“L'A3 Salerno Reggio è abusiva”: l'Italia degli appalti truccati su Rai3

A3 abusiva, corruzione, impreparazione e normative insufficienti: l'ANAS e l'Italia degli appalti truccati nel mirino di Presa Diretta

 
“L'A3 Salerno Reggio è abusiva”: l'Italia degli appalti truccati su Rai3 A3 abusiva

A3 abusiva, corruzione, impreparazione e normative insufficienti: l'ANAS e l'Italia degli appalti truccati nel mirino di Presa Diretta

16 Gennaio 2018 - 05:01

ABS, ESP, ASR e tutta la genia degli ADAS: queste sigle indicano quei dispositivi per la sicurezza attiva che hanno reso le nostre automobili sempre più sicure. La sicurezza stradale dipende moltissimo anche dai nostri comportamenti, che sono la causa della grande maggioranza degli incidenti. Un'altra area importante, che non dipende né dalle Case né da noi automobilisti, è quella delle infrastrutture, che incidono molto sulla sicurezza del traffico (già nel 2003 ci si lamentava dei costi in aumento e delle strade in abbandono). L'Italia non brilla certamente per la qualità delle sue strade, lo sappiamo tutti, ma un'inchiesta del programma TV Piazza Pulita ha gettato una luce inquietante su un sistema inefficiente e corrotto della gestione degli appalti, anche (e soprattutto) di quelli stradali.

FIUME DI DENARO (PUBBLICO) Nella trasmissione sono stati dati numeri importanti (a volte inquietanti), come l'iperbolica cifra spesa per gli appalti della Pubblica Amministrazione. Si tratta di 115 miliardi di euro l'anno in appalti, quasi il 7% dell'intero Prodotto Interno Lordo. La cifra è imponente ma gli esiti di questa spesa iperbolica non sono esaltanti, visto lo stato nel quale versano le nostre strade e autostrade. Nel programma si sono puntati gli occhi sull'Autostrada Mediterranea A2, che altri non è che la famosa A3 Salerno – Reggio Calabria. Nel suo tratto calabrese, lungo circa 300 km, si sono contate 14 inchieste per infiltrazioni mafiose, corruzione e vere e proprie truffe per lavori non conformi al capitolato d'appalto. Un esempio è la galleria Fremisi – San Rocco che ha un muro a spigolo vivo, pericolosamente vicino alla sede stradale e privo di ogni protezione: sarebbe bastato un tratto di guard-rail o un New Jersey per evitare 5 morti in 2 incidenti. L'opera era stata regolarmente collaudata: a seguito di questi esiti drammatici è stato instaurato un processo penale con 13 indagati. In Italia,poi, solo negli ultimi 4 anni ci sono stati 7 morti e altrettanti feriti a causa di ponti e viadotti crollati, cifre che aggiungono al dolore la rabbia per il fiume di denaro pubblico speso inutilmente e male.

FAME DI MANUTENZIONE Ricordiamo il crollo del cavalcavia in provincia di Lecco del 28 febbraio scorso, quello sull'A14 oppure la saga dei viadotti siciliani, come lo Scorciavacche forse aperto in anticipo per incassare un bonus. L'Autorità Nazionale Anticorruzione ANAC ha rilevato, anche in quel caso, anomalie sia di progettazione sia di realizzazione, una vicenda che ha ha portato alle dimissioni del presidente dell'ANAS Ciucci. Queste e altre vicende, come il crollo di un altro cavalcavia in provincia di Cuneo, inaugurato nel 2000, portano alla domanda: perché non si riesce a far funzionare la “filiera” degli appalti e delle relative responsabilità, un processo che coinvolge Enti gestori, Società di ingegneria e costruttrici e Stazioni appaltanti?

Secondo i calcoli dell'ANAS occorrerebbero 2,5 miliardi l'anno per rimettere in sicurezza le opere di sua proprietà ma l'Azienda dichiara di avere a disposizione meno della metà della cifra e negli anni della crisi, dal 2007 al 2013, sono stati spesi soltanto 200 milioni l'anno. Se aggiungiamo il fatto che la maggior parte dei ponti e dei viadotti italiani è vicina alla fine del loro ciclo di “vita in sicurezza”, vediamo che la situazione è preoccupante.

VOLUMI IMPOSSIBILI Ritornando all'Autostrada Mediterranea, alias A3 Salerno – Reggio Calabria, si notano 9 km sottoposti a sequestro, già dal maggio del 2016, da parte dell'Autorità giudiziaria fra le uscite di Mileto e Rosarno. Secondo i periti della Procura il tratto, che prevede 4 viadotti, sarebbe stato costruito male e senza rispettare il capitolato d'appalto, tutte irregolarità che portano a definire il tratta come un “pericolo per l'autorità pubblica”. A destare allarme sono in particolare i viadotti sul fiume Mesima, costruiti senza il parere dell'Autorità di bacino, giudicato essenziale sempre e in particolare in quell'area che è classificata ad alto rischio idrogeologico. Il Responsabile della Protezione civile della Calabria parla senza mezzi termini di “opere abusive” perché portate a termine senza un parere essenziale come quello dell'Autorità di Bacino. Il responsabile locale di Anas si difende dicendo che all'epoca della redazione del progetto il parere vincolante dell'autorità non era richiesto ma in realtà il cantiere è stato aperto diversi anni dopo l'entrata in vigore delle nuove norme e c'era tutto il tempo di richiedere il parere stesso.

