Coronavirus: cosa potrebbe insegnare all’automotive e non solo Ecco cosa abbiamo cambiato nelle nostre abitudini con il Coronavirus e cosa potrebbe insegnare all’automotive e in altre situazioni l’emergenza Covid-19 in Italia

Coronavirus: cosa potrebbe insegnare all’automotive e non solo

Ecco cosa abbiamo cambiato nelle nostre abitudini con il Coronavirus e cosa potrebbe insegnare all’automotive e in altre situazioni l’emergenza Covid-19 in Italia

13 Marzo 2020 - 12:03

L’emergenza Coronavirus in Italia, come in altri Paesi del mondo, ha richiesto seri provvedimenti per contrastare il contagio. Il comune denominatore è restare a casa (#iorestoacasa) per limitare al minimo i contatti e le uscite tranne per le reali necessità, pena multe e denunce. Il virus SARS-CoV-2 (che causa la malattia Covid-19) però ci ha insegnato che in caso di necessità il mondo si adegua. Le aziende, quelle che ci riescono, sperimentano approcci innovativi al lavoro. Era necessario prendere atto dell’emergenza mondiale per cambiare modo di pensare e di agire a più livelli, dal cittadino, al manager di impresa, dal soccorritore a chi nelle prime file di comando si assume delle (grandissime e difficilissime) responsabilità. Ecco alcuni spunti di riflessione su ciò che il Coronavirus sta insegnando, dall’automotive ad altri settori, e che potrebbe insegnarci a migliorare quando, si spera presto, il Coronavirus sarà solo un ricordo.

LA PRIMA REAZIONE AL CORONAVIRUS E’ NEL WEB

Il Coronavirus ci ha permesso di dimostrare che (per quanto in colpevole ritardo) in caso di necessità gli italiani sanno anche rispettare le regole. Tanti tabù sono crollati per necessità anche nella vita quotidiana: l’adattamento è forse una delle più intime riserve dell’uomo. “La storia della vita sulla Terra è la storia dell’adattamento all’ambiente”  – ci insegna Piero Angela – “chi non s’adattava si estingueva”. Un principio che si ritrova nei cambiamenti che il Coronavirus ha portato nelle abitudini più recenti. La più diffusa reazione, ancora prima che tutta Italia diventasse zona Protetta, è stato il ricorso al web in tutte le sue “forme”. Certo, magari non tutto è filato liscio (vedi l’intervento dell’Antitrust sulle inserzioni Ebay e Amazon di venditori scorretti, chiuse dalle stesse piattaforme e le tantissime fake-news).

Coronavirus Lombardia Milano

LE ABITUDINI DI ACQUISTO CHE HA CAMBIATO IL CORONAVIRUS

C’è anche un lato positivo: di fronte a un calo drastico delle visite nelle concessionarie, la reazione è stata vendere le auto online. Toyota, ad esempio, in una recente campagna italiana, ha rilevato che l’80% dei clienti si è collegato da Mobile prima di andare in concessionaria. Anche se solo il 26% di chi ha poi comprato un’auto ha compilato un form online. Forse in futuro le Case auto non avranno più bisogno di investire montagne di soldi per i Saloni in giro per il mondo: il Salone di Ginevra 2020 è stato annullato, eppure le presentazioni in streaming video hanno avuto ugualmente copertura mediatica. Il denaro ha perso valore anche di fronte a un solo contagiato nel Team F1 McLaren: Gp d’Australia annullato. Altri Gruppi di dealer in Italia già attivi nella consulenza di vendita online e in remoto, non hanno fatto altro che potenziare questa attività. Se ci pensiamo, è esattamente il modello che ha permesso nel 2020 a Tesla di vendere 1 milione di auto dopo appena 13 anni dalla fondazione. Quindi, quando il Coronavirus passerà, forse avremo un’idea diversa degli acquisti online. Ma non solo degli accessori, anche di un’auto vera e propria.

Multe notificate a domicilio Coronavirus

OFFICINE E RICAMBISTI PIU’ SMART

Grossi network di officine, ad esempio, hanno confermato che le officine in Italia resteranno aperte per lavori di emergenza, ma ha chiesto agli utenti di acquistare online anziché in negozio (che non sarebbe neppure tra le necessità giustificabili ai controlli). Questo adeguamento di corsa potrebbe lanciare un segnale a tutta la filiera automotive che ragiona ancora “in analogico”, dalle concessionarie, ai rivenditori, fino ai ricambisti.

CORONAVIRUS E LAVORO DA CASA: SMART WORKING DA POTENZIARE

Per molte aziende lo smart working è stato un esperimento di emergenza (il 28%, secondo i dati di Altroconsumo) che andrebbe potenziato e sperimentato. Provate ad immaginare quanto tempo, inquinamento e costi risparmiano le aziende che lavorano prevalentemente in smart working. Probabilmente il Coronavirus sarà anche l’occasione per molte aziende di rinnovare schemi organizzativi basati su impiegati ammassati negli uffici, dei quali si crede che l’efficienza sia proporzionale alla densità per metro quadrato, più che alla qualità del lavoro. Forse dopo il Coronavirus il lavoro non sarà più una barriera dagli affetti, ma con lo smart working la qualità del lavoro, deriverà da una migliore qualità della vita dei dipendenti (e dei loro rapporti con la famiglia).

IL CORONAVIRUS CI HA RICORDATO CHE SI POSSONO RISPETTARE LE REGOLE

Guardiamo però in modo più ampio i cambiamenti che il Coronavirus ha portato nelle abitudini quotidiane fuori dal mondo automotive. Gli italiani hanno ricominciato a rispettare le regole e le indicazioni delle autorità. Vuoi per istinto di sopravvivenza o senso civico, un’indagine di Altroconsumo dice che l’84% degli italiani rispetta le norme di prevenzione in maniera rigorosa (+19% tra prima e dopo i provvedimenti del 9 marzo). Evidentemente anche le campagne di sensibilizzazione sulle basilari norme di igiene e prevenzione hanno avuto grande influenza. Cos’altro ci potrebbe insegnare il Coronavirus? Che forse si potrebbe usare la stessa attenzione verso la sensibilizzazione all’uso delle cinture di sicurezza (anche posteriori) e dei seggiolini auto. Se siamo riusciti a lavarci le mani più volte al giorno, possiamo anche allacciare e far allacciare cintura e seggiolini in auto. Si tratta solo di rispettare delle regole di sopravvivenza scritte nel Codice della Strada.

LA FIDUCIA IN CHI PUO’ AIUTARCI

Infine, basta guardarsi intorno per vedere com’è cambiata l’opinione degli italiani nei confronti dei medici e infermieri in trincea per salvare le persone dalla terapia intensiva. Certo, col senno di poi il riarmo di molti ospedali al Sud non sarebbe stato necessario senza i tagli alla Sanità pubblica degli anni passati. C’è da sperare però che quando tutto finirà, il Coronavirus avrà un peso nelle decisioni future degli amministratori o almeno di chi vorrà fare memoria di questa terribile esperienza. Il Coronavirus ci ha insegnato ad avere rispetto per chi indossa un camice bianco e forse tra qualche mese in molti ci penseranno due volte prima di entrare in un pronto soccorso per devastarlo. Speriamo con fiducia che sarà davvero così.

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