a sua volta inserito in un secondo sacchetto che contenga del ghiaccio. Il ghiaccio non deve mai venire a contatto diretto con la parte amputata! Se ci troviamo di fronte a corpi estranei o a segmenti ossei sporgenti non dobbiamo assolutamente toccare niente e limitarci a effettuare, se necessario, una compressione intorno alle lesioni o una compressione a distanza. Una volta arrestato il sanguinamento ci occuperemo delle manovre ‘antishock’ che andremo ad analizzare più avanti.

IL TRAUMA CRANICO – Il trauma cranico è un evento frequente negli incidenti stradali. Si stima che circa la metà dei traumi cranici riconosca la propria causa in tali evenienze, con un picco di incidenza in età giovanile. Spesso in un politraumatizzato è presente un trauma cranico. A seconda della gravità si possono dividere in tre categorie: in quelli cosiddetti leggeri non vi è perdita di coscienza neppure temporanea, in quelli di media gravità c’è una perdita di coscienza o durante o subito dopo l’incidente mentre in quelli gravi la perdita di coscienza è persistente con uno stato di coma. Dal punto di vista dei meccanismi il trauma cranico si può verificare per una brusca decelerazione (come negli impatti frontali) o per una improvvisa accelerazione (ad esempio se si è urtati da un’auto in corsa). Le lesioni coinvolgono i tessuti esterni con ferite, le ossa con fratture e il tessuto cerebrale con contusioni e lacerazioni.

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INCIDENTE STRADALE: COME RICONOSCERE UN TRAUMA CRANICO E LA SUA GRAVITÀ

Innanzitutto valgono sempre le regole esposte sopra. Ci assicuriamo quindi che non ci siano pericoli e ci avviciniamo al ferito valutando lo stato di coscienza. Una alterazione dello stato di coscienza, sonnolenza, una perdita anche temporanea della coscienza, una amnesia, uno stato di irrequietezza ci devono far sempre sospettare un trauma cranico. Se la persona ci risponde potrebbe essere confusa, parlare in modo inappropriato o emettere solo dei versi. Possono essere presenti vomito non preceduto da nausea, capogiri, dolore. Potremmo osservare anche delle convulsioni. La fuoriuscita di sangue dall’orecchio o dal naso potrebbe anche nascondere un trauma cranico con un sanguinamento interno.

Anche una differenza del diametro delle pupille ci può orientare in tale direzione, ma qui entriamo già nel campo ‘medico’ ed è meglio attenerci ai segni descritti sopra. Una cosa importante che va tenuta ben presente è che, di fronte a un sospetto trauma cranico, dobbiamo sempre trattare il paziente come se avesse associato un trauma vertebrale cervicale. Il traumatizzato cranico va continuamente osservato e valutato perché spesso le sue condizioni cambiano repentinamente. Se il paziente è cosciente dobbiamo limitarci a tranquillizzarlo, posizionandoci dalla parte della testa per evitare pericolosi movimenti del collo, coprendolo con una coperta e attendendo l’arrivo dei soccorritori. In caso contrario dobbiamo procedere con la sequenza descritta nel capitolo del basic life support (valutazione della respirazione e, se assente, rianimazione).

IL TRAUMA VERTEBRALE

La colonna vertebrale rappresenta l’asse di sostegno del corpo. È costituita da 33-34 vertebre sovrapposte (suddivise in 7 cervicali, 12 toraciche, 5 lombari, 5 sacrali e 4-5 coccigee) che formano un canale al cui interno si trova il midollo spinale. Le vertebre sono spesso interessate da traumi negli incidenti stradali. Le cause principali sono il mancato utilizzo della cintura di sicurezza e il colpo di frusta conseguente ad una brusca decelerazione. Come regola fondamentale è indispensabile considerare tutti i soggetti che abbiano subito un incidente come potenziali traumatizzati della colonna fino a prova contraria. Per questi motivi tale struttura va sempre protetta e il paziente deve essere mobilizzato, se necessario, con adeguati presidi finché non si escluda una lesione a tale livello.

Infatti, come abbiamo detto sopra e come ripetiamo ancora, una persona cosciente non deve essere assolutamente spostata salvo la presenza di pericoli di vita imminenti. Una persona che abbia subito un trauma cranico è ad elevato rischio di presentare anche un trauma cervicale e deve essere immobilizzata precocemente utilizzando un collare rigido. Lo spostamento può avvenire tramite la tavola spinale presente sui mezzi di soccorso.

