Novità sul Green Pass al lavoro: arrivano procedure di controllo più semplici, che però risultano in contrasto con la tutela della privacy
Green Pass al lavoro e tutela della privacy: un tema delicato che ovviamente riguarda anche i titolari delle imprese del settore automotive come siti produttivi, officine, carrozzerie, autosaloni, stazioni di rifornimento e altre ancora. Come sappiamo dallo scorso 15 ottobre e fino al prossimo 31 dicembre, termine che molto probabilmente sarà prorogato, per accedere al luogo nel quale si svolge l’attività lavorativa occorre esibire il Green Pass, che si può ottenere con la vaccinazione contro il Covid, dopo un tampone negativo o in seguito a guarigione dal virus. I controlli sono pertanto fondamentali, tuttavia i datori di lavoro, a cui spetta la verifica del possesso della certificazione verde anche tramite dei soggetti incaricati, devono obbligatoriamente rispettare alcuni paletti legati alla privacy dei dipendenti. A maggior ragione se, come sembra, prossimamente cambieranno le modalità dei controlli, aprendo alla consegna volontaria.
GREEN PASS AL LAVORO: LA NUOVA POSSIBILITÀ DELLA CONSEGNA VOLONTARIA DELLA CERTIFICAZIONE
Come detto, spetta al datore di lavoro stabilire le procedure da osservare per le modalità dei controlli dei Green Pass, nonché provvedere eventualmente alla nomina di altri incaricati alle verifiche, che possono effettuarsi anche a campione. A questo proposito un articolo del Sole 24 Ore di oggi ricorda che sono in arrivo delle modifiche, in chiave semplificativa, alle regole sui controlli previste dal decreto legge 127/2021, attualmente in fase di conversione al Parlamento: tra gli emendamenti approvati riveste infatti particolare importanza la possibilità, nelle aziende del settore privato, che i dipendenti possano richiedere di consegnare al datore di lavoro una copia del proprio Green Pass e che, in tal caso, il datore non debba più effettuare controlli giornalieri su tali dipendenti finché il certificato è valido. Ma come si concilia una modalità di questo tipo, senza dubbio molto pratica, con i rigidi dettami della tutela della privacy?
GREEN PASS AL LAVORO: GLI OBBLIGHI DEL DATORE
Intanto se passerà una misura del genere il datore di lavoro, a cui spetta già adesso, in base all’articolo 13 del Regolamento 679/2016, predisporre l’informativa sul trattamento dei dati comunicandola preventivamente agli interessati oppure esponendola in sede di accesso affinché tutti possano prenderne visione, dovrà aggiornare sia l’informativa stessa che il registro dei trattamenti, con riferimento alla conservazione della certificazione verde e dei dati in essa contenuti. Ricordiamo che i dati personali trattati riguardano le generalità del lavoratore nonché la validità, l’integrità e l’autenticità del Green Pass (o di una certificazione analoga che documenti l’esenzione dalla vaccinazione per motivi medici), mentre la finalità del trattamento è la prevenzione dal contagio da Covid-19.
GREEN PASS E CONSEGNA VOLONTARIA: RISCHI PER LA PRIVACY?
Tuttavia, come sottolinea sempre il Sole 24 Ore, c’è il serio rischio che la nuova possibilità della consegna volontaria del Green Pass al datore di lavoro, al fine di evitare il controllo quotidiano, mal si concili con i diktat della tutela della privacy. Proprio recentemente, con il provvedimento n. 363 dell’11/10/2021, il Garante ha affermato che il controllo delle certificazioni non deve comportare la raccolta dei dati dell’interessato in qualunque forma, ad eccezione di quelli strettamente necessari all’applicazione delle misure. Il datore di lavoro non può quindi stilare elenchi sui quali indicare i soggetti sottoposti a verifica, non può conservare il QR code dei Green Pass né estrarre lo stesso in qualsiasi altro modo oppure trattenere copie cartacee, screenshot o fotografie.
Insomma, il solito pasticcio all’italiana (si pensano norme che poi risultano inapplicabili perché vanno in contrasto con altre) che, nel caso, andrà risolto trovando il solito compromesso.