Dieselgate: prima condanna USA a 3 anni per ex ingegnere Volkswagen
Dopo due anni dal dieselgate cominciano ad arrivare le prime condanne: James Liang il primo di otto manager finiti sotto accusa

Dopo due anni dal dieselgate cominciano ad arrivare le prime condanne: James Liang il primo di otto manager finiti sotto accusa
40 mesi di carcere e 200.000 dollari di multa. Questa la prima condanna per uno degli otto manager accusati di essere stati i fautori dello scandalo del dieselgate, truccando i risultati sui consumi e l'inquinamento dei motori diesel del Gruppo Audi Volkswagen negli USA. James Liang, ingegnere tedesco della Volkswagen, essendosi riconosciuto colpevole dovrebbe evitare il processo, in cambio però dovrà comunicare ogni minimo dettaglio della truffa messa in piedi negli USA – ma che sta avendo ripercussioni anche in Europa, come ad esempio la class action avviata proprio in Italia e della quale ve ne abbiamo parlato qui -, un altro grosso problema per il colosso tedesco, dopo gli oltre 20 miliardi di dollari tra multe e risarcimenti legali.
SVILUPPO DEL SOFTWARE E INSABBIAMENTO DEI DATI James Liang, che lavorava dal 1983 in Volkswagen, è stata una delle menti dietro lo sviluppo del famigerato software (le slide nella fotogallery spiegano come agiva) che truccava i risultati delle emissioni dei motori 2.0 e 3.0 TDI del Gruppo. Il giudice federale Sean Cox di Detroit ha sottolineato come “questo è un crimine molto grave ed inquietante contro il nostro sistema economico”. La pena, che inizialmente era di 3 anni e 20.000 dollari, è stata inasprita proprio per questi motivi, forse anche per spingere le figure di spicco coinvolte a collaborare il più possibile con le autorità. Non solo la progettazione del software, ma anche un meticoloso lavoro di insabbiamento è l'accusa rivolta all'ingegnere tedesco: “Liang e i suoi complici elaborarono una strategia per continuare a nascondere il più a lungo possibile”, il tutto confermato da una serie di mail tra alcuni dipendenti Volkswagen e lo stesso Liang.
C'È UN ITALIANO TRA I DIRIGENTI Come dicevamo, Liang è solo il primo di otto dirigenti coinvolti, tra i quali figura anche un italiano, Giovanni Pamio, manager di Audi. L'accusa da parte delle autorità statunitensi è quella di associazione a delinquere, frode e violazione della normativa Clean Air, avendo dato ordine di manomettere i test sulle emissioni. Pamio era a capo dell'area termodinamica nel dipartimento di sviluppo dei motori diesel di Audi a Neckarslum in Germania e, sempre secondo l'accusa, sarebbe stato lui a dirigere i tecnici dell'Audi nel progettare e implementare funzioni software per ridurre le emissioni durante i test sui motori diesel di Audi, Volkswagen – alle quali si è aggiunta da pochissimo Porsche, come vi avevamo raccontato in questo nostro approfondimento.
SOLO UNO ANCORA IN CARCERE Altro nome di spicco nello scandalo del dieselgate è quello di Oliver Schmidt, ai tempi a capo della divisione che si occupa della conformità normativa delle vetture del Gruppo e che avrebbe avuto un ruolo centrale nel dieselgate. Fermato lo scorso gennaio, Schmidt è l'unico tra gli otto dirigenti a stare ancora in carcere, nonostante la sua ammissione di colpa. L'ex direttore della conformità rischia una pena di circa sette anni di carcere. Un personaggio in vista del Gruppo, tanto che, appena scoppiò lo scandalo, venne prontamente richiamato nella sede centrale di Wolfsburg per poter interagire con le agenzie mondiali che si occupano di questioni ambientali, salvo poi essere stato preso in custodia una volta tornato in America.