Le lesioni della colonna possono interessare solo la struttura ossea. Ma se viene danneggiato anche il midollo spinale si avranno dei conseguenti danni neurologici. La presenza di dolore, disturbi della sensibilità, paresi o paralisi flaccida degli arti sono fortemente sospette per una lesione di questo tipo. Già la dinamica dell’incidente (forti accelerazioni o decelerazioni) ci devono allarmare. Di fronte alla presenza di dolore ci limitiamo quindi a tranquillizzare il ferito, non muoverlo, immobilizzare precocemente il capo, magari posizionandoci dietro la testa e trattenendolo con le mani. La copertura termica anche in questo caso è fondamentale. In caso di trauma vertebromidollare dobbiamo anche affrontare uno stato di shock dovuto alla dilatazione dei vasi. Con conseguente perdita di calore e peggioramento del danno.

IL TRAUMA TORACICO

Anche i traumi del torace rivestono un ruolo importante negli incidenti stradali. La gabbia toracica è formata dallo sterno anteriormente, dalle coste e dalla colonna dorsale posteriormente. Al suo interno si trovano il cuore, i due polmoni e i grandi vasi. Tutte queste strutture sono suscettibili di subire un danno e, come si può facilmente immaginare, spesso le lesioni sono molto gravi o mortali. I due polmoni sono contenuti all’interno di due ‘sacchi’ rappresentati dalle pleure, in cui vi è una pressione negativa. Ma quali sono i segni più caratteristici di un trauma toracico? Eventuali ematomi possono essere già indicativi. L’infortunato risulta dispnoico, ossia fa fatica a respirare, e si può inoltre osservare la cianosi, che è il colorito bluastro della cute e delle mucose dovuto a rallentamento del circolo periferico. È probabile che il ferito emetta una bava schiumosa mista a sangue con il respiro, e che lamenti dolore. Nei casi più gravi va incontro a un progressivo stato di shock. C’è poi una evenienza gravissima da ricordare. Si tratta dello pneumotorace.

Come abbiamo accennato prima i polmoni sono all’interno di due sacchi ermetici. Se una ferita passa la parete toracica e lede una di queste membrane, l’aria comincia a entrare nella ferita stessa e il polmone, non potendosi più espandere per l’aumento di pressione, collassa. Se non si interviene prontamente l’infortunato va incontro alla morte. I segni che ci indicano una situazione di questo genere, oltre alla dispnea, sono rappresentati dalla presenza di una ferita toracica ‘sbuffante’ e da movimenti anomali del torace stesso. In tale evenienza esiste una medicazione a valvola costituita da una garza ricoperta da materiale impermeabile e aperta su un angolo da applicare per fare in modo che l’aria non possa entrare. In tutte le evenienze, comunque, è importante posizionare la persona semiseduta, ossia con le gambe distese e il torace sollevato per farla respirare meglio. Allo stesso scopo possiamo, nel caso in cui non sussistano altre lesioni, metterla sul lato ferito. Il polmone verso l’alto infatti ventila meglio. Ribadiamo ancora una volta l’importanza della protezione termica.

Manuale di primo soccorso la valutazione dell'infortunato

IL TRAUMA ADDOMINALE

Accanto ai traumi cranici, vertebrali e toracici troviamo i traumi addominali. All’interno dell’addome si trovano organi importanti e corrono grossi vasi. Le lesioni possono essere aperte e quindi osserviamo delle ferite, ma anche chiuse da contusione, scoppio o stiramento con lacerazione di organi interni per improvvise accelerazioni o decelerazioni. L’infortunato se cosciente lamenta dolore, l’addome può apparire duro al tatto, si osservano degli ematomi.

È possibile la comparsa di vomito con sangue e, se le lesioni sono importanti, si presenta il quadro dello shock. Le misure da adottare nel primo soccorso sono le seguenti. L’infortunato non deve essere mobilizzato se cosciente, è invece possibile fargli adottare una posizione a gambe flesse, che riduce la tensione addominale e il dolore ma solo nel caso in cui non vi siano lesioni agli arti inferiori, utilizzando qualcosa di morbido come spessore da posizionare sotto le ginocchia.

