Autoscuole: l'Antitrust vuole più concorrenza

Autoscuole: l'Antitrust vuole più concorrenza Il Garante richiama l'attenzione di Parlamento e Governo sul corretto funzionamento del mercato delle autoscuole

Il Garante richiama l'attenzione di Parlamento e Governo sul corretto funzionamento del mercato delle autoscuole

20 Novembre 2013 - 05:11

L'Antitrust si rivolge alle istituzioni. Per la precisione, in materia di mercato delle autoscuole, richiama l'attenzione del Parlamento e del Governo in merito alle distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento di quel settore. È tutto scritto nel bollettino numero 45 del 18 novembre 2013. La segnalazione del Garante riguarda il Codice della strada, modificato dall'articolo 20 della legge 29 luglio 2010. Questo stabilisce che l'autoscuola deve svolgere l'attività di formazione dei conducenti per il conseguimento di patente di qualsiasi categoria, possedere un'adeguata attrezzatura tecnica e didattica e disporre di insegnanti e istruttori riconosciuti idonei dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, che rilascia specifico attestato di qualifica professionale. “Qualora – dice la norma – più scuole autorizzate si consorzino e costituiscano un centro di istruzione automobilistica, riconosciuto dall'ufficio competente del Dipartimento per i trasporti terrestri”. E, per legge, queste autoscuole possono demandare, integralmente o parzialmente, al centro di istruzione automobilistica la formazione dei conducenti per il conseguimento di tutte le categorie di patenti, anche speciali, fatta eccezione per quella di categoria B, e dei documenti di abilitazione e di qualificazione professionale.

OSTACOLO ALL'INGRESSO DEI COMPETITOR – Secondo il Garante, queste norme sono suscettibili di reintrodurre ingiustificati ostacoli all'ingresso nel mercato delle autoscuole, ponendosi in contrasto con le iniziative di liberalizzazione che caratterizzano le politiche economiche nazionali e comunitarie degli ultimi anni e, in particolare, con la Direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno. Infatti, l'accesso e l'esercizio delle attività di servizi costituiscono espressione della libertà di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a limitazioni non giustificate o discriminatorie. Va sempre seguito, dice l'Antitrust, il principio di libertà di impresa e di contestuale garanzia della concorrenza.

UN GARANTE… POLEMICO – L'Antitrust fa notare più volte che questa è la seconda segnalazione in materia: l'Autorità intende ribadire che l'obbligo per le autoscuole di svolgere corsi per il conseguimento di tutte le categorie di patente di guida, pur a fronte della facoltà riconosciuta alle autoscuole autorizzate di costituire consorzi per la realizzazione di “centri di istruzione automobilistica” in tal modo ripartendo i costi di gestione dei relativi parchi automezzi, rappresenta una significativa barriera amministrativa all'accesso nel mercato in esame, non giustificata dal perseguimento o dalla tutela di rilevanti interessi pubblici. “Al riguardo – dice il Garante -, si evidenzia che le sempre più numerose denunce che pervengono da parte di titolari di autoscuole agli all'Autorità, dimostrano che la norma introdotta nel 2010 non ha risolto le problematiche concorrenziali del settore interessato. In particolare, tale norma, nell'obbligare i nuovi operatori del settore ad organizzare i corsi per tutte le patenti di guida e quindi a dotarsi dell'intero parco di automezzi necessari per la relativa istruzione pratica (autovetture, motocicli, autocarri, autobus ecc.), in alcuni casi conduce la singola impresa non consorziata alla cessazione dell'attività per l'eccessiva onerosità dei costi di gestione”. In altri casi, esclude spesso i nuovi entranti dal novero dei soggetti consorziati, costituiti dalle autoscuole già attive sul mercato, che non sempre hanno interesse a condividere i costi di acquisto e manutenzione del parco automezzi con nuovi concorrenti. Le criticità della norma, conclude il Garante, non sono risolte dalla possibilità di creare consorzi tra più autoscuole presenti nel medesimo mercato geografico, potendo gli stessi generare fenomeni di coordinamento anticoncorrenziale tra le stesse. Pertanto, in base a quanto sopra ribadito, l'Autorità auspica ancora una volta la revisione in senso pro-concorrenziale delle disposizioni contenute nel Codice della strada, consentendo agli operatori attivi nel mercato delle autoscuole di determinare autonomamente ed in via facoltativa le categorie di patente di guida per le quali organizzare e offrire i relativi corsi.

