Il “carosello” di auto ad Avezzano: evasa l'Iva per 1,6 milioni

Il “carosello” di auto ad Avezzano: evasa l'Iva per 1,6 milioni La GdF ha stroncato in Abruzzo l'attività di un'azienda che importava auto dall'estero evadendo le imposte. Un trucco ancora diffuso che fa fallire i commercianti onesti e danneggia i consumatori

La GdF ha stroncato in Abruzzo l'attività di un'azienda che importava auto dall'estero evadendo le imposte. Un trucco ancora diffuso che fa fallire i commercianti onesti e danneggia i consumatori

25 Aprile 2011 - 06:04

Nuovo capitolo della lotta contro le “frodi carosello”, ossia quelle pratiche commerciali in cui un concessionario di auto (ma il meccanismo viene spesso replicato anche per altre merci: computer, cellulari, pneumatici e altro) importa vetture dall'estero tramite società fittizie che operano evadendo l'Iva intracomunitaria. “Carosello” è divenuto il termine utilizzato per definire queste attività criminose: si riferisce al giro vorticoso di documenti fiscali che transitano da una società all'altra.

RICORSO RESPINTO – Questa volta, però, il “carosello” è finito male per chi l'ha ideato e la GdF di Avezzano (L'Aquila), in collaborazione con la Commissione Tributaria Regionale, ha scoperto il giochetto, contestando a un'azienda abruzzese l'evasione di 1,6 milioni di euro tra Iva e Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, che in questo caso era stata versata in misura inferiore al dovuto in virtù del minor volume d'affari dichiarato. Nonostante l'azienda avesse fatto ricorso per contestare i rilievi della GdF, la Commisione le ha dato torto e ha confermato l'illecito.

“CARTIERE” FANTASMA – Le società fittizie estere, spesso con sede in Inghilterra poiché Paese non soggetto alle stesse regole tributarie dell'Unione Europea e definite “cartiere” perché l'unica vera attività che svolgono è quella di intermediare le vetture producendo l'opportuna documentazione fiscale, s'interpongono tra un commerciante-fornitore estero e la società distributrice italiana. Le “cartiere” sono spesso domiciliate presso una sede costituita da una semplice casella postale estera, che può essere aperta e chiusa in brevissimo tempo. Il loro intervento consente ovviamente di rivendere i veicoli alle aziende italiane a un prezzo notevolmente inferiore a quello sostenibile se le imposte fossero state regolarmente versate. Dopo aver svolto la sua attività per un certo periodo di tempo, la “cartiera” scompare senza aver versato l'Iva.

CONCORRENZA SLEALE – Pratiche commerciali del genere, oltre a danneggiare l'erario, provocano gravi fenomeni di concorrenza sleale, poiché mettono fuori gioco i commercianti d'auto onesti che le comprano e vendono assolvendo correttamente tutti gli obblighi tributari. Non di rado, quando un commerciante d'auto decide di passare al sistema illecito servendosi delle società “cartiere”, la sua attività distrugge quella dei colleghi corretti che operano nella stessa zona, costringendoli a cessare l'attività. L'attività della GdF de L'Aquila segue di pochi giorni quella del comando di Latina, che ha stroncato un traffico di circa 600 veicoli e denunciato quattro persone per associazione a delinquere finalizzata alla truffa fiscale.

CONSUMATORI DANNEGGIATI – Le frodi “carosello” danneggiano però anche gli acquirenti delle auto usate importate. Nell'ipotesi più ottimistica, scegliere questo canale d'acquisto significa rassegnarsi, anche se la pratica d'importazione risulterà perfettamente regolare, a tempi di consegna assai più lunghi di quelli delle vetture di provenienza nazionale, poiché il venditore, per immatricolarle con targa italiana, deve assoggettarsi a una trafila burocratica complessa per i controlli che comporta. Nel caso peggiore, invece, quello di un'auto risultata poi irregolare dal punto di vista fiscale, l'acquirente finale potrebbe anche subire il sequestro di targhe e documenti di circolazione in attesa che le indagini escludano sue responsabilità, ossia il reato di incauto acquisto, quello che commette chi compra un bene senza accertarsi della sua legittima provenienza.

STRATAGEMMI – L'ultimo stratagemma messo in atto dalle aziende che evadono il fisco per complicare la vita agli inquirenti è quello di far figurare che la vettura sia stata acquistata, importata e nazionalizzata con targhe italiane direttamente dall'acquirente finale, cioè senza l'intermediazione di un commerciante. Con questa modalità, non sono necessari i particolari documenti che dimostrino il corretto versamento dell'Iva che invece devono presentare i commercianti professionisti. Questa particolare procedura è stata introdotta proprio per impedire l'evasione dell'imposta. Ma le aziende truffaldine sono presto corse ai ripari: si servono di privati compiacenti che accettano di intestarsi la vettura prima che avvenga la sua cessione all'effettivo acquirente. A quanto pare lo stratagemma è davvero l'ultimo grido in fatto di sistemi utili a evadere l'Iva intracomunitaria: il ministero delle Infrastruttura e dei Trasporti, che dispone dei dati di entrambe le tipologie di richieste d'immatricolazione d'auto provenienti dall'estero, cioè da parte di commercianto o dai privati, per ora non ha rilevato significativi incrementi delle seconde, una circostanza che, se si verificasse, fornirebbe una prova indiretta che il trucco è in fase di progressiva adozione da parte degli evasori.

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