A che cosa serve il catalizzatore a tre vie, come è fatto, quali sono le sue caratteristiche e il suo ruolo nell'impianto di scarico
Dopo la sonda lambda, nella nostra rubrica di tecnica affrontiamo l’ultimo componente chiave nella lotta all’abbattimento delle emissioni: il catalizzatore a tre vie. Il catalizzatore a tre vie è fatto da un involucro in acciaio inox che contiene un corpo realizzato in due modi: con un blocco di ceramica solcato da tanti piccoli canali, con una peculiare forma a nido d’ape, oppure con tanti fogli metallici corrugati molto sottili, arrotolati uno sull’altro per formare micro canali. In tutti e due i casi sulla superficie di queste canalizzazioni viene depositato uno strato di wash-coat (un impregnante solitamente a base di allumina) che ha una superficie frastagliata in grado di aumentare l’area lambita dai gas.
Articolo aggiornato il 26 novembre 2020 alle ore 8:00
I MATERIALI “PREZIOSI” DEL CATALIZZATORE A TRE VIE
Sulla superficie del wash-coat sono depositati il platino, il palladio e il rodio; quest’ultimo favorisce la reazione di riduzione, strappando gli atomi di ossigeno (O) dagli ossidi di azoto (NOx), che in questo modo diventano innocuo azoto (N2). Dopodiché, l’ossigeno in forma ionica partecipa alla reazione di ossidazione innescata da platino e palladio, che trasforma il CO e gli HC rispettivamente in CO2 e acqua. In questo caso, un ambiente ricco di ossigeno favorisce la seconda reazione e inibisce la prima, il contrario se l’ambiente è povero di ossigeno. Per questo motivo la superficie dei canali presenti all’interno del catalizzatore deve essere molto ampia (maggiore di quella di un campo da calcio) per consentire un grande e prolungato contatto tra inquinanti e sostanze catalizzatrici.
LE TEMPERATURE DEL CATALIZZATORE A TRE VIE
In tutto questo procedimento è importante la capacità dello scarico di scaldarsi velocemente, perché inizia a convertire il 50% delle sostanze inquinanti solo a partire da un temperatura di circa 300°C e poi raggiunge il funzionamento ottimale a circa 500°C. Può sembrare un aspetto di secondaria importanza ma i cicli di omologazione prevedono la partenza a freddo, quindi i primi minuti di funzionamento possono influire drasticamente sul risultato finale. Per questo negli ultimi anni le Case auto hanno iniziato ad adottare accorgimenti come le resistenze elettriche che preriscaldando i gas di scarico o a cambiare la tecnica dei motori, con i collettori di scarico integrati nella testata (si scaldano prima) e i catalizzatori posti molto vicini al motore.
IL COEFFICIENTE D’ARIA NEL CATALIZZATORE
L’efficienza di conversione di un catalizzatore a tre vie dipende anche molto dal giusto equilibrio del coefficiente d’aria all’interno della miscela con la benzina. Se la miscela è troppo grassa aumenta l’abbattimento degli NOx ma diminuisce quello dei CO e degli HC. Al contrario, se la miscela risulta troppo magra. Ovviamente, quindi, la quantità di ossigeno è fondamentale, perché si tratta di tutte reazioni di ossidoriduzione. Così, l’efficienza della conversione catalitica risulta massima, cioè prossima all’80%, quando il rapporto aria/benzina è più vicino possibile a quello stechiometrico. Il piombo, poi, distrugge rapidamente e in modo irreversibile le sostanze catalizzanti, attaccandosi al rivestimento esterno e inibendone le attività. Per questo la benzina con il piombo non esiste più.
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