La concessione dell’auto aziendale può assumere diverse forme, così come il rimborso spese al lavoratore. Facciamo il punto sulle varie opzioni
L’auto aziendale rappresenta uno dei principali benefit che una impresa può concedere al lavoratore. Allo stesso tempo, quest’ultimo – sia esso assunto come dipendente o impiegato come collaboratore – può trovare nell’auto aziendale un motivo di attrazione. Ma quando si parla di questo tipo di veicoli non bisogna fare riferimento solo alla marca e al modello. Datore e lavoratore devono infatti tenere conto anche degli aspetti fiscali e retributivi. Il rimborso spese può infatti avvenire in più modi, senza dimenticare la concessione dell’auto aziendale a uso promiscuo. Facciamo allora chiarezza sulle diverse opzioni applicabili sulla base della normativa vigente.
AUTO AZIENDALE: QUANDO VIENE CONCESSA IN USO
Uno strumento centrale attorno a cui ruotano contratti e rapporti tra lavoratore e impresa è dunque l’auto aziendale. Si tratta di un vero e proprio benefit che l’azienda ovvero il datore di lavoro concede al collaboratore o al dipendente. Le ragioni sono estremamente pratiche. Il lavoratore, in virtù delle mansioni assegnate, può avere la necessità di spostarsi da un luogo all’altro, anche tutti i giorni. L’auto aziendale si rivela quindi un mezzo fondamentale e dispendioso da gestire. Detto in altri termini, per il dipendente potrebbe essere economicamente impensabile farsi carico degli oneri quotidiani. Da qui la doppia possibilità concessa dal datore di lavoro. La prima è il rimborso al lavoratore delle spese di viaggio sostenute con la propria auto personale per motivi di servizio. La seconda è la concessione di una vera e propria auto dell’azienda da non utilizzare nei giorni festivi e non lavorativi.
RIMBORSO SPESE AL POSTO DELL’AUTO AZIENDALE, COME FUNZIONA
Il primo caso da esaminare è dunque quello del rimborso al lavoratore delle spese di viaggio sostenute con la propria auto personale per motivi di servizio. In qualche modo il veicolo si trasforma temporaneamente in un’auto aziendale. A ben vedere si tratta di una soluzione che non può essere sempre ragionevolmente applicabile. O almeno, non quando l’auto viene utilizzata con molta frequenza. Il lavoratore potrebbe infatti non voler mettere a disposizione la propria vettura ed esporla a una continua usura. Allo stesso tempo, anche l’azienda potrebbe trovare poco sostenibile questo sistema. Il riconoscimento in denaro si basa infatti sui rimborsi chilometrici previsti dalle tabelle Aci che sono aggiornate tutti gli anni. Tra i criteri adottati per determinare l’importo ci sono anche il modello di auto utilizzato dal lavoratore e l’impatto sull’ambiente. La cifra finale può così facilmente schizzare verso l’alto.
DAL RIMBORSO SPESE ALL’AUTO AZIENDALE: QUANDO CONVIENE
La scelta di concedere un’auto aziendale in uso anziché procedere con il rimborso spese si rivela conveniente quando il lavoratore percorre molti chilometri in un anno. Per l’impresa diventa economicamente più favorevole acquistare il mezzo o prenderlo in leasing e quindi assegnarlo al dipendente. Quest’ultimo si sgrava così di tutti i costi associati, come quelli relativi al rifornimento di carburante e di manutenzione ordinaria e straordinaria. C’è però un passaggio procedurale a cui prestare attenzione. Un conto è infatti se il dipendente o il collaboratore può utilizzare l’auto solo per esigenze di lavoro e dunque solo nell’ambito della propria attività. Un altro è se può sfruttare il mezzo anche per ragioni personali. Ad esempio per andare a fare la spesa al termine della giornata di lavoro. Oppure per uscire nel fine settimana. O ancora per andare in vacanza. Solo nella prima circostanza non ci sono importi assoggettati a tassazione.
LA SOLUZIONE DELL’AUTO AZIENDALE A USO PROMISCUO
Il trattamento fiscale nel caso di concessione di un’auto aziendale a uso promiscuo è più complesso rispetto a concedere il mezzo solo per ragioni di lavoro. Il veicolo viene infatti considerato un benefit e ha quindi un impatto economico. Sul fronte fiscale (e contributivo) significa che il datore riconosce una retribuzione in natura. Di conseguenza dal punto di vista fiscale, occorre tenere conto dell’utilità economica per il dipendente, della tassazione Irpef e della contribuzione sociale. Punto di riferimento è la busta paga del lavoratore in cui il datore deve indicare la quota di fringe benefit – la forma di retribuzione in beni o servizi – sulla base delle tabelle Aci. Gli scaglioni in vigore nel 2022 sono 4:
– 25% per i veicoli con emissioni di CO2 fino a 60 grammi per chilometro;
– 30% per i veicoli con emissioni di CO2 tra 60 e 160 grammi per chilometro;
– 50% per i veicoli con emissioni di CO2 tra 160 e 190 grammi per chilometro;
– 60% per i veicoli con emissioni di CO2 superiori a 190 grammi per chilometro.
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