La revoca concessione autostrade disinnescata da un accordo Governo – ASPI in extremis: ecco le condizioni, i tempi dell’accordo e cosa cambierà
La revoca della concessione ad Autostrade sembrerebbe disinnescata, ma con condizioni e tempi dell’accordo tra il Governo e Atlantia, maggiore azionista attuale di Autostrade per l’Italia. L’accordo Governo-Autostrade non vede soddisfatto chi puntava alla revoca senza mezze misure, ma definisce delle tappe sul ridimensionamento della gestione di Autostrade che passerà allo Stato. Ecco cosa succederà dopo il nuovo ponte di Genova e le condizioni sulla revoca della concessione ad Autostrade.
REVOCA CONCESSIONE AUTOSTRADE: L’ACCORDO GOVERNO-ASPI
La bozza dell’accordo, seppure a grandi linee, sulla revoca concessione autostrade è riassunta nel comunicato del Consiglio dei Ministri, emanato dopo una notte di trattative. La revoca della concessione ad Autostrade non ci sarà, d’altronde non poteva che essere così considerando la penale nell’ordine di 20 miliardi di euro e la battaglia legale che si sarebbe innescata. Il tutto alla vigilia dell’apertura del nuovo ponte di Genova (foto sotto) che, paradossalmente, sarebbe stato affidato alla precedente gestione senza nessun cambiamento concreto. Il tira e molla tra Governo e ASPI si è protratto a lungo sulle modalità della transazione e sull’assetto societario. Ecco come la gestione di Autostrade passerà da ASPI (Atlantia) allo Stato nell’arco dei prossimi 12 mesi. “Ieri è successo qualcosa di assolutamente inedito nella storia politica italiana. Il Governo ha affermato un principio, in passato calpestato: le infrastrutture pubbliche sono un bene pubblico prezioso, che deve essere gestito in modo responsabile, garantendo la piena sicurezza dei cittadini e un servizio efficiente”. Così ha commentato pubblicamente Giuseppe Conte.
REVOCA CONCESSIONE AUTOSTRADE: LE NOVITA’ PRINCIPALI
L’accordo Governo-ASPI sulla revoca della concessione ad Autostrade si basa su un ruolo progressivamente ridimensionato della holding Atlantia in ASPI. In sostanza, le condizioni dell’accordo riguarderebbero una cessione della maggioranza di quote in ASPI da Atlantia (oggi all’88%) alla Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Ministero delle Finanze. In questo modo CDP avrebbe il 51%, portando però anche la partecipazione di Atlantia a circa il 10%. Non solo: sarebbe prevista anche l’esclusione di ASPI dal perimetro di Atlantia e relativa quotazione in borsa, portando ulteriormente a una riduzione di quote della holding. Ci sono anche altri punti caldi che hanno tenuto banco durante il CdM tra il 14 e il 15 luglio, sui cui il Governo avrebbe puntato i piedi:
– l’estromissione della famiglia Benetton, proprietaria di Atlantia;
– riduzione dei pedaggi autostradali: piano tariffario secondo le nuove indicazioni dell’autorità regolatoria (ART);
– riduzione della penale che lo Stato riconoscerebbe in caso di revoca della concessione;
– il diritto di rescindere l’accordo in caso di gravi inadempienze da parte del gestore.
REVOCA CONCESSIONE AUTOSTRADE: CHI SI ACCOLLERA’ I RISCHI?
Al di là delle posizioni politiche a favore o contro la revoca della concessione ad Autostrade, la matassa non è facile da dipanare. In tutto ciò va ricordato anche che, evidentemente, qualcosa non ha funzionato per anni nell’attività di controllo del gestore. “Non spetta al Governo accertare le responsabilità penali per il crollo del Ponte Morandi“, ha dichiarato Conte. “Il compito del Governo è contestare le gravi violazioni contrattuali e la cattiva gestione di cui si è resa responsabile Aspi“. “Puntiamo a un rafforzamento del sistema dei controlli e all’aumento delle sanzioni anche in caso di lievi violazioni. Nessuno resterà impunito”, spiega Conte. Bisognerà capire, quando saranno ufficiali le condizioni dell’accordo, come sarà vista la mossa del Governo agli occhi di nuovi investitori. Il rischio che il Governo possa intervenire sulla partecipazione azionaria, fuori dal perimetro di valutazione delle responsabilità penali, potrebbe disincentivare nuovi azionisti. Ma è lo stesso effetto che forse avrebbe avuto una revoca netta: elevato rischio d’investimento (sia per quanto appena detto, sia per lo stato di degrado di migliaia di opere pubbliche). “Nessun spazio a negligenza, incuria e manutenzione approssimativa” una dichiarazione che trova fondatezza nei fatti di cronaca recenti e nel rapporto di Bankitalia sui pochi reali investimenti in sicurezza a fronte dell’aumento dei pedaggi.