DeepDrive: i big della guida autonoma scommettono su Berkeley

DeepDrive: i big della guida autonoma scommettono su Berkeley L'Università di Berkeley lavorerà con Case auto e giganti dell'elettronica: i ricercatori aiuteranno a prevedere gli incidenti della guida autonoma

L'Università di Berkeley lavorerà con Case auto e giganti dell'elettronica: i ricercatori aiuteranno a prevedere gli incidenti della guida autonoma

24 Marzo 2016 - 11:03

“Insieme si vince” è più o meno il motto che utilizzano le aziende quando si tratta di abbattimento costi e traguardi tecnologici: condividere il knowhow – le informazioni e la conoscenza, letteralmente il “sapere come (fare)” – permette di arrivare ad obiettivi di rilievo in meno tempo e spendendo meno risorse, ottenendo quindi benefici tangibili. Applicare questo concetto alla guida autonoma significa far lavorare a stretto giro realtà diverse ed a volte concorrenti, ma con la possibilità di ottenere risultati determinanti. Le strade comunque sono diverse e c'è chi preferisce comprare le startup, come GM (leggi l'accordo da 1 miliardo di dollari tra GM e Cruise Automation), e chi punta sulle università: il progetto DeepDrive prende il via, con tanti investitori.

LE MENTI FRESCHE DELL'UNIVERSITA' Il progetto di sviluppo di guida autonoma DeepDrive è partito dall'Università di Berkeley sotto la guida del docente Trevor Darrell, e da una parte vede gli studiosi e ricercatori dell'università nel ruolo di sviluppatori, mentre dall'altra ci sono colossi automobilistici come Volkswagen, Ford e Toyota, e del mondo elettronico-informatico come Samsung, Nvidia, Panasonic e Qualcomm, nel ruolo di investitori. Questo genere di collaborazione e sfida non potrà che mettere in ottima luce laureati e ricercatori, menti fresche ed al passo con i tempi che, com'è giusto che sia, hanno una visione della tecnologia più completa e naturale rispetto ai colleghi più anziani di qualche generazione.

DARE E AVERE, QUALI SONO I CONTRIBUTI Sul piatto della bilancia di questa partnership i costruttori metteranno a disposizione tutte le conoscenze finora acquisite in tema di guida autonoma, come i dati ottenuti da Audi con il programma PilotedDriving (l'A7 ha percorso 900 km senza conducente, ne parliamo qui) e con il lancio in pista della RS7 (leggi com'è andato l'esperimento), oppure le sperimentazioni portate avanti da Toyota. Sarà una mole non indifferente di dati da analizzare per i ricercatori di Berkeley, che a loro volta metteranno a disposizione il proprio tempo e le proprie conoscenze nello sviluppo di software adatti a lanciare da sola l'auto su strada. I colossi di informatica e consumer electronics invece saranno un valido aiuto in termini tecnici, con Nvidia che, ad esempio, ha fornito del materiale di supporto, ed economici, con un gettone di 300.000 dollari l'uno.

QUAL E' IL TRAGUARDO A Berkeley, secondo gli accordi, non solo si impegneranno per lo sviluppo del software ma saranno coinvolti anche nelle dimostrazioni di utilizzo nel mondo reale. I punti chiave della ricerca convergeranno nel raggruppare una serie di situazioni tipo riscontrabili tutti i giorni in strada, così come un occhio di riguardo sarà dato ai pedoni: essendo una delle variabili che più potrebbe mettere in crisi un sistema del genere penseranno a come innanzitutto rilevarli, poi a come prevederne le reazioni in diversi contesti – probabilmente cercando di sfruttare le conoscenze sul linguaggio del corpo – ed infine a come scongiurare un pericolo.

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