Fazilet, ETRMA: “in 16 anni ho visto gli pneumatici trasformarsi”

Fazilet, ETRMA: “in 16 anni ho visto gli pneumatici trasformarsi”

Abbiamo intervistato Fazilet Cinaralp che ci ha raccontato i progressi normativi e tecnici degli pneumatici durante i suoi 16 anni all’ETRMA

28 Aprile 2023 - 10:00

Dopo 16 anni di onorato servizio Fazilet Cinaralp lascia il ruolo di segretario della ETRMA, la European Tyre and Rubber Manufacturers’ Association. Durante la sua carriera presso l’ente che rappresenta i produttori di pneumatici e di gomma del Vecchio Continente ha assistito a enormi cambiamenti sia a livello di regole sia a livello di prodotto. L’abbiamo incontrata a Bruxelles per fare il punto di com’è cambiato il settore e quali sfide si deve apprestare ad affrontare in un periodo come questo, animato dalla transizione ecologica e dalle nuove tecnologie.

Partiamo da una curiosità: qual è la cosa più importante che ha capito in questi 16 anni alla ETRMA?

“Che l’Europa ha fatto da capofila nell’industria degli pneumatici guidando il cambiamento che poi ha interessato l’industria a livello globale. In Europa abbiamo assistito a moltissime ‘premiere’, se così le possiamo definire, dal punto di vista normativo e con la nostra agenda abbiamo accompagnato il settore verso l’era moderna. Quella degli pneumatici è un’industria all’avanguardia, anche se molte persone non se ne rendono conto guardando quello che considerano ancora un oggetto nero e rotondo abbastanza misterioso.

C’è tecnologia, innovazione, costante ricerca di opportunità sempre nuove. Qualche esempio? La connettività e la guida autonoma stanno cambiando il settore. E poi c’è la necessità di trovare sempre il compromesso migliore. Perché è chiaro che se cerchi la massima performance in un aspetto rischi di comprometterla in altri. Se vuoi un prodotto assolutamente rispettoso dell’ambiente, potresti non avere buoni risultati in termini di tenuta o di durata. Questa è una sfida continua. Ecco, tornando a cosa ho capito in questi anni. Ho capito che l’industria degli pneumatici evolve a gran velocità realizzando prodotti sempre migliori”.

In che senso?

“Ci sono già 3 aree che sono strettamente regolate: resistance, noise and safety. Si sta lavorando sulla quarta (prestazioni degli pneumatici usurati, vedi nostro articolo in anteprima ndr) e presto saranno addirittura cinque. Dovranno essere tutte superate prima che un modello possa essere montato su una vettura. La normativa su ogni aspetto evolve continuamente imponendo nuovi requisiti, sempre più stringenti. Ma l’industria ha spesso anticipato la legislazione vigente. Faccio un esempio: l’attenzione alla realizzazione di un prodotto più rispettoso dell’ambiente è iniziata più di vent’anni fa.

Alla fine degli anni Novanta si è iniziato a testare mescole alternative e sistemi produttivi nuovi per ridurre l’impronta carbonica del comparto. Nel 2003 l’industria europea degli pneumatici ha deciso ad esempio di abbandonare certi derivati del petrolio che erano altamente inquinanti. Una legge al riguardo è arrivata solo nel 2005, dopo che le aziende si erano già mosse. Ma questo è solo un esempio. L’innovazione è una costante e si accompagna all’evoluzione che interessa l’intero comparto automotive. Vetture nuove richiedono pneumatici innovanti.

Veniamo al presente. Come ha influito la guerra sul settore?

“Si può dire che lo scoppio della guerra abbia causato un vero e proprio shock. Da un giorno all’altro l’intero comparto si è ritrovato estremamente dipendente da una sola fonte di approvvigionamento, la Russia, che era tra le principali fornitrici di materie prime e semilavorati. Mancava il carbon-black e mancavano le gomme sintetiche. L’industria ha dovuto riorganizzare il suo upstream supply chain, perché non c’erano altri fornitori in grado di sopperire immediatamente alle mancanze per via delle sanzioni. Oltretutto cambiando fornitori, tutti quanti hanno dovuto superare nuovamente i test omologativi, affrontando costose procedure che richiedono molto tempo, anche parecchi mesi talvolta. E poi c’è stato l’aumento dei costi dell’energia. È stata durissima e ha costretto tutti, senza eccezioni, a ridurre la produzione.

Dove sono stati trovati i nuovi fornitori?

I fornitori non sono cambiati, sono cambiate le quantità. Si è continuato ad acquistare dalle Cina, dall’India, dall’Arabia Saudita o dagli Stati Uniti. Questi, in modo graduale, hanno modificato le loro forniture per aiutare l’industria europea a superare i problemi. Credo che un nuovo completo riassetto sarà trovato tra un anno circa”.

