Il Giudice di Pace non può applicare una sanzione inferiore al minimo edittale

Il Giudice di Pace non può applicare una sanzione inferiore al minimo edittale In caso di opposizione avverso un verbale di violazione del CdS

In caso di opposizione avverso un verbale di violazione del CdS, il GdP, qualora ritenga di non annullare il ...

20 Gennaio 2011 - 06:01

Cassazione Civile – Sentenza n. 24080 del 26/11/2010 (Determinazione della pena pecuniaria da parte del GdP)

 

Nota di Carmine Perruolo (Studio Legale Uricchio/Perruolo – sito: www.zonalegale.it )

 

(Sentenza reperita su “www.semaforoverde.it”)

 

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In caso di opposizione avverso un verbale di violazione del CdS, il GdP, qualora ritenga di non annullare il provvedimento sanzionatorio,”fermo restando il principio del libero convincimento nella determinazione della sanzione, … non può applicare una sanzione inferiore al minimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata. L'art. 201, del medesimo codice, stabilisce, al comma 4, che “le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria”.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con sentenza depositata il 22 giugno 2005, il Giudice di pace di (OMISSIS) ha respinto l'opposizione proposta da B. L. R. B. A. avverso dieci verbali di contestazione della violazione di cui all'art. 7, comma 14, del codice della strada (transito abusivo in zona a traffico limitato) elevati dalla Polizia municipale di (OMISSIS) nel dicembre 2004, e tuttavia, in considerazione delle disagiate condizioni economiche dell'opponente, ha ridotto l'ammontare complessivo delle sanzioni pecuniarie ad euro 500,00, rateizzandone altresì il pagamento in cinque rate mensili.

Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso il Comune di (OMISSIS) sulla base di due motivi; l'intimata non ha svolto attività difensiva.

Con ordinanza emessa all'esito dell'adunanza in camera di consiglio del 30 settembre 2009, la Corte ha disposto la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il Comune denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 204-bis, comma 7, del codice della strada e dell'art. 201, comma 4, del medesimo codice, nonché vizio di motivazione. Il ricorrente si duole della violazione dei minimi edittali delle sanzioni, pari a euro 68,25, oltre euro 11,75 per spese di notifica per ciascuno dei dieci illeciti contestati, per un totale di euro 800,00.

Il motivo è fondato.

L'art. 204-bis, al comma 7, dispone che “fermo restando il principio del libero convincimento, nella determinazione della sanzione, il giudice di pace non può applicare una sanzione inferiore al minimo edittale stabilito dalla legge per la violazione accertata. L'art. 201, del medesimo codice, stabilisce, al comma 4, che “le spese di accertamento e di notificazione sono poste a carico di chi è tenuto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria”. L'art. 7, comma 14, nel testo vigente all'epoca delle contestate violazioni, stabiliva che la pena minima fosse di euro 68,25.

Risulta dunque evidente, sulla base della semplice lettura delle ora richiamate disposizioni, l'errore nel quale è incorso il giudice di pace, il quale, determinando per dieci violazioni dell'art. 7, comma 14, la sanzione pecuniaria in euro 500,00, ha applicato una sanzione inferiore ai minimi edittali, ai quali devono essere aggiunti, ai sensi del citato art. 201, comma 4, gli oneri di accertamento e notificazione.

Con il secondo motivo, il Comune censura la sentenza impugnata per avere disposto la rateizzazione del debito, denunciandone sia la tardività – e dunque la inammissibilità – della richiesta, contenuta non nell'atto di opposizione, ma in una memoria depositata soltanto il successivo 4 giugno, sia comunque l'illegittimità, potendo la rateizzazione essere disposta soltanto dall'amministrazione e non anche dal giudice, il quale ne ha il potere solo in caso di connessione dell'illecito amministrativo con un reato, ai sensi dell'art. 24 della legge n. 689 del 1981.

Il motivo è fondato sotto il primo e assorbente profilo.

Questa Corte ha infatti chiarito che il giudizio di opposizione a norma degli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981 si configura come giudizio di cognizione, regolato dalla normativa speciale dettata dalla legge citata, il cui oggetto è delimitato dai motivi di opposizione, che si pongono come causa petendi del suddetto giudizio e che, a norma del citato art. 22, devono essere proposti al giudice esclusivamente con ricorso entro il termine previsto dalla legge (Cass., n. 17625 del 2007; Cass., n. 6519 del 2005).

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti.

Non occorre, peraltro, fare luogo al giudizio di rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con la rettifica dell'entità della sanzione pecuniaria, con la maggiorazione delle spese di notifica, in complessivi euro 800,00, da pagarsi in unica soluzione.

Le spese processuali, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, determina l'importo complessivo delle sanzioni pecuniarie e delle spese di notifica in euro 800,00, da pagarsi senza rateizzazione; condanna l'intimata alla rifusione delle spese dell'intero giudizio, che liquida, quanto al giudizio di merito, in euro 450,00, di cui euro 50,00 per esborsi, euro 150,00 per diritti ed euro 250,00 per onorari, e per il giudizio di legittimità in euro 600,00, di cui euro 400,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge per entrambe le fasi.

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