
Trattamento PFU: criticità e soluzioni per la filiera autoriparativa
L'incontro Trattamento PFU: criticità e soluzioni per la filiera autoriparativa dell'AFTERMARKET & SERMI FORUM ha fatto luce sulla gestione di PFU in Italia
L'incontro Trattamento PFU: criticità e soluzioni per la filiera autoriparativa dell'AFTERMARKET & SERMI FORUM ha fatto luce sulla gestione di PFU in Italia
L’AFTERMARKET & SERMI FORUM, il ciclo di conferenze organizzato da SICURAUTO.it durante Autopromotec 2025 a Bologna per favorire il confronto e lo scambio di idee tra gli addetti ai lavori del mondo dell’autoriparazione e dell’Aftermarket, ha affrontato anche il tema molto caldo della gestione degli Pneumatici Fuori Uso (PFU), che rappresenta una delle sfide ambientali più urgenti per gli autoriparatori. L’incontro, dal titolo “Trattamento PFU: criticità e soluzioni per la filiera autoriparativa“, ha permesso di capire quali sono i problemi dello smaltimento, quali sono le richieste della filiera e, soprattutto, se il nuovo Registro Pneumatici rappresenterà davvero la soluzione che tutti attendevano.
IL PROBLEMA DELLA GESTIONE PFU PER LA FILIERA DELL’AUTORIPARAZIONE
Prima di introdurre i tre relatori Francesco Massaro di Cobat Tyre, Antonella Grasso della CNA e Francesco Beneventi del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, collegato in videoconferenza dagli uffici del MASE, il direttore di SICURAUTO.it e moderatore del forum Claudio Cangialosi ha ricordato il claim scelto per il progetto, “Imprenditore faber fortunae suae“, sulla scia del motto di Autopromotec “Homo faber fortunae suae”, a sottolineare la centralità dell’imprenditore e la sua importante voglia di (in)formarsi per far crescere l’azienda e farla navigare nell’era del cambiamento e dell’innovazione. Tuttavia molti autoriparatori/imprenditori che sarebbero anche animati da tanta voglia di fare, sono in parte ostacolati dalla gestione dei PFU, il cui smaltimento non si è mai rivelato davvero efficiente. Il dibattito, affrontando la questione da tre angolazioni diverse (chi si occupa della raccolta, chi subisce i maggiori disagi e chi dovrebbe intervenire per risolvere il problema), ha provato pertanto a esporre delle soluzioni, soffermandosi in particolare sulla novità molto attesa del Registro Pneumatici.
MASSARO: COSA FARE PER SUPERARE LE CRITICITÀ NELLA GESTIONE PFU
Ha preso per primo la parola Francesco Massaro, direttore generale di Cobat Tyre, società consortile specializzata nella raccolta e nel riciclo di pneumatici fuori uso, che fa parte di Consorzi Cobat. Massaro ha spiegato che il sistema di gestione dei PFU in Italia è relativamente giovane, essendo stato normato per la prima volta con l’art. 228 del D. lgs 152/2006, o Testo Unico Ambientale, che ha introdotto il Principio della Responsabilità estesa del Produttore (EPR). Il quadro normativo di riferimento è stato poi rivisto più volte, fino all’emanazione dell’ultimo aggiornamento, il DM n. 182 del 19 novembre 2019, che ha introdotto alcune importanti novità. Tra queste, l’introduzione di maggiori adempimenti rendicontativi e obblighi specifici di raccolta per macroaree a carico dei sistemi di raccolta, l’istituzione del Registro Informatico dei Produttori e Importatori e la definizione di un quantitativo in peso di PFU da dover raccogliere, pari al 95% del peso degli pneumatici immessi su mercato, escludendo il 5% che si perde per usura durante l’utilizzo.
Tuttavia, secondo Massaro, questo approccio non è più sufficiente a garantire una reale efficienza del sistema. Egli propone di raccogliere tutti i PFU presenti sul territorio, senza limitarsi al rapporto percentuale legato all’immesso. Una delle principali difficoltà operative risiede infatti nella presenza di stock di PFU accumulati presso gommisti e autoriparatori, che spesso non riescono a smaltirli. Una situazione che può comportare problemi ambientali molto seri, costi di stoccaggio a carico degli autoriparatori e anche rischi per la sicurezza quando non possono essere collocati fuori dalla struttura adibita all’attività di autoriparazione.
