Sicurezza stradale: non bastano deterrenti serve cultura Le infrastrutture sarebbero pensate per dirimere il traffico. Ma quanto incide il comportamento dell’uomo nel creare congestioni stradali?

Sicurezza stradale: non bastano deterrenti serve cultura

Perché allacciamo le cinture di sicurezza? Anche se la risposta, scontata, dovrebbe ricondurre alla cultura della sicurezza non sempre è così

17 Marzo 2023 - 08:36

Cinture, autovelox o il non utilizzo del cellulare alla guida sono azioni che vengono messe in atto, troppo spesso, più per la paura della sanzione che per il puro rispetto della normativa a tutela della sicurezza collettiva. Il rispetto viene così limitato alla durata della sensazione di paura, ma non si tramuta in qualcosa di diffuso e interiorizzato. Si rallenterà in prossimità per poi riprendere velocità subito dopo. Si indosserà la cintura per far tacere il suono e non per l’intrinseca sicurezza che ne deriva. Ma è davvero questa la sicurezza stradale di cui abbiamo bisogno?

SICUREZZA STRADALE: ECCO LE CITTÀ PIÙ MALEDUCATE D’ITALIA

Uno studio, volto ad indagare il dilagare di comportamenti maleducati, ha intervistato 1.558 abitanti delle 19 città più grandi d’Italia. Dopodiché, i dati raccolti sono stati organizzati su una scala da uno a dieci (dove dieci è il punteggio massimo). Sul podio delle città più maleducate d’Italia troviamo Venezia, Catania e Parma. Non sorprende che i comportamenti maleducati più diffusi siano quelli legati alla concentrazione di un gran numero di persone in pochissimo spazio. Saltare la fila e non rispettare lo spazio altrui sono infatti due dei comportamenti che hanno ottenuto il punteggio maggiore, rispetto alla media nazionale. Tra gli altri:

  • Passare molto tempo al cellulare in pubblico: si tratta di un’abitudine molto diffusa a Trieste, Padova e Brescia, ma presente un po’ dappertutto. I nostri dispositivi mobili ci spingono a essere sempre connessi, dimenticando che così facendo perdiamo contatto con la realtà e le persone che ci circondano;
  • Non lasciar passare nel traffico: tra cui primeggia Trieste;
  • Non rallentare alla guida in presenza di pedoni: in cui Catania guadagna il primo posto.

Delle 19 città prese in considerazione nello studio, Padova (5,18), Firenze (5,60), Modena (5,60) e Verona (5,66) risultano, invece, essere le più educate.

VELOX E SANZIONI SONO DAVVERO I DETERRENTI GIUSTI?

Gli autovelox sono strumenti efficaci per la sicurezza stradale. I dati dimostrano che essi rappresentano un forte deterrente e inducono gli automobilisti a ridurre la velocità sulle strade, fattore che, insieme alla distrazione, costituisce una delle maggiori cause degli incidenti stradali, soprattutto di quelli con gravi conseguenze. Gli ostacoli al ruolo deterrente sono dati ancora una volta dalla mancanza di cultura della sicurezza stradale. Senza di essa un autovelox fisso viene percepito come semplice deterrente o addirittura ignorato. Si rallenta, dunque, per la paura della sanzione e non per l’importanza data alla vita. Così come l’allacciare le cinture di sicurezza. Se davvero ne conoscessimo il valore, verrebbero indossate correttamente anche nei sedili posteriori. Ecco qui che velox o sanzioni non possono essere la strada giusta per la prevenzione, a meno che non vengano accompagnati da una costante formazione e sensibilizzazione alla sicurezza stradale.

FORMAZIONE E SENSIBILIZZAZIONE PER UNA CULTURA DELLA SICUREZZA

Emerge, quindi, la necessità di fare molto di più per concentrare l’attenzione su quelle modalità che causano più danni e sui modi migliori per proteggere gli utenti della strada più vulnerabili. La riduzione del limite di velocità di 30 km/h nel centro città e infrastrutture più sicure sono essenziali per creare un sistema di trasporto sicuro e funzionante per tutti. Dopo avere individuato il target a cui indirizzare le campagne di sensibilizzazione (le principali vittime della strada), serve capire come trasmettere i contenuti desiderati. Messaggi con una connotazione troppo negativa rischiano di ottenere l’effetto contrario. Possono attivare, infatti, in chi le guarda, sentimenti di rabbia e difesa, portando alla mente pensieri intrisi di ottimismo irrealistico come “Non succederà a me” oppure “Starò attento”.  Serve, dunque, costruire situazioni reali e concrete, in cui i fruitori del messaggio possano identificarsi, non dal quale si sentano di dover fuggire.

Contributo a cura di Marianna Martini – Psicologa del Traffico

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