Lei ha detto che gli pneumatici non sono più un semplice prodotto ma possono essere considerati anche una sorta di servizio. Possiamo definirli delle vere e proprie “pattuglie”?

“Si, mi piace questa definizione. Gli pneumatici pattugliano costantemente le nostre strade. La tecnologia intorno agli pneumatici offre grandi opportunità. Ricordiamoci sempre che lo pneumatico è l’unico punto di contatto tra il veicolo e la strada. Questo significa che milioni e milioni di pneumatici possono raccogliere e diffondere informazioni. Possono immagazzinare dati sullo stato di manutenzione delle strade, sulle eventuali buche e la loro esatta posizione, ma anche sul traffico o sulla qualità dell’aria. Gli pneumatici possono avere un ruolo attivo nel migliorare la sicurezza dei trasporti e contribuire a evitare incidenti.

E qui si torna al tema della connettività, che è esploso nel 2018 e 2019. Basta adottare all’interno degli pneumatici i sensori giusti per sfruttare il potenziale di un oggetto che può monitorare le strade con estrema precisione. Per questo credo che sia fondamentale che si mantenga un dialogo serrato tra l’industria degli pneumatici e quella dell’auto in generale: perché la prima può aiutare la seconda a risolvere alcuni problemi e a offrire prodotti migliori. E poi: le auto già segnalano quando hanno bisogno di manutenzione. Perché in futuro uno pneumatico non potrà fare altrettanto? Succederà di sicuro”.

Al momento ci sono alcuni produttori che già propongono pneumatici dotati di sensori. Crede che questa pratica diventerà obbligatoria in futuro?

“Potrebbe accadere, ma è difficile dire quando e come succederà. La prima cosa da fare è stabilire il metodo con cui si potrà avere accesso ai dati raccolti dagli pneumatici e attraverso gli stessi (vedi Data Act recentemente approvato al Parlamento UE e la necessità di un In-Vehicle Data ndr). A quel punto si potranno definire i vari servizi da offrire e l’industria evolverà. Ma poi c’è uno scoglio non indifferente. Questi servizi saranno offerti solo dai prodotti di primo equipaggiamento? Se si, stiamo parlando soltanto del 25% del mercato: ci sarebbe un’enorme fetta tagliata fuori. È un problema che va risolto.

Nei prossimi mesi ci sarà una proposta di legge, ma è tutto ancora abbastanza fumoso e non c’è una tabella di marcia definita affinché si compiano consistenti passi avanti in questo campo. Credo che una norma al riguardo non arriverà prima del 2024 o 2025. Il fatto è che si deve correre. Perché le auto connesse sono sempre più diffuse e l’industria degli pneumatici deve stare al passo. Certo, è una situazione complessa, in cui si inserisce anche tutta la questione della cybersecurity.

Come vede l’industria degli pneumatici tra qualche anno?

“L’industria cambierà radicalmente. Ci sono tantissime sfide da superare: i costi dell’energia in aumento, le difficoltà della catena degli approvvigionamenti, la sostenibilità, le nuove tecnologie, le auto figlie della transizione ecologica. Guardiamo alle vetture elettriche, che sono più pesanti e hanno una coppia di picco molto alta: queste richiedono prodotti in grado di performare bene in ogni condizione e a lungo, seppur sottoposti a nuove sollecitazioni. Oppure guardiamo all’Euro 7, che imporrà nuovi limiti sul fronte dell’usura e delle emissioni di PM. Tutto questo porterà a grandi cambiamenti sia sui processi produttivi sia sui prodotti veri e propri.

Ma c’è di più: ci sarà un cambiamento ancor più radicale. L’industria degli pneumatici andrà incontro a una totale riorganizzazione legata ai nuovi equilibri geopolitici. Anche perché ci sono zone del mondo in cui si creano nuove condizioni. Si veda ad esempio quanti capitali sta attraendo l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti. E invece in Europa ci sono aziende che chiudono. Anche queste tendenze devono essere risolte e possono essere risolte con leggi precise, che spieghino alle aziende i costi che devono sostenere e il supporto che possono ricevere in Europa”.

E che cosa ha in programma lei?

“Dopo 40 anni di attività intensa i miei piani sono di tutt’altro tipo. Ho avuto il privilegio di lavorare con persone eccezionali, di avere fiducia e stima nell’ambiente automotive e sul lavoro posso dire di aver vissuto una bellissima avventura. Ora devo cambiare ritmo, dedicarmi a me stessa e proverò a imparare qualcosa di nuovo. Devo anche imparare a vivere con mio marito. Fino a oggi ci siamo visti 2 ore al giorno, sarà una bella sfida anche quella, eheh”.

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