Le emorragie esterne se presenti sono da tamponate, il ferito deve essere coperto in attesa dell’arrivo dei soccorsi. In caso di eviscerazione, lesione della parete addominale con fuoriuscita di organi, quasi sempre parte dell’intestino, non si deve tentare di spingerli all’interno ma limitarsi a coprirli se possibile con materiale sterile. In generale, ma in particolar modo in caso di lesioni addominali, non si deve mai dare niente da bere all’infortunato anche se lamenta sete!

Spesso nei traumi addominali vengono interessate anche le ossa del bacino. Ciò comporta sempre una emorragia interna importante (è possibile la comparsa di ematuria, ossia sangue nelle urine) e un conseguente stato di shock. Valgono le stesse regole spiegate sopra e va prestata molta attenzione alle condizioni del paziente, che potrebbero aggravarsi prima dell’arrivo dei soccorsi.

MANUALE DI PRIMO SOCCORSO: LE FRATTURE

Nel nostro corpo sono presenti più di 200 ossa. Queste hanno la funzione di sostegno ma servono anche a proteggere gli organi vitali (basti pensare alla scatola cranica o alla gabbia toracica). Le ossa si rapportano tra loro attraverso le articolazioni e i legamenti e presentano l’inserzione dei tendini che le collegano alle strutture muscolari. Quando per un qualsiasi motivo si supera la capacità di resistenza dell’osso si genera una frattura.

Esistono vari tipi di fratture in base ai meccanismi e all’aspetto. Ai fini del primo soccorso sulla strada ci interessa sapere che le fratture in questo caso sono di origine traumatica e possono essere chiuse e quindi non visibili direttamente, oppure esposte quando l’osso si rompe e il moncone fuoriesce dalla cute. In questo caso c’è la certezza della presenza della frattura e un aggiuntivo rischio di infezione in tale sede.

Quali sono i sintomi e i segni che ci devono fare sospettare una frattura? L’impossibilità di movimento, il dolore, la presenza di ematomi, la tumefazione e un aspetto deformato sono fortemente sospetti per una frattura. Anche la dinamica dell’incidente ci può orientare verso una lesione di questo tipo. A ogni modo in tutti i casi c’è una perdita di sangue che può essere notevole. E un rischio di shock per la conseguente emorragia interna. Di fronte a un incidente stradale dobbiamo sempre sospettare la presenza di una frattura. E quindi, come già detto, se la persona è cosciente va evitato qualsiasi movimento salvo la presenza di pericoli imminenti. Chiediamo all’infortunato dove sente dolore: ciò può orientarci sulla localizzazione di eventuali traumi. Considerando che ci troviamo sulla strada e abbiamo chiamato il 118 tutte le manovre di immobilizzazione sono da demandare ai soccorritori avanzati. Noi dobbiamo limitarci a tranquillizzare il paziente e ad osservare che non si muova. Oltre a coprirlo con una coperta o degli indumenti dopo aver eventualmente tagliato gli abiti per vedere se ci sono lesioni evidenti.

Non scordiamo infatti che se sotto ai pantaloni è presente una frattura esposta questa sanguinerà con il rischio di uno stato di shock. In questo caso si deve provvedere a coprire con garze sterili la lesione e a effettuare una medicazione compressiva intorno al moncone, trattandolo come un corpo estraneo (eventuale compressione a distanza).

È assolutamente da evitare il tentativo di riallineare l’osso o di far rientrare il moncone sporgente. Come abbiamo accennato all’inizio del capitolo, le ossa si rapportano tra loro tramite le articolazioni. Se per un trauma questo rapporto si altera ne deriva una lussazione o una distorsione. Nel primo caso la perdita dei rapporti articolari diventa completa e ciò capita frequentemente alla spalla, con la struttura che appare deformata e anomala. Nel caso di distorsione la lesione è incompleta. In entrambi i casi, come per le fratture, è da evitare qualsiasi movimento: copriamo l’infortunato e, se abbiamo a disposizione del ghiaccio, applichiamolo sulla zona interessata con una garza di protezione e attendiamo i soccorsi.

MANUALE DI PRIMO SOCCORSO: TUTTI I CAPITOLI

Approfondisci qui la Guida al Primo Soccorso:

1) Manuale di Primo soccorso (Home)
2) Cosa fare in caso di incidente stradale?
3) La chiamata al 118
4) Prime misure d’intervento
5) La messa in sicurezza della zona
6) La valutazione dell’infortunato
7) Tecniche di soccorso
8) Basic Life Support o rianimazione di base
9) I traumi possibili
10) Lo spostamento dell’infortunato e la rimozione del casco

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