Dopo un incidente conviene rifiutare l'alcoltest?
La Cassazione a Sezioni Unite risolve il contrasto giurisprudenziale: inapplicabili alcune pesanti sanzioni a chi rifiuta di sottoporsi all'alcoltest

La Cassazione a Sezioni Unite risolve il contrasto giurisprudenziale: inapplicabili alcune pesanti sanzioni a chi rifiuta di sottoporsi all'alcoltest
Come anticipato da Sicurauto.it già a fine agosto, sarebbe arrivata in autunno l'attesa pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Penale a risolvere il contrasto giurisprudenziale sui richiami tra la norma che punisce il rifiuto di sottoporsi ad alcol test, quella che punisce l'ebbrezza grave, e quella che introduce l'aggravante dell'incidente stradale. Le pronunce delle SSUU in verità sono due, la 46624 e la 46625, entrambe del 24.11.2015, ma è sostanzialmente la seconda che comporta notevoli conseguenze, potenzialmente anche culturali e/o legislative, sul caso dell'automobilista ubriaco che causi un incidente stradale. La sentenza 46624/15, pur svolgendo argomentazioni simili, si occupa solo della sanzione della quantificazione sospensione della patente in chi rifiuta di fare l'alcoltest, ovvero del suo eventuale raddoppio. Non ce ne occuperemo. Secondo la sentenza 46625/15, invece, non potendosi applicare il comma 2bis dell'art. 186 C.d.S., se anziché di ebbrezza grave c'è rifiuto di alcoltest, vengono meno raddoppio delle pene, fermo amministrativo del veicolo (dove non c'è confisca), ma soprattutto revoca della patente e divieto di accesso agli LSU. Gli Ermellini respingono così la posizione del Procuratore della Repubblica, secondo il quale questa strada introduce una “improvvida premialità” per chi si rifiuta di sottoporsi al test.
LA QUESTIONE DA DIRIMERE: IL RIFIUTO E L'AGGRAVANTE DEL COMMA 2BIS – La sentenza n. 46625/15 si è pronunciata sulla seguente questione di diritto: “Se la circostanza aggravante prevista dall'art. 186, comma 2bis, C.d.S., in riferimento al reato di guida in stato di ebbrezza, sia applicabile di cui all'art. 186, comma 7, C.d.S..” Traducendolo per i non addetti ai lavori, la questione è se la norma che punisce il rifiuto di sottoporsi ad alcoltest, permetta, in caso di incidente stradale, l'applicazione dell'aggravante appositamente prevista per i soli casi di ebbrezza grave. Tornando alle norme, tutte contenute dall'art. 186 C.d.S. sulla guida sotto l'influenza dell'alcool: il comma 7 dice che se ti rifiuti si applica il comma 2, lett c), che prevede pene pesanti per chi guida con 1,5 o più g/l di alcol nel sangue; se poi hai provocato incidente stradale, detto comma 2, lett c) è richiamato a sua volta dal comma 2bis, che prevede pene gravissime, tra cui spiccano la revoca della patente e il divieto di accedere ai lavori socialmente utili in luogo della condanna penale (per un ulteriore richiamo del comma 9bis). E se mi rifiuto di fare il test e vengo punito come “ubriaco ex lege”, che si fa con l'aggravante dell'incidente stradale? Si applica equiparando totalmente l' “ubriaco ex lege” all'ubriaco accertato? O per farlo era necessaria una previsione esplicita?
IL PROCURATORE GENERALE E IL RISCHIO DI “IMPROVVISA PREMIALITA'” – Il ricorso per Cassazione era stato proposto dal Procuratore Generale della Repubblica, il quale davanti a una sentenza del Tribunale di Macerata che aveva ritenuto inapplicabile l'aggravante dell'art. 186, comma 2 bis, C.d.S. al caso di un rifiuto di sottoporsi all'alcoltest, aveva ammonito sul fatto che il sistema dovesse interpretarsi alla luce di una “logica di chiusura ad una improvvida premialità per l'atteggiamento di resistenza del conducente”. La IV sezione penale del Palazzaccio aveva poi rimesso la questione alle Sezioni Unite. Ma il ragionamento degli Ermellini si fa vasto e tocca svariati aspetti della normativa, che ha generato, sul piano ermeneutico, una moltitudine di indirizzi interpretativi, a causa della caoticità degli interventi del legislatore.
LA RISPOSTA DELLA CORTE – Gli argomenti utilizzati dalla Suprema Corte per la soluzione della questione sono stati i seguenti:
- Il piano testuale è tale, da escludere che il richiamo di cui al 186 comma 7 volesse ricomprendere anche l'aggravante del comma 2bis.
