BMW: la Brexit potrebbe far chiudere gli impianti in GB
Con la Brexit costi più alti e produzione rallentata, BMW valuta di chiudere le fabbriche in GB mettendo a rischio il lavoro di migliaia di persone

Con la Brexit costi più alti e produzione rallentata, BMW valuta di chiudere le fabbriche in GB mettendo a rischio il lavoro di migliaia di persone
A due anni dal voto, la Brexit sembra aver portato più grattacapi che benefici agli inglesi. L'ultimo in ordine di tempo è rappresentato dall'avvertimento di BMW verso il Governo: il Gruppo potrebbe chiudere tutti i suoi impianti in GB, dove sono impiegate circa 7000 persone. Non è una minaccia, è un piano di emergenza, perché con l'uscita dal Regno Unito i costi di importazione per il Gruppo BMW aumenterebbero sensibilmente così come la produzione sarebbe più esposta a rallentamenti, con aggravamenti del danno economico. Altre grandi aziende mettono in guardia la Gran Bretagna dall'uscire dall'UE, ora si attendono risposte dal Governo.
PROBLEMA DOGANALE Ma perché BMW potrebbe dover chiudere le sue fabbriche? Il problema riguarda in primis le importazioni: circa il 90% delle parti utilizzate negli stabilimenti britannici del Gruppo tedesco provengono dall'Europa continentale, e con la Brexit aumenterebbero i dazi e ovviamente i costi. In secondo luogo ne risentirebbe la catena di produzione di BMW, strutturata secondo il modello “Just in time”: i pezzi arrivano dall'estero poche ore prima di essere montati per evitare un accumulo e costi di deposito (guarda come già in passato BMW era intervenuta sulla produzione auto). L'uscita dall'UE invece comporterebbe il rischio di rallentamenti imprevisti che avrebbero dure conseguenze su tutto il montaggio: “Abbiamo sempre detto che possiamo fare del nostro meglio e preparare tutto – ha spiegato Stephan Freismuth, Customs Manager di BMW – ma se alla fine della giornata la catena avrà una fermata al confine, allora non potremo costruire i nostri prodotti nel Regno Unito”.
LAVORATORI A RISCHIO La soluzione sarebbe investire altri soldi nel Regno Unito, come ad esempio nuovi impianti di stoccaggio, ma in un'ottica aziendalista sarebbe forse più conveniente chiudere le fabbriche, mettendo in ginocchio molti lavoratori (sapevi che anche Ford era in una situazione analoga?). Sono quattro gli stabilimenti BMW in GB, solo nella fabbrica Mini a Oxford risultano impiegate circa 4.500 persone, a cui vanno aggiunte quelle della fabbrica Rolls Royce a Goodwood, dell'impianto di produzione motori a Hams All e dell'impianto di pressatura metalli a Swindon. Ed oltre alla preoccupazione lavoratori che interessa anche il Governo, BMW dovrà mettere in conto una perdita rispetto agli investimenti fatti negli UK, pari a circa 2 miliardi di sterline dal 2000 ad oggi, tra cui ben 750 milioni di euro solo per aggiornare le fabbriche di Oxford, Hams Hall e Swindon.
SERVE L'ACCORDO Ma come detto quella di BMW non è una minaccia, o una scelta come quella di Tesla, in realtà il Gruppo tedesco si ritroverebbe costretto ad una mossa del genere pur non volendo, come specificato sempre da Stephan Freismuth al Financial Times: “Non vogliamo rinunciare alle nostre fabbriche nel Regno Unito, faremo del nostro meglio per mantenere la continuità aziendale”. Il Governo inglese per ora resta fermo sulla Brexit ma l'appello di BMW segue quello di Airbus, il produttore aereo che pochi giorni fa aveva evidenziato le probabilità di una chiusura in GB. E rimanendo in ambito automotive, lo scorso febbraio anche Nissan aveva dichiarato che la Brexit avrebbe potuto portare rallentamenti e problemi nella catena di produzione, così come cresce preoccupazione dal Giappone per gli impianti di Honda e Toyota (scopri come la nuova Auris era stata già messa al sicuro). A sostegno di Case automobilistiche, economia e soprattutto lavoratori, il Segretario di Stato inglese Greg Clark ha affermato: “Qualsiasi azienda o industria che sostenga i mezzi di sostentamento e il lavoro di così tante persone nel nostro Paese ha il diritto di essere ascoltata con rispetto”. Ascoltarle non sarà sufficiente, è necessario un intervento regolatore su dazi e controlli doganali per evitare che venga messo in ginocchio il mercato automobilistico inglese, e non solo.