Incredibile: il decreto RCA non piace a nessuno

Incredibile: il decreto RCA non piace a nessuno Il Parlamento dovrà esaminare una marea di emendamenti al decreto Destinazione Italia

Il Parlamento dovrà esaminare una marea di emendamenti al decreto Destinazione Italia

28 Gennaio 2014 - 05:01

In origine, a criticare il decreto Destinazione Italia (emanato a fine dicembre 2013 dal Governo Letta, rivoluziona la RCA) fu la Carta di Bologna: l'Associazione familiari vittime della Strada, il Sindacato italiano specialisti in medicina legale e delle assicurazioni, Assoutenti, il Comitato unitario patrocinatori stragiudiziali italiani, l'Organismo unitario dell'avvocatura, l'Unione avvocati responsabilità civile e assicurativa, lo Sportello dei diritti e Federcarrozzieri. Secondo queste sigle, col decreto RCA, il danneggiato ha perso il diritto di riparare l'auto dove ritiene opportuno: infatti qualora intenda farlo, rimane a suo carico la differenza tra il costo di un lavoro eseguito a regola d'arte, e a prezzi di mercato, e la minor somma che l'assicuratore liquiderà parametrandola all'indeterminato importo che asseritamente verrebbe corrisposto ad un riparatore convenzionato (risarcimento in forma specifica). Un decreto che mette così a rischio la sopravvivenza di 17.000 carrozzerie indipendenti. Ma poi, alla Carta di Bologna si sono unite altre voci.

ANCHE L'ANIA MOLTO CRITICA – Per cominciare, la stessa Ania (l'Associazione delle Assicurazioni) è molto critica con il decreto RCA. Che permette alle Compagnie di proporre agli assicurati polizze con scatola nera con costi di installazione, disinstallazione, sostituzione e portabilità a carico dell'impresa e con obbligo di riduzione del premio in misura minima prefissata. I risultati delle registrazioni degli strumenti costituiscono prova in giudizio. Scatta una riduzione significativa del premio rispetto alla tariffa stabilita per i contratti senza scatola nera. “La nostra valutazione – dice l'Ania – sulla nuova disciplina in materia di polizze abbinate a dispositivi di controllo telematico dei veicoli è critica sugli aspetti di irrigidimento dei meccanismi di mercato. Suscita in particolar modo perplessità la previsione di riduzioni minime obbligatorie dei prezzi, in quanto incoerente con i principi di libertà tariffaria e contrattuale sanciti a livello comunitario e inefficiente dal punto di vista della concorrenza”. Non solo: “Nella nostra valutazione – commenta l'Ania – l'obbligo di proposta è contrario ai principi comunitari in materia di libertà tariffaria e contrattuale e quindi impugnabile presso organismi europei. Dal punto di vista tecnico, è inattuabile per le Compagnie online e quindi configura una fortissima discriminazione nei confronti di Compagnie che servono milioni di clienti”. E in effetti, imporre sconti in un regime tariffario libero suscita diverse perplessità, perfino fra le sigle della Carta di Bologna.

L'ANEIS È CONTRARIA – L'Aneis (Associazione nazionale esperti infortunistica stradale) si scaglia contro la senatrice Simona Vicari, sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico. Che ha fortemente spinto a favore dell'emanazione del decreto in questione. SicurAUTO.it ha sentito direttamente il presidente dell'Aneis, Luigi Cipriano, che ironizza: “È bello sapere che il sottosegretario allo Sviluppo economico Simona Vicari è soddisfatta di tutte le novità sulla RC Auto introdotte, causa l'urgenza, con decreto legge”. E qui arriva la prima frecciata: “Dove sta l'urgenza? Perché un decreto?”. Non solo: “È soddisfacente sapere che l'opposizione alla norma (riparazione presso carrozzerie convenzionate e divieto di cessione del credito) da parte dei carrozzieri non trova alcuna giustificazione: tanto che importa della libera concorrenza? Che importa della sopravvivenza di migliaia e migliaia di artigiani e piccole imprese che, fino a ora, hanno contribuito con il proprio onesto lavoro a sostenere l'economia italiana?”.

LA BOCCIATURA DELLA COMMISSIONE GIUSTIZIA – Ultima solo in ordine di tempo, è arrivata la bocciatura del decreto RCA da parte della commissione Giustizia: l'articolo 8 del decreto stabilisce che quando uno dei veicoli coinvolti in un incidente risulta dotato di un dispositivo elettronico (la black box), le risultanze del dispositivo formano piena prova, nei procedimenti civili, dei fatti cui esse si riferiscono, salvo che la parte contro la quale sono state prodotte dimostri il mancato funzionamento del dispositivo. Secondo la commissione, questa norma solleva serie perplessità: “Con essa, infatti, si intende introdurre una prova legale civile, il cui superamento è possibile solo attraverso la prova, a carico della parte contro la quale tali risultanze sono prodotte, che dimostri il mancato funzionamento del dispositivo; la prova contraria appare, in realtà, di impossibile realizzazione, dal momento che la parte interessata dovrebbe provare il mancato funzionamento della scatola nera che, se collocata su veicolo della controparte, non è nella sua disponibilità”. Insomma, come fa l'assicurato a dimostrare il mancato funzionamento del dispositivo? E il risarcimento in forma specifica viene stroncato: “Non appare condivisibile poiché, di fatto, attribuisce all'assicuratore il potere di decidere le condizioni di mercato dell'autoriparazione e la conseguente riduzione dei margini di impresa determinerebbe una riduzione degli standard qualitativi e di sicurezza delle riparazioni. Vi è inoltre il rischio che la creazione di un percorso privilegiato verso le imprese fiduciarie dell'assicuratore spinga le imprese indipendenti fuori dal mercato, limitando fortemente la capacità contrattuale in questo settore. In sostanza l'artigiano carrozziere verrebbe trasformato in terzista, sotto il diretto controllo del sistema assicurativo, con il conseguente impoverimento di tutto il settore della riparazione e la conseguente minore qualità dei lavori di riparazione, con grave pregiudizio per gli assicurati”. E così, adesso, il Parlamento (che ha tempo sino al 21 febbraio 2014 per convertire il decreto in legge) dovrà esaminare una marea di emendamenti: un po' tutti vogliono cambiare il decreto. Che fine farà?

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