
Scopri l'andamento della produzione auto nel sud Italia. Numeri in calo ma ancora cruciali per l'economia del Meridione
Gli stabilimenti del sud Italia hanno fornito quasi il 90% degli autoveicoli prodotti nel nostro Paese nei primi nove mesi del 2024, ma hanno perso più di 100 mila unità sul 2023 (-25%). È questo il quadro in chiaroscuro che emerge dal nuovo rapporto SVIMEZ, lo studio che dal 1974 raccoglie ogni anno i principali indicatori e gli andamenti dell’economia del Meridione in numerosi settori chiave, tra cui industria, edilizia, terziario, credito, finanza pubblica, infrastrutture e trasporti. Lo stabilimento Stellantis di Melfi ha visto da solo una perdita di quasi 90 mila unità, e ad aggravare il quadro è stato sospeso l’investimento da oltre 2 miliardi per la realizzazione della gigafactory di batterie a Termoli.
PRODUZIONE AUTOVEICOLI: SUD ITALIA MOLTO RILEVANTE
Nel contesto di difficoltà dell’industria europea e italiana dell’auto che tutti conosciamo, il peso dell’industria automobilistica del Mezzogiorno d’Italia resta ancora molto rilevante, soprattutto per ciò che riguarda la fabbricazione di autoveicoli. Nel 2023, l’82% della produzione nazionale di autoveicoli (751 mila) ha avuto luogo negli stabilimenti situati a Pomigliano, Melfi e Atessa, che ne hanno prodotti 615 mila. Lo stabilimento abruzzese di Atessa detiene l’intera produzione nazionale di veicoli commerciali leggeri, che nel 2023 ha superato le 230 mila unità (+12% sul 2022), lontana dal picco di 400 mila unità del 2017, ma pari al 31% della produzione complessiva di autoveicoli.
Nelle regioni del sud Italia si concentra dunque la presenza dei grandi impianti di produzione finale, frutto dello
storico processo di ‘meridionalizzazione delle produzioni Fiat’ iniziato già negli anni ’70. Questo tratto è particolarmente marcato in Molise e in Basilicata, dove gli addetti di Termoli e Melfi rappresentano rispettivamente l’82% e il 79% del totale, mentre Campania e Abruzzo, ma anche Puglia e Basilicata, sono caratterizzate anche dalla presenza di un significativo indotto della componentistica, oltre ai poli della Val di Sangro e Pomigliano.
LA FILIERA DELL’AUTOMOTIVE NEL MEZZOGIORNO VALE 13 MILIARDI
Sempre secondo il rapporto SVIMEZ, la filiera estesa dell’automotive vale nel Mezzogiorno quasi 13 miliardi di euro in termini di valore aggiunto, di cui più di quattro quinti in Campania (29%), Puglia (20%), Sicilia (22%) e Abruzzo (13%). Gli occupati direttamente o indirettamente riconducibili alla filiera automotive sono circa 300 mila, più della metà dei quali in Campania (30% degli addetti) e Puglia (21%), seguite da Sicilia (21%) e Abruzzo (11%). In valori assoluti, da evidenziare anche il dato occupazionale del Molise (4.779), così della Basilicata (8.224).
Data la rilevanza dell’automotive per il tessuto industriale e occupazionale del Meridione, le recenti difficoltà
dell’industria automobilistica nazionale ed europea destano particolari ragioni di preoccupazione. Dopo la crescita del 2023 (+9,6%), nei primi nove mesi del 2024 la produzione di autoveicoli italiana si è fermata a 387 mila unità, con un crollo del -32% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Gli stabilimenti del Mezzogiorno forniscono l’89% degli autoveicoli prodotti in Italia, ma perdono più di 100 mila unità (-25%). Con tutta probabilità, il 2024 si chiuderà sotto la soglia del mezzo milione di autoveicoli, riportando la produzione nazionale ai livelli del 1959.
CRISI AUTOMOTIVE: SI TEMONO GRAVI RIPERCUSSIONI OCCUPAZIONALI NEL SUD ITALIA
La situazione è particolarmente grave per il Mezzogiorno, non solo per lo stabilimento di Melfi, che ha visto una
perdita di quasi 90 mila unità (-62%), ma anche perché tutti gli stabilimenti, compresi Pomigliano (-6%) e Atessa
(-10%) che erano in crescita nella prima parte dell’anno, sono entrati in territorio negativo, con cali che interessano sia gli autoveicoli che i veicoli commerciali. Rispetto ai livelli del 2019, la riduzione dei volumi è ancora più severa, per Pomigliano (-8%), ma soprattutto Atessa (-32%) e Melfi (-73%).
Ad aggravare il quadro, i vertici di ACC, joint venture di Stellantis, Mercedes e Total, hanno sospeso l’investimento da oltre 2 miliardi per la realizzazione della gigafactory per la produzione di batterie a Termoli, che avrebbe dovuto occupare circa 2 mila addetti. I fondi del PNRR che vi erano stati destinati (250 milioni circa) attraverso contratto di sviluppo sono stati dirottati altrove, a causa dell’impossibilità di spenderli entro il 2026.
Il significativo ridimensionamento produttivo di Stellantis ha già avuto e avrà pesanti ripercussioni sui livelli
occupazionali: se dal 2014 si stimano circa 11 mila addetti in meno nel complesso degli stabilimenti del gruppo franco-italiano, nel solo 2024 sono previste quasi 4 mila uscite con incentivazione all’esodo, a fronte del blocco delle assunzioni. Solo a Melfi le incentivazioni all’uscita dal 2021 hanno riguardato 1.700 persone, riducendo l’occupazione nello stabilimento a poco più di 5.400 addetti (prima della pandemia erano più di 7 mila).