L'OPINIONE DI CONFARCA – Per approfondire la questione, abbiamo chiesto il parere di Marco Palma, segretario nazionale autoscuole della Confarca, Confederazione autoscuole riunite e consulenti automobilistici (che comunque è pur sempre parte in causa). Palma ci ha spiegato che, fino ad aprile 2007, l'attività di autoscuola era regolamentata attraverso un contingentamento che consentiva l'apertura di attività di istruzione alla guida solamente nelle località in cui non fosse stata presente almeno una autoscuola ogni 15.000 abitanti. Con la legge 40 del 2 aprile 2007, il settore delle autoscuole ha subìto una deregolamentazione attraverso un decreto legge, la quale, con un colpo di spugna, ha liberalizzato l'intero settore. Da quella data e fino al 13 agosto 2010, chiunque ha potuto intraprendere e avviare l'attività di autoscuola. “L'aumento indiscriminato di nuove aperture – dice Palma – stava mettendo a serio rischio anche le autoscuole già esistenti: era possibile poter scegliere sia l'attività di istruzione alla guida per soli motocicli e autovetture (autoscuole di tipo B) sia di tutte le tipologie di patenti (autoscuole di tipo A)”. Per effetto dell'entrata in vigore della legge 120 del 29 luglio 2010, l'articolo 123 del Codice della strada è stato modificato al comma 7. Che ha quindi introdotto l'obbligatorietà e la sola possibilità per i soggetti interessati all'avvio dell'attività di autoscuola, di istruire alla guida di tutte le categorie di patenti.

QUESTIONE DELICATA – Secondo il segretario Confarca, quella era ed è tuttora una norma volta a tutela di chi si era ritrovato improvvisamente senza alcuna salvaguardia, anche riguardo alla valutazione di avviamento dell'impresa. Che altrimenti sarebbe venuta a mancare. Infatti, “la scellerata scelta della politica di allora aveva di fatto azzerato il valore economico di una azienda, presente magari anche da diversi anni sul mercato. Ritengo del tutto fondate le osservazioni del Garante. Ma altrettanto fondate lo sono le ragioni di chi prima dell'entrata in vigore della liberalizzazione del settore, ha creduto nell'attività che stava per intraprendere e su di essa ha investito in misura importante sia economicamente sia personalmente”. La chiosa di Palma: “L'attività di autoscuola, la cui differenza rispetto ad altre attività produttive sta nel fatto che risulta prevalente la finalità di servizio di pubblica utilità, non avrebbe mai dovuta essere una attività liberalizzata”.

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2 Commenti

gian
14:28, 20 Novembre 2013

Molto interessante e corretta la risposta della Confarca ma si sono dimenticati che lo Stato Italiano, sempre con l'art.20 della L.120/2010, ha anche tolgo la facoltà di effettuare gli esami con tutte le lingue straniere; per cui, quelle autoscuole che sono entrate nel 2007 (legge 40/07 “legge Bersani”) ed hanno fatto dei business plan con un certo tipo di numeri (molto alti perché tanti straniere erano invogliati a fare la patente in Italia) ed hanno concordato dei finanziamenti con un certo tipo di rate (alte) per restituirli in poco tempo (media 5 anni), dopo 3 anni (dal 1.1.2011) hanno visto crollare il loro fatturato del 70% circa e non riuscire più ad onorare le pianificazione concordate con le banche (soprattutto le giovani imprese) e non sono più riuscite a pagare le rate stabilite con enormi contenzioni con le banche stesse e con Equitalia (non si pagavano più i contributi ai dipendenti professionali perché sono stati i primi a saltare). Questo ha comportato la distruzione di quanto aperto prima con la legge Bersani, ha creato una falsa liberalizzazione ed ha danneggiato l'immagine generale del settore con prestazioni essenziali, senza passione e professionalità in molti casi.Infatti, dal 2011 sono aumentate le situazione di anarchia (stranieri beccati con oricolari all'esame con complici compiacenti) ed illegali (patenti acquistate sottobanco: vedi cinesi a Napoli che poi vanno a fare le guide nelle autoscuole con la patente “falsa”), ovvero stranieri bocciati clamorosamente all'esame di revisione perchè non capiscono l'italiano, ecc..Perché quindi l'Autorità non ripristina quanto richiesto dal mercato: esame bi-lingua e libertà formativa ma solo tramite attori professionali che elevano le statistiche della qualità della vita sulla strada, che in questo periodo di crisi potrebbe ristabilire un pò di liquidità per sanare un settore martoriato da comportamenti scellerati dai nostri politici impreparati e compiacenti a logiche di potere!I vantaggi di eliminare i privatisti sarebbe quello di non creare conducenti impreparati sulle strade, più prefessionalità, meno corruzione e/o concussione e si abbasserebbero ulteriormente i prezzi come vorrebbe l'Antitrust?.

andrea
18:34, 30 Maggio 2014

ogni opinioni e valida , ma ad oggi credere che un autoscuola possa essere idonea a far conseguire tutte le patenti è impossibile ,i consorzi sono un ottima forma per sopperire a questa mancanza ma azzerano la concorrenza, il mio parere e che il sistema va rivisto , si deve cercare di liberalizzare il più possibile in modo da avere un vasto numero di autoscuole sul territorio , altrimenti con il sistema attuale solo nei grandi centri conviene avere un autoscuola , la soluzione forse e eliminare il privatismo e aumentare le ore di formazione, in questo modo le autoscuole oneste riuscirebbero a lavorare anche con pochi allievi, questo permetterebbe anche a piccoli paesi di avere la propria autoscuola , con l'unico vincolo di formare in maniera idonea l'allievo per la cui categoria di patente ha deciso di esercitare.

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