- Vi è una diversità ontologica tra le due condotte, quella di causare incidente stradale con ebbrezza grave accertata, e quella di causare un incidente stradale con ebbrezza grave non accertata, ma ipotetica, per il rifiuto dell'alcoltest. Sotto questo profilo gli Ermellini vanno a fondo, ricordando come le due fattispecie di reato (ebbrezza grave e rifiuto di sottoporsi ad alcoltest) sono talmente distinte che non è sbagliato ipotizzarne il concorso. In altre parole se le forze dell'ordine procedono con l'alcoltest, e il conducente fermato si rifiuta, non è preclusa comunque la contestazione della violazione dell'art. 186 attraverso gli accertamenti qualitativi o le prove previste dal comma 3.
- Il sovrapporsi di interventi legislativi, volti a calibrare le sanzioni, che ha investito proprio il comma 7 dell'art. 186, relativo al rifiuto di sottoporsi ad alcoltest, è suggestivo di una volontà del legislatore di non operare un richiamo all'aggravante dell'incidente stradale. Altrimenti lo avrebbe fatto in una delle 3 riforme della normativa (2007, 2008 e 2010). L'istituto punitivo del rifiuto di sottoporsi ad alcoltest è infatti passato attraverso una depenalizzazione nel 2007, per poi essere riformulato nel 2008, con nuova inclusione nell'alveo dei reati penali della condotta predetta, senza contare che la riforma del 2010 è stata profonda e ha incluso quella possibilità di avvalersi dei servizi socialmente utili di cui al comma 9bis, che entra nel gioco dei richiami tra ebbrezza vera ed ebbrezza presunta, visto che l'aggravante dell'incidente stradale, se applicabile, preclude l'accesso a questo istituto dell'imputato.
IL PRINCIPIO DI DIRITTO E LE CONSEGUENZE PRATICHE – Attraverso queste argomentazioni, le Sezioni Unite giungono alla formulazione del seguente principio di diritto: “La circostanza aggravante di aver provocato incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all'accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza”. Insomma, a chiare lettere, si scrive la parola fine sul dibattito. Questo che significa, in termini pratici? Significa che un automobilista che causa un incidente stradale e sa di essere molto sopra la soglia alcolemica di legge, ha convenienza a rifiutarsi di fare l'alcoltest. Questo gli consentirà, per quanto debba subire le gravi sanzioni dell'art. 186, comma 2, lett. c), di sfuggire a due delle più temute, ovvero quella della revoca della patente, e quella, indiretta, di non poter commutare la pena in giorni e ore di lavori socialmente utili. Non sfuggirà alla confisca, che è prevista dal comma 2, lett. c), espressamente richiamato.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE – Il caso del raccordo difettoso, o comunque ambiguo, tra la norma che punisce il rifiuto di fare l'alcoltest e la norma che punisce la guida sotto ebbrezza grave, è paradigmatico di come l'urgenza e la fretta del legislatore possano produrre crepe nel sistema. Benchè le Sezioni Unite oggi scrivano che il Legislatore, se avesse inteso richiamare l'applicabilità dell'aggravante dell'aver provocato incidente stradale, anche per il caso del rifiuto dell'alcoltest, lo avrebbe fatto, in verità è probabile che il problema del raccordo tra le tre norme (comma 7, 2 lett. c, e 2bis) sia passato inosservato fra le varie stesure del dettato normativo. Sembra infatti un po' forzata la tesi che le due fattispecie di reato siano cumulabili in concorso. Si dovrebbe ipotizzare che le Forze dell'Ordine chiedano all'automobilista di fare prove di sobrietà, poi sentendo il solito “alito vinoso”, gli chiedano di sottoporsi all'alcoltest, e infine, visto il rifiuto, contestino sia l'ebbrezza che il rifiuto. E' allora vero, come ha scritto Maurizio Caprino su Il Sole24ore, che la Corte sembra incoraggiare quegli accertamenti qualitativi (andamento barcollante, alito vinoso, eloquio confuso etc), che invece, a parere di chi scrive, dovrebbero essere il più possibile limitati, non potendosi fare affidamento su metodi di controllo così arbitrari e soggettivi. Forse invece, prima di “gridare all'impunito”, bisogna avere la pazienza di aspettare che le norme trovino il loro assetto nel sistema, dopo che negli anni se ne appianano, con il grande lavoro ermeneutico, le spigolosità. E comunque, se il Legislatore lo vorrà, per superare questa apparente disparità di trattamento tra l'ubriaco grave e chi si rifiuta di fare il test, basterà aggiungere qualche parola al comma 7 dell'art. 186 C.d.S..
Vedremo cosa succederà.