Il grosso problema degli PFU non ritirati è nel D.M. 182/2019

Il grosso problema degli PFU non ritirati è nel D.M. 182/2019

Gli operatori della raccolta di PFU chiedono al Ministero più controlli sulla filiera e una modifica del Decreto con indicazioni chiare

5 Aprile 2024 - 11:27

Il crescente accumulo degli pneumatici fuori uso (PFU) nelle officine e nei centri di installazione è diventato una questione critica, generando disagi lungo tutta la filiera e il rischio in alcuni casi per gli autoriparatori di essere multati per le eccessive quantità di gomme fuori uso stoccate, oltre a problemi di ingombro degli PFU che ostacolano il lavoro degli autoriparatori nelle officine che non hanno ampi spazi a disposizione. Ecco perché quattro dei più importanti consorzi attivi nella raccolta degli PFU si sono mobilitati presso il Ministero dell’Ambiente per chiedere un’azione fattiva. Il problema non è affatto da sottovalutare, come spiega anche Fabio Bertolotti, direttore di Assogomma.

RACCOLTA PFU, I CONSORZI: INTERVENGA IL MINISTERO DELL’AMBIENTE

In un’intervista rilasciata a Pneurama, il magazine internazionale specializzato in pneumatici, Bertolotti espone le principali criticità legate alla gestione degli PFU in Italia. Ecopneus, Ecotyre, Innovando e Cobat Tyre, attraverso l’intermediazione di Assogomma, si sono rivolti al Ministero dell’Ambiente con una serie di proposte per affrontare il problema della raccolta degli pneumatici fuori uso.

La situazione attuale è caratterizzata da un accumulo diffuso di PFU e da presunti ritardi nei ritiri da parte dei consorzi. “Molti rivenditori segnalano l’accumulo di PFU e la mancanza di ritiro degli stessi da parte dei vari consorzi. Questa situazione è dovuta a una serie di cause – dichiara Bertolottitra cui anche la difficoltà di sapere quanti sono i rivenditori che si trovano in questa situazione, quante sono le quantità di PFU non raccolte, dove si trovano, ecc.”.

credit foto: Pneurama

RACCOGLIERE PIU’ PFU AUMENTERA’ I COSTI E IL CONTRIBUTO AMBIENTALE

Il primo punto chiave della proposta è l’implementazione di una quota aggiuntiva di raccolta per il 2024, pari al 10% in più rispetto alle tonnellate raccolte nel 2023 (400 mila tonnellate di PFU). Questo incremento, se adottato, richiederà una ripartizione equa tra tutti i consorzi ad opera del Ministero dell’Ambiente, garantendo un’azione omogenea ed efficace su scala nazionale.

Tuttavia, come spiega Bertolotti, questa misura comporterà inevitabilmente un aumento dei costi e, di conseguenza, del contributo ambientale. “Non è certo una misura gradita alle nostre imprese associate, siano esse consorzi o produttori di pneumatici che rispettano le norme di legge, ma purtroppo è necessaria per ridurre la tensione”, dichiara Bertolotti. Non si può escludere che presto potrebbe aumentare anche l’importo del contributo PFU che si paga in anticipo sull’acquisto delle gomme nuove.

IL D.M. 185/2019 SULLA RACCOLTA DEGLI PFU VA MIGLIORATO

La raccolta degli pneumatici fuori uso è infatti regolamentata dal D.M. 182/2019, ma con molte criticità. Il direttore di Assogomma individua principalmente la soglia minima di raccolta PFU, fissata dal decreto in 200 tonnellate l’anno per le Forme Associate ed i Sistemi Individuali di gestione. “Le province italiane sono 110, un camion pieno di PFU mediamente pesa 3 tonnellate, quindi per fare un ritiro all’anno in ogni provincia d’Italia si ritirano 330 tonnellate, non 200. Quindi se la soglia è 200 vuol dire che un terzo delle province non viene servita. Quindi occorre innalzare le quantità annue per avere mediamente almeno un paio di ritiri al mese per provincia”.

LA RACCOLTA DEGLI PFU DEVE AVVENIRE IN OGNI PROVINCIA

Un altro problema è anche nelle tabelle che definiscono le macroaree di raccolta, ma lasciano discrezionalità sulle quantità. Ad esempio, facendo riferimento alla macroarea A1 (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta), Bertolotti spiega: “Il decreto stabilisce che rispetto a quanto un consorzio ha immesso in un anno, l’11% deve essere raccolto nella zona A1. Ciò che il decreto non dice chiaramente è quanto devo raccogliere per ogni regione e questo induce a concentrare i prelievi nelle zone più comode, magari in una sola regione, con le evidenti difficoltà per le altre zone non servite. Noi chiediamo che invece venga indicata la percentuale per ogni regione con le opportune tolleranze. In questo modo il sistema sarà obbligato a raggiungere tutti i Paesi anche quelli più scomodi”.

I CONTI NON TORNANO, PIU’ CONTROLLI SUGLI PFU NON RACCOLTI

Inoltre, per migliorare ulteriormente la situazione, Assogomma e i Consorzi ritengono essenziale fare un censimento accurato dei rivenditori che lamentano la presenza di PFU non raccolti nei loro siti esortando l’intervento del Ministero. “Qualora non lo avesse già fatto, proceda con dei controlli mirati a partire dai sistemi consortili e poi lungo tutta la filiera in modo da individuare le eventuali irregolarità e agire conseguentemente”.

Bertolotti spiga comunque che la filiera degli pneumatici è tra le più virtuose in tema di rifiuti (vedi il progetto Michelin per ricavare energia pulita e nuove materie prime dagli PFU). “Noi raccogliamo più di quello che è stato ufficialmente immesso. Evidentemente i conti non tornano. Ci sono casi in cui si fa fatica a individuare e contattare i soggetti autorizzati alla raccolta. Eppure tutti dovrebbero essere raggiungibili tramite un sito, e-mail o numero di telefono. Ma non sempre è così, e questo genera storture. Bisogna verificare che tutti agiscano in maniera corretta nessuno escluso”.

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