Un giornalista resta a piedi con una Tesla S e scoppia la polemica

Un giornalista resta a piedi con una Tesla S e scoppia la polemica Botta e risposta tra John Broder

Botta e risposta tra John Broder, giornalista del NYT, e Tesla Motors. Si scontrano due modi molto diversi di concepire l'auto

1 Marzo 2013 - 12:03

A John Broder, giornalista del New York Times, specialista del settore motori e test drive della celebre testata americana, bisogna riconoscere comunque il merito di esprimere, fuori dal coro e da facili condizionamenti, la propria opinione in tema di auto elettriche, posizione scomoda e controcorrente nel dilagante opportunismo e falso ambientalismo di facciata che ormai ammorba ogni aspetto produttivo.

TEST DRIVE A BATTERIE SCARICHE – Broder ha scritto qualcosa di scomodo nel suo test drive della Tesla Model S, la berlina totalmente elettrica di segmento alto che in USA viene commercializzata dal 2012 al non modico prezzo di 101 mila dollari: secondo il giornalista l'auto si sarebbe scaricata prima del previsto, lasciandolo a piedi e costringendolo a chiamare un carro attrezzi. E' bene precisare subito che la Casa costruttrice dichiara, per questo modello, una autonomia di ben 265 miglia (circa 424 Km), con batterie da 85 kW/h, ad una velocità media di 88 Km/h. Dunque si tratta di un'autonomia nettamente superiore rispetto a quanto riescono a fare le altre auto elettriche in commercio. Ciò dovrebbe consentire di intraprendere anche viaggi di medio raggio, purchè vi siano, nei percorsi prescelti, le colonnine di ricarica, preferibilmente di tipo rapido a 480 V. Tesla dichiara un tempo di ricarica rapida totale di circa 1 ora per batterie da 85 kW/h, mentre dal sito ufficiale della Casa, non risulta il tempo necessario per la ricarica normale.

FERMO SENZA PREAVVISO? – Nel corso del test, Broder, come spiega nel suo articolo, ha tenuto sempre sotto controllo in modo quasi ossessivo, l'autonomia residua indicata dalla strumentazione della vettura e la distanza reale da percorrere prima di poter effettuare una ricarica nelle stazioni indicate dalla Tesla. Questi controlli hanno sempre evidenziato delle differenze tra autonomia reale e teorica, differenze che puntualmente Broder comunicava telefonicamente agli addetti della Casa costruttrice. In una di queste telefonate, il giornalista viene tranquillizzato spiegandogli che, nel caso malaugurato il computer di bordo segnalasse zero km di autonomia, in realtà rimarrebbe ancora qualche km di percorrenza utile. Broder nel suo articolo afferma di aver adottato tutti gli accorgimenti suggeriti per minimizzare il consumo di corrente: riduce la velocità media a 54 mph, (il limite di velocità è in quelle strade di 65 mph) e limita l'uso del climatizzatore. Questo non è bastato ad evitare che la Tesla Model S del test restasse immobile con le batterie totalmente scariche prima di arrivare ad una colonnina di ricarica, segnalata da Tesla, in teoria raggiungibile con un certo margine residuo di autonomia.

LA REPLICA DI TESLA – Come prevedibile, Elon Musk, presidente e ad di Tesla Motors non ha gradito l'articolo di Broder (corredato peraltro dalla foto dell'auto sul carro soccorso, che alleghiamo) ed ha replicato al giornalista sul blog ufficiale della Casa costruttrice, arrivando ad insinuare che il giornalista abbia girato volutamente a vuoto all'interno della stazione di ricarica per far scaricare le batterie, come dimostrerebbe il controllo tecnico effettuato a posteriori sull'auto. Nella disputa è intervenuta Margaret Sullivan, “Public Editor” del New York Times, a tutela della corretta informazione dei lettori. La Sullivan, confortata dal parere di persone esperte in materia, ha preferito dare un colpo al cerchio e uno alla botte, concludendo che non vi è stata mala fede nel comportamento di Broder ma forse qualche errore di valutazione. Il giornalistà ha poi ammesso di aver girato a vuoto perché non riusciva a trovare la colonnina di ricarica.

AUTO ELETTRICA ANCORA UTOPIA? – Al di là dei batti e ribatti tra Musk e il giornalista per sostenere le proprie tesi, la vicenda dimostra, qualora ve ne fosse bisogno, che perfino nei super organizzati USA, l'uso a medio-largo raggio delle auto totalmente elettriche (anche se ad autonomia più estesa), in piena tranquillità, con la stessa praticità che caratterizza l'utilizzo dei veicoli con motore termico e senza l'assillo costante di non riuscire a portare a termine il viaggio, resti un obiettivo ancora lontano. Oggettivamente, non è accettabile pretendere che il normale utente medio, prima e durante uno spostamento, si metta a fare dei calcoli sull'autonomia reale (perché di quella teorica non c'è da fidarsi), in funzione della temperatura ambiente, della velocità di crociera, dell'uso del climatizzatore e di tutte le altre variabili, per capire se riuscirà ad arrivare alla prossima colonnina di ricarica. In questo modo si vorrebbe sovvertire il corretto concetto di fruibilità uomo-macchina, acquisito da un secolo di progresso tecnologico, secondo cui è l'automobile al servizio dell'uomo e non viceversa. Oltretutto, negli USA, l'alternativa dell'elettrico non si giustifica, come avviene da noi, a causa dell'esorbitante costo dei carburanti, visto che, nonostante gli aumenti degli ultimi anni, il prezzo della benzina è oggi in America di circa 0,79 euro al litro. In Italia neanche il GPL costa così poco. Anche noi di SicurAUTO.it, durante un recente test drive di una vettura elettrica (con autonomia ben minore), ci siamo trovati di fronte allo stesso dilemma affrontato da Broder. Però non ci siamo fidati circa la reale autonomia residua e l'eventuale presenza delle colonnine di ricarica, a Roma spesso esistenti solo sulla carta. Probabilmente abbiamo fatto bene.

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