Auto elettrica e connettività: vincoli e vantaggi secondo Deloitte e McKinsey

Auto elettrica e connettività: vincoli e vantaggi secondo Deloitte e McKinsey

Deloitte e McKinsey mostrano che l’automotive può sfruttare la trasformazione della mobilità per crescere dal punto di vista economico e occupazionale

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16 Novembre 2023 - 12:44

L’elettrificazione è un trend rischioso e senza ritorno, soprattutto per il settore automotive. Ma la transizione può aiutare la crescita del comparto oppure sarà causa di una contrazione generale del mercato? Le notizie in questo senso sono contrastanti, ma recenti studi di Deloitte e McKinsey fanno chiarezza su uno degli aspetti fondamentali della trasformazione che sta interessando la mobilità: quello economico.

Il mondo delle quattro ruote, si sa, è animato da una profondissima riorganizzazione legata alla transizione ecologica e i Costruttori stanno correndo per adeguarsi alle nuove normative e a quelle che arriveranno, vedi il ban auto ICE dal 2035 con deroga agli efuel. Di fronte a questa rivoluzione in atto, gli analisti di Deloitte e McKinsey hanno provato a capire cosa succederà al comparto in termini economici. Le proiezioni peggiori prevedono profitti più bassi per le Case auto che producono auto dai margini più bassi, e una crescita di delocalizzazione di personale e/o licenziamenti. Federmanager e AIEE (Associazione Italiana Economisti dell’Energia), ad esempio, stimano che ci sono 60 mila posti di lavoro a rischio solo in Italia, mentre uno studio dell’Università Ca’Foscari di Venezia racconta uno scenario opposto, con occupazione in crescita.

ELETTRIFICAZIONE E CONNETTIVITA’ SECONDO LE CASE AUTO

Ma è davvero necessario pagare questo scotto? Studi più recenti danno risultati diversi. E qui si torna ai lavori di Deloitte e McKinsey, che delineano un panorama più ampio. Se da una parte è chiaro che alcune professionalità si ridurranno (si pensi a tutti quei tecnici che lavorano nel campo dei motori o delle trasmissioni) è anche vero che altre figure specializzate troveranno un maggior impiego. Con la diffusione di sistemi elettrificati, connettività e ADAS, l’auto sta diventando sempre meno meccanica e sempre più meccatronica, in cui l’elettronica, il software e i servizi digitali stanno acquistando importanza. Ed è lì che si troveranno nuove opportunità di guadagno.

I top manager delle Case automobilistiche – dal CEO e Presidente di Renault Luca De Meo al CEO di Stellantis Carlos Tavares – hanno affermato in più di un’occasione che l’obiettivo dei grandi gruppi è quello di trasformarsi da costruttori di automobili ad aziende di servizi legati alla mobilità. Le automobili, insomma, potrebbero passare dall’essere degli “oggetti” su ruote (necessari per spostarsi da un punto A ad un punto B) a strumenti che consentiranno agli automobilisti-utenti di interagire con ecosistemi più ampi.

COSA ACCADRÀ AL 2035 SECONDO DELOITTE

Deloitte ha pubblicato uno studio – “The Future of automotive mobility to 2035” – in cui nella prima pagina riporta una frase che descrive perfettamente il momento: “Allacciate le cinture: le cose stanno diventando sempre più incerte e secondo i dati raccolti sarà necessario pensare fuori dagli schemi e fare scelte rivoluzionarie per garantirsi un futuro di successo”.

Chi si ferma è perduto, insomma. Però, per chi sarà in grado di prendere le giuste decisioni, la crescita è meno incerta. Deloitte, nello specifico, afferma che il settore legato all’automobile crescerà con una media del 5% all’anno sia negli USA, sia nei 5 principali mercati dell’Unione Europea. Negli USA si passerà da 140 a 281 miliardi di dollari, in Europa da 73 a 140 miliardi di dollari.

