Pedone investito al buio senza giubbotto riflettente: colpa sua?
Accolto il ricorso dell'automobilista condannato per omicidio colposo per aver investito un pedone senza giubbotto retroriflettente

Accolto il ricorso dell'automobilista condannato per omicidio colposo per aver investito un pedone senza giubbotto retroriflettente
La quarta sez. penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35834, depositata il 30.8.2016, accoglie il ricorso di un automobilista condannato per omicidio colposo, per aver investito e sbalzato contro un altro veicolo un pedone che circolava nello stesso senso di marcia senza il giubbotto prescritto dalla legge. Mentre i giudici di merito avevano dato risalto alla velocità eccessiva e alla mancata accensione dei fari abbaglianti data la scarsa visibilità in quel tratto di strada, la Suprema Corte attribuisce un peso decisivo al comportamento del pedone, che camminando nello stesso senso di marcia dei veicoli e omettendo di indossare il dispositivo previsto dalla legge per segnalare la propria presenza, ha messo in atto una condotta talmente anomala e imprevedibile, da costituire da sola la causa dell'evento, o comunque da rendere impossibile muovere un rimprovero all'investitore. Il processo dovrà quindi ripartire dalla Corte d'Appello di Salerno, in diversa composizione.
SCENDE PER CERCARE UN DISTRIBUTORE, POI IL TRAGICO EPILOGO La vittima era rimasta senza benzina, una distrazione che gli è costata la vita. Sceso dall'auto per cercare un distributore, commetteva una seconda imprudenza, non indossando il giubbotto riflettente che lo evidenziasse nel buio ai veicoli in transito, imposto dall'art. 162, co. 4 C.d.S.. Infine, al momento dell'incidente, stava percorrendo una corsia di decelerazione nello stesso senso di marcia dei veicoli in possibile transito, anziché camminare sempre in senso inverso, come prescritto dall'art. 190 co. 2 C.d.S.. Sulla predetta corsia di decelerazione giungeva quella notte una macchina, che sembra andasse troppo veloce e senza abbaglianti accesi, la quale scaraventava a terra il pedone facendolo travolgere da un veicolo che sopraggiungeva in senso inverso. Il Tribunale di Matera e Corte d'Appello di Potenza condannavano l'automobilista primo investitore del pedone per omicidio colposo, ai sensi dell'art. 589 c.p., in quanto responsabile della violazione delle comuni regole di prudenza indicate generalmente dall'art. 141, co. 2 e 3, C.d.S.. Ma ora gli Ermellini rimettono in gioco tutto.
CIO' CHE CONTA E' LA PREVEDIBILITA' DELLA CONDOTTA DELLA VITTIMA La difesa dell'automobilista condannato si incentrava sulle responsabilità del pedone. Come già scritto più sopra, non è difficile riscontrare violazioni del codice della strada in un automobilista che, rimasto in panne, prosegue a piedi senza indossare i dispositivi di sicurezza richiesti (giubbotto riflettente) e senza camminare in senso opposto ai veicoli in marcia. Il punto è se tale condotta potesse essere considerata la causa esclusiva del tragico evento, o se all'automobilista potesse essere comunque mosso un rimprovero. La Suprema Corte, a tal proposito, critica la decisione presa in appello, che non avrebbe analizzato a sufficienza la “causalità della colpa”. Pone dunque l'accento sulla mancata indagine della possibilità concreta per l'agente (nel senso di colui che agiva) di tenere una condotta diligente e tale da evitare l'evento. L'evitabilità dell'evento chiama in causa la prevedibilità della condotta della vittima. La Corte d'Appello avrebbe dovuto chiarire se fosse possibile per l'investitore prevedere e dunque prevenire con una condotta più appropriata, la presenza di un pedone non visibile in quel tratto di strada buia e dunque indagare se il comportamento diligente dell'imputato avrebbe evitato l'evento. La regola di condotta che la Corte d'Appello ha assunto come violata, ovvero l'art. 141 C.d.S., non sarebbe infatti applicabile in presenza di un comportamento totalmente imprevedibile, e il comportamento del pedone nel caso di specie, ben potrebbe configurare una siffatta ipotesi. In base a queste considerazioni, gli Ermellini accolgono il ricorso e rinviano alla Corte d'Appello di Salerno, che dovrà concentrarsi sulla prevedibilità della condotta della vittima, e non sulle generiche violazioni dell'investitore.
IL VECCHIO LUOGO COMUNE CHE IL PEDONE HA SEMPRE RAGIONE Se è vero che in Italia 1 automobilista su 2 non rispetta i diritti dei pedoni – leggi qui l'indagine dell'ASAPS, è pur vero che è convinzione diffusa che in caso di urto la colpa sarà sempre dell'automobilista. In realtà in numerosi casi la responsabilità dell'automobilista viene esclusa (leggi qui un caso analogo a quello in commento). Indubbiamente chi si pone alla guida di una vettura ha grosse responsabilità, considerando anche che se un pedone ci rimette le penne basta una percentuale di colpa qualunque per finire condannati per omicidio colposo, non è necessario essere l'esclusivo responsabile. E' fuor di dubbio anche che la carenza di educazione stradale è forse maggiormente grave se riguarda gli utenti deboli della strada, come i pedoni e i ciclisti, che in caso di collisione rischiano danni gravissimi anche a basse velocità. Che i pedoni abbiano degli obblighi, oltre che dei sacrosanti diritti quando sono per la strada, è fatto poco noto alla generalità degli italiani, e sarebbe sicuramente opportuno moltiplicare quanto più possibile le informazioni, anche con campagne ad hoc, per mettere in guardia un popolo atavicamente poco avvezzo al rispetto delle regole, anche quando c'è in gioco la propria vita.