Un geologo ha constatato che i piloni sono poco difesi dalla corrente e il direttore dei lavori ha poi riferito agli inquirenti che l'unico scopo dell'impresa esecutrice era quello di risparmiare il più possibile, anche e soprattutto sui materiali. In effetti tutte le strutture sono più basse di circa 30 cm rispetto al progetto, diminuendo di migliaia di metri cubi il volume del cemento utilizzato. Non finisce qui perché un controllo della Guardia di Finanza sui mezzi che trasportavano la terra per il cantiere ha permesso di rilevare una discrepanza enorme fra i volumi dichiarati e quelli effettivamente trasportabili da 4 veicoli a disposizione: questo e altri stratagemmi hanno portato a stimare la percezione indebita, da parte dell'azienda, di 13 milioni di euro su un appalto del valore complessivo di 60 milioni. Sembra che anche l'asfalto non sia conforme e quello del tratto sequestrato non sarebbe in grado di assicurare un grip adeguato: la Polizia Stradale ha dichiarato che il numero degli incidenti è più alto della media e l'ANAS stessa ha ammesso che quel tratto di strada è “depotenziato” rispetto al progetto e la sua durabilità sarà probabilmente più bassa di quanto previsto.

APPALTI, STRUMENTI DISTORTI Il sistema italiano degli appalti per le opere pubbliche appare intricato, poco trasparente e viene definito come uno specchio dei mali di tutto il Paese. Una delle storture più gravi è l'abnorme numero delle “stazioni appaltanti” (sono i soggetti che possono gestire l'appalto per un'opera pubblica) rilevate essere ben 32 mila e indicate dal Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, come uno dei mali della Pubblica amministrazione. Molte speranze sono riposte nel Nuovo Codice degli Appalti ma ad un anno e mezzo dall'approvazione mancano ancora i decreti attuativi. A detta di Raffaele Cantone, il presidente dell'ANAC, il Codice stesso ha incontrato molte resistenze nel suo iter, perché urtava interessi consolidati e potenti, e l'affermazione è stata confermata dal Ministro delle infrastrutture e trasporti, Graziano del Rio. In ogni caso il numero delle stazioni appaltanti è ancora troppo alto e mancano gli strumenti per la formazione dei funzionari e del personale tecnico, un tema cruciale che vedremo più avanti.

Un sistema così opaco crea inoltre spazi per l'illegalità più proterva: l'imprenditore calabrese Gaetano Saffioti, attivo nei cantieri e nel movimento terra, dopo aver denunciato decine di tentativi di estorsione e aver fatto incriminare parecchi malfattori, ha visto il suo fatturato crollare in Italia ma esplodere all'estero. La Piovra è riuscita a fare terra bruciata intorno a lui, facendogli perdere gare d'appalto per pochi euro! Secondo Saffioti gli appalti dell'A3 erano stati già suddivisi, perfino a livello di subappalti, molto prima di bandire le gare e l'opera è stata fatta male anche perché in questo modo richiederà una manutenzione “infinita” (leggi degli arresti per gli appalti truccati della A3).

MALAFEDE O IMPREPARAZIONE? Fra i mali italiani, oltre alla corruzione e alla criminalità organizzata, c'è anche l'impreparazione del personale amministrativo che prepara e gestisce le gare d'appalto. Tre economisti italiani, Oriana Bandiera, Andrea Prat e Tommaso Valletti hanno preparato uno studio che è diventato (purtroppo) un caso internazionale ed è stato pubblicato da American Economic Review. Gli studiosi hanno lavorato con la banca dati di Consip per valutare le variazioni dei prezzi d'acquisto di 21 forniture per la PA, dalla benzina alle stampanti. I risultati sono impressionanti: basterebbe infatti che tutti gli uffici spendessero oculatamente come il 10% più virtuoso per risparmiare ben 30 miliardi. Apprendiamo poi della messa a punto di un modello matematico che riesce a distinguere fra l'incompetenza e la disonestà: secondo i tre economisti 17% è “spreco attivo”, da ruberie e appropriazioni indebite, e l'83% è “spreco passivo”, dovuto a inefficienza. In Germania si è pensato ad entrambi gli aspetti, costruendo scuole di alta specializzazione per i funzionari che dovranno maneggiare il denaro pubblico. Questi “studenti” sono molto richiesti dagli Enti locali e da quando è nata la scuola i contenziosi con le imprese sono crollati, velocizzando i lavori e risparmiando molti soldi. Per quel che riguarda la corruzione, in Germania chi sbaglia paga, i corrotti e i corruttori sono soggetti al pubblico discredito e i colpevoli vanno in galera senza se e senza ma, con i ponti che non crollano. A quando norme trasparenti e incisive e punizioni certe anche in Italia? Se ci fosse la volonta politica di porre fine al malaffare il settore degli appalti, oggi un freno, diventerebbe un volano per tutta l'economia del Paese.

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