Certo, le difficoltà non mancheranno. Oltre alle sfide che si sono dovute superare negli ultimi anni, dalla pandemia (ormai alle spalle) al rincaro delle materie prime e alla scarsità di chip che invece ancora affliggono il comparto, si devono fare i conti anche con normative sempre più severe. In Europa, ma anche in altre parti del mondo, si richiedono metodi produttivi sempre meno impattanti sull’ambiente e si costringono le Case a investire su rinnovabili, riciclo, economia circolare, efficientamento dei processi e quant’altro.

L’industria, per definizione, ha sempre vissuto di innovazione e cambiamento, ma oggi deve farlo a un passo mai visto prima. Se in passato si rinnovava la gamma, ora la si costruisce da zero confidando sulle piattaforme modulari e scalabili da destinare a più modelli e tecnologie nel tempo. E poi c’è tutta la componente tecnologica legata al software, alla connettività e all’elettronica. Argomenti come la guida autonoma o l’intelligenza artificiale sono qualcosa che i brand automobilistici stanno integrando meglio solo da pochi anni e oggi sono diventati centrali per la mobilità del futuro.

Secondo Deloitte, le Case devono capire in che direzione andare per incontrare i favori del mercato, devono capire come raggiungere gli obiettivi prefissati e devono raggiungerli prima di farsi battere dalla concorrenza. Facile a dirsi, molto meno a farsi. Deloitte ha provato a immaginare quale sia il giusto modo di evolvere e ha individuato le aree su cui ci si deve concentrare per crescere tenendo conto dell’intera catena del valore di un veicolo, dal momento in cui è immesso sul mercato fino a quando un veicolo giunge a fine vita.

IL RAPPORTO CON I CLIENTI-UTENTI DELLE AUTO DEL FUTURO

Già il modo di vendere un’auto sarà diverso. Ci saranno venditori ufficiali, ci saranno dealer multi brand e ci saranno canali digitali. Le Case auto dovranno essere poi in grado di offrire servizi finanziari, formule di utilizzo personalizzate, abbonamenti per la mobilità condivisa in grado di rispondere alle diverse esigenze dei clienti, sempre più esigenti da un lato e sempre più consapevoli che ci saranno alternative all’acquisto tradizionale per poter utilizzare un’automobile.

Si pensi che nel 2035, nelle città europee solo il 55% di chi si sposta su un mezzo di trasporto sarà proprietario di un’auto. Questa percentuale sale al 61% se si guarda agli USA. Se nelle zone rurali l’auto di proprietà sarà ancora la principale scelta di mobilità, nelle città la bici (fino al 9%), il trasporto pubblico (fino al 18%) e lo sharing (fino al 24%) saranno alternative di peso.

Una volta che l’auto sarà stata acquistata o si troverà comunque nelle mani dell’automobilista, gli OEM dovranno poi ingegnarsi per legare a sé i clienti anche in settori che riguardano l’assistenza, l’assicurazione, la manutenzione e i servizi. Ad esempio, si pensi, parlando di auto elettrica, alle opportunità legate alla ricarica. Il margine sulla vendita di un’auto negli USA dal 2007 al 2019 è calato del -25,6%. In Europa il trend è stato simile. È chiaro quindi che per risollevare i profitti si deve guardare altrove. Infine, dovranno anche trovare modi profittevoli di sfruttare le auto giunte a fine vita. Con il riciclo, il riutilizzo in diversi ambiti o per scopi diversi. Oppure semplicemente reimmettendole sul mercato come usato se ancora efficienti e sicure. Negli ultimi anni ad esempio Stellantis ha investito in Auto24 e poi in BrumBrum in Italia.

I SERVIZI E IL SOFTWARE LEGATI ALLA CONNETTIVITA’

Con l’elettrificazione e la connettività, l’auto non sarà più l’unico elemento di business. Sarà piuttosto l’elemento attorno al quale ruoteranno molti modelli. Ci saranno attività collegate all’auto il cui valore supererà facilmente quello dell’auto stessa. Con la connettività già oggi si pagano abbonamenti per avere accesso a una serie di servizi che permetteranno alle Case di monetizzare.

