Dsa e patente: una staffetta a tre fattori

Come influisce un disturbo specifico dell’apprendimento nel percorso di conseguimento della patente? Vediamolo insieme
Seppure una diagnosi di Disturbo Specifico dell’Apprendimento sia sempre più diffusa, per alcuni rimane ancora un grande tabù. La confusione su cosa si intende per DSA porta le persone a negare l’evidenza con enormi rischi. Il non ammettere o non sapere di possedere questo disturbo comporta il posizionare sul proprio cammino molti ostacoli, che possono diventare pervasivi in diverse aree. Il mondo dei disturbi specifici dell’apprendimento, infatti, non ha ripercussioni soltanto nel periodo scolastico, ma diventa importante anche in altri percorsi di apprendimento, come il conseguimento della patente. Cosa possiamo fare, dunque, affinché sia una vittoria a pieno titolo e non una mera sconfitta?
DSA COME UN DIAMANTE: PER SEMPRE
Un DSA, come un diamante, è per sempre. Andando ad analizzare l’acronimo, infatti, sfatiamo alcuni falsi miti che aleggiano attorno a questa diagnosi:
- Parliamo di disturbo, non di malattia, in quanto vi è un’alterazione di una specifica funzione;
- Riguarda specifiche abilità, non l’intelligenza in generale;
- Coinvolge l’apprendimento (lettura/decodifica, scrittura/produzione e calcolo) che non termina al finire del percorso scolastico.
Il mondo dei DSA è suddiviso in quattro sottogruppi: dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia. Accanto a sintomi riconducibili esclusivamente a funzioni di lettura e scrittura, ve ne sono altri, più ricorrenti e persavisi:
- Deficit della memoria a vari livelli;
- Lentezza e affaticabilità nell’apprendimento;
- Difficoltà di concentrazione;
- Disturbi motori e di ritmo;
- Difficoltà di “shifting”, cioè di passare rapidamente da un’attività a un’altra;
- Scarsa abilità di stima temporale e di orientarsi nel tempo.
PONIAMO LE BASI: COLLABORAZIONE, ASCOLTO E DIALOGO
Alle alterazioni neurobiologiche si intrecciano anche fattori ambientali e abilità di coping. Spesso, infatti, risultati didattici insoddisfacenti vengono attribuiti a scarso impegno, disinteresse verso le varie attività e distrazione. Gli allievi per queste ragioni si sentono responsabili e colpevoli. L’insuccesso genera scarsa autostima, demotivazione e manifestazioni a livello emotivo-affettivo. Le reazioni possono essere internalizzate (ansia e agitazione) o esternalizzate (rabbia e aggressività). Ecco perché entrano in campo tre ingredienti fondamentali: ascolto, dialogo e collaborazione. È importante, infatti, tralasciare temporaneamente gli errori commessi e focalizzarsi sulle potenzialità del singolo individuo. Bisogna essere in grado di capire quali sono le singole modalità di apprendimento, così da sviluppare un comportamento strategico, potenziando al contempo l’attitudine e la metacognizione. Il deficit nell’automatizzazione è uno degli aspetti che più condiziona la modalità di apprendimento. Il fatto di non avere delle abilità di base autonome allunga i tempi di svolgimento, causa un maggiore dispendio di energie e un minore livello di accuratezza, le risorse attentive si consumano rapidamente, fino all’abbandono.
CONSEGUIRE LA PATENTE: UN LAVORO DI SQUADRA
In Italia esiste una legge sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento, la legge 170 dell’8 ottobre 2010. All’articolo 5 si può leggere come gli studenti con diagnosi di DSA hanno diritto a fruire di strumenti dispensativi e compensativi, oltre che di una didattica individualizzata e personalizzata. Nonostante una legge che metta nero su bianco gli strumenti necessari per favorire un buon processo di apprendimento, molti sono ancora coloro che tacciono. Perché non lo dicono? Escluso chi non ha mai avuto una diagnosi, i ragazzi spesso non ne parlano per vergogna, per la paura di essere etichettati o per rassegnazione, dopo essersi scontrati con realtà che invece di aiutarli hanno fatto orecchie da mercante. A volte, però, sono i genitori a tacere. Per quanto può essere difficile scontrarsi con l’idea di “figlio perfetto” a cui aspiravano, è fondamentale riflettere sul fatto che il silenzio ponga un muro invalicabile. Gli viene, infatti, negata a priori la possibilità di accedere agli strumenti necessari per un apprendimento proficuo e duraturo. In ultimo l’insegnante/istruttore qualora riscontri difficoltà nell’apprendimento avrebbe il dovere, per lo meno morale, di farlo presente. Questo potrebbe aiutare a riconoscere quelle situazioni di mancata diagnosi e far comprendere l’aspetto supportivo di tale condivisione!
Contributo a cura di Marianna Martini – Psicologa del Traffico