Proseguendo il suo intervento, Massaro ha spiegato che una delle criticità maggiori riguarda l’evasione del contributo ambientale, che finanzia tutto il sistema del trattamento PFU. Esiste un ‘mercato del nero’, incontrollato e incontrollabile, nel quale gli pneumatici vengono venduti senza il pagamento del contributo. Questo fenomeno riguarda tanto il commercio online (non tutto ovviamente) quanto l’importazione di pneumatici usati da altri Paesi, per i quali il contributo viene versato all’estero, ma generano rifiuti che restano a carico del sistema italiano. Nessun consorzio può economicamente farsi carico della raccolta di PFU immessi illegalmente, creando così un buco strutturale nella filiera. Le stime parlano di 45.000 – 60.000 tonnellate di PFU presenti sul territorio senza copertura economica.
A questo proposito Massaro ha accolto con favore l’introduzione del Registro dei Produttori e Importatori (ne parlerà più approfonditamente Francesco Beneventi del MASE, ndr), uno strumento chiave che, grazie all’obbligo di indicare un codice identificativo in fattura, consentirà di tracciare le transazioni e identificare chi agisce fuori dal circuito legale. Questa misura, frutto della collaborazione tra Ministero, consorzi e associazioni di categoria, rappresenta un primo passo per contrastare l’illegalità e quantificare con precisione il mercato nero. Infatti, solo un sistema più trasparente, controlli più efficaci, un’evoluzione normativa e la collaborazione tra tutti gli attori può garantire una filiera PFU davvero efficace e sostenibile.
GRASSO: RACCOLTA PFU NELLE OFFICINE, TEMPI DI ATTESA DRAMMATICI
La seconda relatrice Antonella Grasso, responsabile a livello nazionale del settore Autoriparazione in CNA – Confederazione Nazionale dell’Artigianato, ha esordito rivelando che della gestione dei PFU nelle officine se ne occupa da vicino dal 2015, evidenziando da allora criticità che negli anni non sono state risolte e in molti casi sono perfino aggravate. Una delle falle maggiori riguarda la trasparenza: la raccolta è regolata fino ai consorzi, ma si interrompe in quel punto, rendendo opaco l’intero processo.
In questi anni, secondo Grasso, solo uno strumento ha funzionato davvero, attenuando i problemi della raccolta: il cosiddetto “extra-target”, un provvedimento annuale ministeriale che autorizza a raccogliere oltre i limiti e alleggerire i piazzali delle officine, altrimenti a rischio di sanzioni, dato che lo stoccaggio temporaneo è previsto ma limitato. Dopo il 2024, questo extra-target non è stato attivato nonostante le imprese abbiano raccolto il 2% in più rispetto ai consueti obiettivi del ministero, perché tale sforzo non è obbligatorio ma solo suggerito.
Il quadro odierno è drammatico: tempi d’attesa per il ritiro PFU aumentati a oltre 9 mesi, con giacenze medie superiori a 400 pezzi per officina, costringendo i meccanici a stoccare pneumatici in modo avventuroso. In quest’ambito CNA ha realizzato di recente un’indagine, a cui hanno risposto 400 imprese in una sola settimana, dettagliando quantitativi, localizzazione, modalità di richiesta (portali, sistemi collettivi o individuali) e anomalie nei formulari. Ad esempio, alcuni gommisti hanno denunciato difformità tra i quantitativi consegnati e quelli riportati sul “quarto formulario” (documento obbligatorio utilizzato per tracciare il trasporto e il conferimento dei PFU, ndr) talvolta gonfiati, segnale di manipolazioni o errori.
Grasso ha proposto quindi una riforma strutturale per imprimere trasparenza end‑to‑end: centralizzare il sistema di raccolta con una piattaforma unica, collegata al nuovo registro informatico già previsto per produttori/importatori. Qui verrebbero tracciati non solo i quantitativi immessi, ma anche i PFU ritirati, assegnandoli ai singoli punti di raccolta, riflettendo in modo preciso ciò che “c’è a terra”. Inoltre, la rappresentante di CNA ha invitato a riaprire il tavolo con il MASE per rivedere la normativa (in particolare il DM 82/2011), che sconta lacune evidenti. Il nuovo registro informatico è utile ma riguarda solo produttori/importatori: serve invece allargarlo anche ai consorzi e operatori di raccolta, per rendere finalmente trasparente tutto il flusso. In conclusione, per Grasso i passi fondamentali per superare l’emergenza PFU, che nelle officine è quasi diventata strutturale, sono riattivare l’extra target, semplificare la normativa, migliorare il monitoraggio tramite strumenti digitali integrati e garantire che i mezzi di raccolta rispondano ai quantitativi dichiarati.
BENEVENTI: IL RUOLO DEL NUOVO REGISTRO PNEUMATICI NELLA GESTIONE DEGLI PFU
Francesco Beneventi, funzionario della Direzione Generale Economia Circolare e Bonifiche del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE), ha infine illustrato il ruolo del nuovo Registro Pneumatici come strumento chiave per migliorare la tracciabilità e la gestione del sistema PFU. Beneventi ha esordito richiamando il quadro normativo di riferimento, composto principalmente dai già citati art. 228 del D.lgs. 152/2006 e DM 182/2019, che stabiliscono l’obbligo per i produttori e importatori di pneumatici di occuparsi della gestione del 95% degli pneumatici immessi sul mercato. La gestione può avvenire in forma associata o individuale, con obblighi anche in termini di rendicontazione, ricerca e formazione. Il sistema è finanziato tramite un contributo ambientale.