Programmi referral, accumulo di punti legati alla ricarica, veri e propri store online ai quali accedere attraverso il sistema infotainment dell’auto e, ancora, assistenza evoluta alla guida o pacchetti che migliorano le performance e che saranno scaricabili da remoto e resi disponibili con semplici aggiornamenti over-the-air, la cui disponibilità negli anni è attualmente un’incognita, anche secondo Laurianne Krid, Direttore Generale della FIA Region I, che abbiamo intervistato.

LA RETE DI RICARICA PUBBLICA E LE COLONNINE

Uno studio McKinsey afferma che per la diffusione dell’auto elettrica è necessario sviluppare una rete di ricarica molto più grande di quella attuale. Al momento sono provider specifici ad occuparsi dell’infrastruttura ma in futuro le cose potrebbero cambiare. Tesla, in questo senso, ha indicato la via. Con i suoi Supercharger (che formano la rete di ricarica più diffusa a livello globale) si è costruita un enorme vantaggio competitivo sulla concorrenza.

Bmw Group, General Motors, Honda, Hyundai, Kia, Mercedes-Benz Group e Stellantis si sono alleate per creare una rete di ricarica comune in Nord America. Senza contare l’impegno degli OEM nell’attivare partnership con soggetti esistenti o nel dare vita a joint venture del calibro di Ionity, che è nata dalla volontà di Volkswagen, Ford, BMW e che ha visto l’ingresso anche del gruppo Hyundai.

Il settore è talmente attraente che anche molte compagnie petrolifere stanno investendo per convertire le pompe in aree di servizio dotate di colonnine. Si pensi ad esempio a Shell o a British Petroleum. Queste due multinazionali, come altre big oil, hanno capito che di fronte alla transizione ecologica è meglio cavalcare il cambiamento piuttosto che contrastarlo.

Per consolidare l’infrastruttura in Europa, da qui al 2030 gli investimenti dovrebbero aumentare a dismisura. McKinsey afferma che a fine decennio i soldi spesi per la rete di ricarica pubblica saranno 3,4 miliardi di euro a fronte dei 200 milioni spesi nel 2021. Ci saranno poi investimenti anche per aggiornare le reti elettriche (dai 2,6 miliardi di euro del 2021 si arriverà ai 41,2 miliardi del 2030). Queste somme serviranno a supportare una maggiore richiesta di energia dedicata alla ricarica di auto elettriche: da 9 terawattora nel 2021 si arriverà a 165 del 2030, divisi circa a metà (85 e 80) tra ricarica pubblica e privata. Rappresenteranno il 6% circa di tutta la domanda di energia del Vecchio Continente. Questo dovrebbe portare a quadruplicare il ritmo con cui saranno installate le colonnine in Europa. Si passerà dalle 1.600 a settimana del 2021 alle 6.000 del 2025 alle 10.500 del 2030. Succederà?

FUTURO IN CRESCITA SECONDO DELOITTE E MCKINSEY

Il futuro dell’automotive, dunque, può crescere ancora secondo questi studi. Riqualificando la forza lavoro, concentrando gli investimenti in nuovi settori, lavorando per passare da un mondo a combustione interna a uno elettrificato, connesso e digitale. I cambiamenti all’orizzonte sono giganteschi, le stesse città diventeranno sempre più smart e si plasmeranno sulle nuove necessità di mobilità degli utenti. Le Case automobilistiche lo sanno. Devono – ed è tutt’altro che semplice – solo mettere in atto le mosse giuste. Nuovi player si faranno largo e alcune realtà di spicco saranno destinate a ricoprire ruoli marginali. Ma nel complesso, riassumendo le conclusioni degli studi citati in questo articolo, la crescita ci sarà, per chi avrà la forza e la volontà di cambiare.

Questo articolo fa parte del terzo aftermarket report di SicurAUTO.it Auto Connesse ed Elettriche: le opportunità di oggi e domani. Per leggerlo tutto clicca il banner sotto.

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