Vigili urbani: quali rischi se si insultano sui social?

Vigili urbani: quali rischi se si insultano sui social?

La Corte di Cassazione ha fissato un importante principio in relazione agli insulti ai vigili urbani. Ecco quali sono i rischi reali

26 Giugno 2023 - 15:00

La questione degli insulti ai vigili urbani è stata recentemente affrontata dalla Cassazione. Sebbene il reato di vilipendio sia generalmente associato alle Forze armate dello Stato, sorge il dubbio se questa norma possa essere estesa anche ai vigili urbani, considerando che non sono un corpo armato. Il punto di partenza è l’articolo 290 del Codice penale, secondo cui chiunque insulta pubblicamente le Forze armate dello Stato può essere punito con una multa che va da 1.000 a 5.000 euro. Ma fino all’intervento della Cassazione, è rimasto il dubbio sull’applicazione di tale norma anche nel caso dei vigili urbani. Esaminiamo la decisione dei giudici della Suprema Corte e le specificità che sono emerse.

INSULTI AI VIGILI URBANI SUI SOCIAL: C’È VILIPENDIO O OLTRAGGIO?

Gli agenti della polizia municipale sono pubblici ufficiali ed è quindi possibile commettere il reato di oltraggio nei loro confronti. Significa che in caso di insulti ai vigili urbani, una persona può essere denunciata per oltraggio. Ma, come approfondiamo in questo articolo, non sono presenti le condizioni per incriminare qualcuno per il reato di vilipendio. Secondo la Cassazione, il corpo della polizia municipale non rientra nella categoria delle Forze armate e, di conseguenza, non beneficia della tutela prevista dall’articolo 290 del Codice penale. Questa tutela si applica solo in caso di offese alla Repubblica, alle Istituzioni costituzionali e alle Forze armate. Queste ultime comprendono:

  • l’Esercito;
  • la Marina;
  • l’Aeronautica;
  • la Polizia di Stato;
  • i Carabinieri;
  • la Guardia di Finanza.

Al contrario, le forze di polizia civili, nonostante il fatto che i loro agenti siano armati, non rientrano nella definizione di Forze armate.

VILIPENDIO E OLTRAGGIO A PUBBLICO UFFICIALE: LE DIFFERENZE

Prima di entrare nei dettagli degli insulti ai vigili urbani, è certamente utile distinguere tra il reato di vilipendio e il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale. Il vilipendio si configura quando una persona offende l’intera istituzione del corpo, senza alcun riferimento a individui specifici. L’oltraggio è l’insulto diretto al singolo individuo, in presenza di almeno due testimoni civili che non siano colleghi dell’agente. Perché l’oltraggio sia configurato, la vittima deve essere offesa mentre sta svolgendo le sue funzioni e a causa di esse. La differenza tra i due reati va cercata anche nelle sanzioni previste. Nel caso del vilipendio, come anticipato, si può essere soggetti a una sanzione pecuniaria non superiore a 5.000 euro. Per chi commette oltraggio, è prevista una pena detentiva fino a tre anni. Se il comportamento non è abituale, in entrambi i casi è possibile ottenere l’assoluzione per particolare tenuità del fatto. Si tratta di una causa di giustificazione che evita il processo penale e la conseguente pena. Anche se viene applicata l’assoluzione, il registro penale resta segnato e persiste l’obbligo di risarcire la vittima, se richiesto. Va da sé che nonostante l’assoluzione per particolare tenuità del fatto possa rappresentare un elemento da considerare, è sempre preferibile adottare comportamenti rispettosi e non finire in situazioni che possano portare a conseguenze legali.

LA CASSAZIONE SUGLI INSULTI AI VIGILI URBANI

La Corte di Cassazione ha stabilito che gli insulti ai vigili urbani non comportano il reato di vilipendio. Secondo la sentenza 35328 del 2022 depositata oggi, la Polizia municipale non rientra nella definizione di Forze armate. In termini pratici, nessuna accusa di vilipendio per la persona che ha pubblicato su Instagram una foto accompagnata dall’offensiva dicitura “fuck the police” di fronte a un’auto della Polizia locale.

INSULTI VIGILI URBANI: LA PRONUNCIA DEI GIUDICI

Riavvolgendo il nastro degli eventi, la Corte di appello di Milano aveva confermato la sentenza emessa dal Giudice per le udienze preliminari sull’estinzione del reato a seguito del perdono giudiziale concesso. L’imputato aveva presentato un ricorso sostenendo che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto emettere una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto. L’imputato ha ammesso l’addebito sin dall’inizio, mostrando rammarico per la sua condotta e offrendo un risarcimento simbolico in favore delle Forze dell’ordine. La frase offensiva nei confronti dei vigili urbani sarebbe stata inserita sui social media in un contesto goliardico e inconsapevole, dopo aver partecipato a un video musicale come comparsa. La Prima sezione penale, accogliendo il ricorso, ha adottato un ragionamento completamente diverso. Secondo la Corte Suprema, la Polizia locale di un Comune non possiede la qualifica di Forza armata, anche se gli agenti della polizia municipale sono dotati di armi da fuoco. Di conseguenza, un’offesa commessa nei confronti della Polizia locale, che non è un reparto militare, non può configurare il reato previsto dall’articolo 290 del Codice penale. La Cassazione ha così annullato senza rinvio la sentenza impugnata poiché il fatto di reato così come contestato non sussiste.

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