Nonostante il raggiungimento degli obiettivi quantitativi di raccolta, Beneventi ha evidenziato diverse criticità, tra cui una copertura territoriale disomogenea del servizio, fenomeni di “cherry picking” (cioè la tendenza a effettuare raccolte solo nelle zone più accessibili) e “free riding” (operatori che non rispettano gli obblighi di legge), nonché uno sfasamento temporale tra l’anno di immesso sul mercato e l’anno di gestione del rifiuto. Questi problemi comportano accumuli di PFU presso i punti di generazione, con lunghi tempi di attesa per il ritiro.
In questo contesto, il nuovo Registro Pneumatici, istituito dal DM 147/2024 e al quale è già possibile iscriversi dal 14 maggio scorso, dovrebbe rappresentare la svolta tanto attesa. Esso permetterà tra le altre cose di digitalizzare e semplificare le comunicazioni relative agli pneumatici immessi sul mercato e agli PFU gestiti; di censire e tracciare i produttori e gli importatori che operano sul mercato con il numero di iscrizione al Registro; di monitorare le modalità di gestione degli PFU, con particolare attenzione al raggiungimento degli obiettivi di raccolta a livello nazionale; di analizzare ed elaborare costantemente dati aggiornati quasi in real time (consentendo per esempio al MASE di potenziare l’attività di vigilanza e controllo o di valutare il raggiungimento degli obiettivi di raccolta e gestione); di verificare la congruità del contributo ambientale in relazione alle attività previste dalla norma; e di consultare specifici dati e informazioni da parte degli organi di controllo, delle amministrazioni competenti e di altri soggetti portatori di interesse.
Beneventi ha riconosciuto che il Registro da solo non risolve tutte le criticità della gestione degli PFU, ma rappresenta comunque un grande aiuto per la filiera e soprattutto sarà propedeutico all’avvio dei lavori per la modifica del DM 182/2019. Rispondendo poi a una domanda specifica del direttore Cangialosi sull’ipotesi di un portale unico per l’inoltro delle richieste di ritiro PFU (oggi, incredibilmente, occorre mettere la richiesta su tutti i portali dei vari consorzi e quando il primo passa a raccogliere, bisogna ricordarsi di cancellare manualmente la richiesta degli altri portali, perdendo un sacco di tempo), il funzionario del Ministero ha spiegato che attualmente non è in cantiere ma che sarà valutato assieme a tutte le proposte che possono in qualche modo aiutare la filiera.
IL SISTEMA DI RACCOLTA PFU È MIGLIORABILE MA FUNZIONA
Il direttore Cangialosi ha poi chiesto un commento finale sui temi affrontati nel dibattito e Francesco Massaro di Cobat Tyre ha detto che il numero di portali digitali non risolve il problema strutturale: ogni anno circa 50.000 tonnellate di PFU sfuggono al sistema perché immesse senza contributo ambientale. Ha però sottolineato che il sistema PFU, seppur migliorabile, è virtuoso: raccoglie oltre il 100% di quanto dichiarato sul mercato a differenza di altri settori, come ad esempio quello dei RAEE che si ferma al 35%. È stato poi protagonista di un piccolo botta e risposta con Antonella Grasso quando ha chiesto chiarimenti sulle presunte irregolarità nella quarta copia del formulario denunciate dalla rappresentante CNA nel suo intervento, auspicando nel caso di presentare denunce formali.
Grasso ha risposto che le discrepanze nei formulari sono state segnalate al Ministero ma non denunciate, poiché non spetta agli operatori svolgere compiti investigativi. Ha comunque ribadito l’importanza del nuovo registro informatico per garantire maggiore trasparenza, ma ha anche avvertito che senza un intervento straordinario per smaltire i PFU già accumulati nei piazzali (extra target), il registro rischia di essere inefficace.
Francesco Beneventi, in chiusura, ha confermato che il Ministero è consapevole delle criticità e ha già richiesto a tutti gli operatori (associazioni e sistemi individuali con soglie di 200 tonnellate annue) una serie di azioni mirate per migliorare lo stato sul territorio.
Se vuoi approfondire, guarda l’intera conferenza “Trattamento PFU: criticità e soluzioni per la filiera autoriparativa“, andata in scena il 23 maggio 2025 durante la terza giornata dell’evento AFTERMARKET & SERMI FORUM.