
Codice della Strada 2025, la Cassazione piccona i test antidroga tanto cari a Salvini: possono generare falsi positivi, meglio l'esame del sangue
La riforma del Codice della Strada, fortemente voluta da Matteo Salvini, ha stravolto l’articolo 187 che norma la guida dopo l’assunzione di sostanze stupefacenti, eliminando il requisito dello ‘stato di alterazione psico-fisica’ come condizione per sanzionare un conducente. In pratica adesso c’è reato per il solo fatto di essersi messi alla guida dopo aver assunto droghe, senza la necessità di essere in uno stato di alterazione o di mostrarlo. La riforma ha inoltre previsto nuove modalità di accertamento del reato da parte degli organi di Polizia stradale, introducendo il test salivare antidroga. Tuttavia proprio quest’ultimo aspetto sta sollevando parecchi dubbi e perplessità per l’elevato rischio di generare falsi positivi. Posizione avvalorata da una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (n. 2020/2025) che ha indicato l’esame del sangue come il metodo principale per stabilire se una persona stesse guidando dopo aver assunto stupefacenti.
DAI TEST ANTIDROGA DIPENDONO LE SANZIONI
La questione è assai delicata perché dai risultati del test antidroga dipendono le severissime sanzioni che prevedono da 1.500 a 6.000 euro di multa, l’arresto da 6 mesi a un anno, la sospensione della patente (che in certi casi può diventare revoca) e, con la sentenza definitiva di condanna, la confisca del veicolo. E in presenza delle aggravanti (reato commesso nelle ore notturne o da neopatentati o da conducenti professionali, oppure qualora si provochi un incidente stradale) queste sanzioni possono perfino aumentare. Insomma, è necessario che i test antidroga diano risultati assolutamente certi per non correre il rischio di rovinare un innocente. Certezza che, secondo l’ultima sentenza della Cassazione, può garantirla solo l’esame del sangue.
TEST ANTIDROGA: PER LA CASSAZIONE L’UNICO METODO DAVVERO SICURO È L’ESAME DEL SANGUE
Più precisamente la sentenza n. 2020/2025, che si riferisce a fatti commessi quando vigeva la precedente disciplina, ha chiarito che il solo esame delle urine non è sempre affidabile e ha indicato l’esame del sangue come il metodo principale per stabilire se una persona stesse guidando sotto l’effetto di droghe. Infatti, a differenza dell’esame delle urine che può rilevare tracce di sostanze anche molto tempo dopo l’assunzione (caratteristica che peraltro riguarda anche i test salivari, ndr), l’esame del sangue fornisce una prova diretta della presenza di droga nel sangue al momento del controllo. Ciò è fondamentale per stabilire se l’alterazione psico-fisica del conducente sia effettiva e immediata.
Oltre all’esame del sangue, la Suprema Corte ha sottolineato che, per valutare l’effettiva alterazione psico-fisica di un conducente (condizione non più necessaria per essere sanzionati), è richiesto un controllo globale del suo comportamento. Gli agenti delle Forze dell’ordine devono considerare anche fattori come la coordinazione dei movimenti, l’eloquio e lo stato emotivo della persona (ad esempio, se è visibilmente agitata o euforica), per accertarsi che la persona non stia guidando sotto l’effetto di sostanze che ne compromettono la capacità di controllo del veicolo.
CERTEZZA DEI RISULTATI PER EVITARE ERRORI E RICORSI
La decisione della Cassazione, pur se riferita a fatti precedenti alla riforma del Codice della Strada, ne ribalta alcune delle modifiche introdotte, riportando l’attenzione sulla necessità di un controllo accurato e completo. In altre parole, recita la sentenza, non basta un semplice test antidroga positivo per accusare un automobilista: deve esserci una prova concreta che dimostri l’effettiva incapacità alla guida. Un approccio più rigoroso e preciso aiuterà a evitare errori (e una valanga di ricorsi) garantendo che vengano puniti solo i comportamenti realmente pericolosi.