Guida autonoma: grande opportunità o indifferenza dei clienti?

Guida autonoma: grande opportunità o indifferenza dei clienti? Tutti vogliono salire sul carro delle autonomous car ma siamo sicuri che verranno comprate? Chi non vuole guidare ha già alternative

Tutti vogliono salire sul carro delle autonomous car ma siamo sicuri che verranno comprate? Chi non vuole guidare ha già alternative

21 Giugno 2016 - 02:06

La “next big thing” dell'automotive – e non solo – sarà probabilmente la stirpe dei veicoli a guida autonoma: da loro arrivano non soltanto promesse di una maggiore sicurezza ma anche nuovi modelli di business. Diversi fattori inducono però ad una certa cautela, a a partire dal fatto che non è per nulla ovvio che gli automobilisti li compreranno in massa.

AFFARI PER TANTI? La freneticità degli annunci sulle auto a guida autonoma da l'idea di un grande fermento di idee, investimenti e business plan ma occorre probabilmente considerare il tutto cum grano salis. Questo settore è sicuramente promettente e, qualora dovesse affermarsi, porterà a sconvolgimenti profondi nell'automotive (i premi delle assicurazioni RC auto potrebbero perdere 20 miliardi per le auto “troppo sicure”). Questi veicoli potrebbero anche catalizzare investimenti (anche pubblici: il Presidente Obama ha deciso investimenti per 4 miliardi) e generare molti ritorni: ai Costruttori, ma anche ai produttori di mappe, alle industrie elettroniche, informatiche e telematiche, ai gestori delle reti cellulari e così via. La questione non è però così semplice anche perché probabilmente si parla di progetti che si trasformeranno in oggetti concreti fra diversi anni, come affermato da Peter Mertens di Volvo.

STARTUP E GIGANTI Un esempio del clima effervescente che c'è intorno alla guida autonoma può essere AdasWorks, una giovane startup ungherese che, nelle parole del suo fondatore e CEO Laszlo Kishonti, “sviluppa uno stack completo di software per le automobili self driving. Esso opera su qualsiasi piattaforma di calcolo perché processor agnostic”. Ha iniziato a raccogliere fondi nel 2015 e ad oggi ha totalizzato 8,3 milioni di dollari, contando fra i suoi investitori nomi del calibro di Robert Bosch Venture Capital e NVIDIA. Fra i progetti di AdasWorks c'è l'apertura di un ufficio nella Silicon Valley entro la fine dell'estate, per facilitare gli scambi con i giganti dell'elettronica e mettere in strada per i test almeno 2 – 3 automobili. Anche NVIDIA è fortemente impegnata nel settore: ha investito molto non soltanto nel finanziare società come AdasWorks ma anche (e soprattutto) nello sviluppo interno del Deep Learning nel contesto dei veicoli autonomi. Essa fornisce soluzioni di calcolo scalabili (la sua piattaforma top Drive PX 2, un supercomputer per le auto autonome, arriva a eseguire 24 miliardi di operazioni di deep learning al secondo e ha bisogno del raffreddamento forzato) e anche basi di dati preprogrammate e strumenti di sviluppo per facilitare la creazione di piattaforme personalizzate da parte dei Costruttori. In effetti software AdasWoks per il surrond view gira sui Drive PX montati sulle 100 Volvo XC 90 del progetto Drive Me. La società di ricerca CB Insights ha prodotto un coinvolgente grafico dell'attenzione dei media verso la guida autonoma: l'interesse stenta a decollare fino all'annuncio della discesa in campo di Google ma poi il crescendo è impetuoso e mostra, per esempio, un ripidissimo picco in corrispondenza dell'acquisto della startup Criuse da parte di GM per 1 miliardo.

ENTUSIASMI TROPPO FACILI? Eppure qualche dubbio affiora, a partire dal fatto che le automobili ad autonomia piena rimangono molto difficili da sviluppare e anche da inquadrare in un sistema normativo. I test per esempio: come le si sta sperimentando e, ancor “prima”, si sa cosa verificare in questi veicoli? Come si certifica un pilota con un esame di guida l'industria automotive ha bisogno di un insieme di norme e procedure per garantire la sicurezza dell'intelligenza artificiale che governa i veicoli autonomi. Occorreranno presumibilmente anche delle modifiche alla normativa ISO 26262, lo standard internazionale per la sicurezza funzionale dei sistemi elettrici ed elettronici nelle automobili prodotte in serie, in virtù dell'aumento esponenziale della complessità dei sistemi di questi veicoli. Rimane sul tappeto anche un'altra questione: le persone compreranno questi veicoli? Gli automobilisti abituati a guidare (che non sono quindi utilizzatori intensivi dei mezzi pubblici) perché dovrebbero diventare “ansiosi” di acquistare auto robot che saranno autonome sul serio solo su percorsi determinati (almeno fino a quando la maggior parte delle strade non saranno attrezzate)? E quelli che non guidano si potranno rivolgere ai vari servizi di ride sharing con autista (o anche senza, grazie ai veicoli autonomi) invece di comprare una driverless car (leggi come questi fenomeni potrebbero cancellare l'auto di proprietà). C'è anche l'accettazione del consumatore, che non è scontata: le driverless car potrebbero semplicemente non essere considerate per l'acquisto. In ogni caso l'industria dovrà fare i conti con un modello di acquisto e uso piuttosto diverso: meno auto ma usate di più.

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