Incidente stradale con lesioni gravi: ai congiunti prossimi della persona lesa spetta il danno non patrimoniale a causa della sofferenza morale patita dall'illecito altrui
Nel caso di lesioni stradali gravi occorse a seguito di un sinistro, ai congiunti della persona lesa, nello specifico i genitori, va riconosciuto il danno non patrimoniale in via presuntiva, in ragione della sofferenza morale subita e della convivenza familiare strettissima, propria del rapporto filiale. Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1640/2020, risolvendo la delicata controversia relativa a una richiesta di risarcimento dopo un terribile incidente stradale che ha coinvolto un minore.
INCIDENTE STRADALE GRAVE E RICHIESTA DEI DANNI MORALI
Questi i particolari della vicenda: i genitori di un minore citano in giudizio l’ASL locale e i medici dell’ospedale perché il proprio figlio ha subito lesioni gravissime, consistenti nella perdita della gamba sinistra, dopo essere stato ricoverato nel suddetto ospedale a seguito delle ferite riportate in un incidente stradale. Premessa la responsabilità professionale dei sanitari, i genitori chiedono anche il risarcimento dei danni non patrimoniali. L’indennizzo gli viene accordato dal giudice di primo grado ma negato in sede di appello, “per carenza di specifica prova del preteso pregiudizio”. Si va quindi in Cassazione.
CHE COS’È IL DANNO NON PATRIMONIALE
Prima di commentare l’ordinanza della Suprema Corte, ricordiamo che per ‘danno non patrimoniale’ o danno morale s’intende un fatto lesivo che non arreca diminuzione alcuna del patrimonio, ma ‘solo’ dolore, sofferenza, ansia o stress. In base all’art. 2059 c.c., il danno non patrimoniale può essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge. Tra cui rientra senz’altro l’altrui illecito (nel caso in questione la non corretta gestione del personale medico che aveva in cura il minore).
LESIONI STRADALI GRAVI: QUANDO SPETTANO I DANNI NON PATRIMONIALI
Detto questo, vediamo cosa ha deciso in merito la Corte di Cassazione. Gli Ermellini hanno accolto il ricorso affermando il principio di diritto secondo cui il danno non patrimoniale, consistente nella sofferenza morale patita dai prossimi congiunti di persona lesa dall’illecito altrui, può essere dimostrato ricorrendo alla sola prova presuntiva. Essendo quest’ultima tipicamente integrata dalla gravità delle lesioni e dalla convivenza familiare strettissima, normalmente propria del rapporto tra genitori e figlio. In altri termini, per accertare la sussistenza del danno non patrimoniale non era necessario portare chissà quali specifiche prove, come aveva erroneamente stabilito la Corte d’Appello. Risultando più che sufficienti, in via presuntiva, le lesioni gravissime riportate dal minore (tra l’altro estremamente visibili trattandosi dell’amputazione di una gamba). Nonché la vicinanza materiale e anche morale dei suoi genitori, simboleggiata dal rapporto filiale e dalla convivenza.
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