L'ex youtuber Matteo Di Pietro uccise bimbo con un Suv lanciato a 124 km/h ma farà zero giorni di carcere. È giusto?
È giunta oggi la conferma di ciò che si sapeva da un mese: Matteo Di Pietro, il ventenne youtuber del collettivo The Borderline, è stato condannato a 4 anni e 4 mesi per i reati di omicidio stradale aggravato e lesioni stradali aggravate a seguito dei noti fatti avvenuti lo scorso 14 giugno in zona Casal Palocco, che portarono alla morte di un bimbo di 5 anni e al ferimento della madre e della sorellina. Come era nelle previsioni, il GIP di Roma ha accettato la richiesta di patteggiamento avanzata dai legali del giovane, che alla fine della fiera si traduce in zero giorni complessivi di carcere. Troppo poco, forse, anche senza cadere nella facile trappola del giustizialismo.
OMICIDIO STRADALE CASAL PALOCCO: LA DINAMICA DEI FATTI
Come probabilmente ricorderete, Matteo Di Pietro era al volante di un Suv Lamborghini Urus preso a noleggio quando andò a impattare violentemente contro una Smart ForFour con a bordo il piccolo Manuel di 5 anni, che morì sul colpo, e la madre e la sorellina, rimaste ferite in modo non grave. Nell’ordinanza cautelare emerse che l’auto condotta da Di Pietro, a bordo della quale sedevano altre quattro persone che stavano effettuando riprese con il cellulare per una challenge sui social, viaggiava a oltre 124 km/h immediatamente prima della collisione con la piccola Smart in una strada urbana con limite di velocità fissato a 50 km/h.
La maxi consulenza disposta successivamente dalla Procura di Roma ha accertato che, in base ai dati del Gps, “il Suv al momento di imboccare via di Macchia Saponara alle ore 15:38 si fermava. Dopo avere imboccato la strada riprendeva velocità raggiungendo in soli 14 secondi i 124 km/h immediatamente prima dell’impatto. L’assenza di tracce di frenata dimostra verosimilmente che la decelerazione improvvisa e rapidissima è stata conseguenza dell’avvistamento dell’auto in prossimità del punto in cui si è verificato l’incidente“.
Nell’ordinanza del GIP si legge inoltre che Di Pietro aveva preso a noleggio il potente Suv con “l’unico ed evidente fine di impressionare e catturare l’attenzione dei giovani visitatori del web per aumentare i guadagni della pubblicità, a scapito della sicurezza e della responsabilità, e di conseguenza a procedere a una velocità superiore ai limiti indicati. Tanto più che alcuni dei passeggeri presenti all’interno della Lamborghini avevano più volte invitato a ridurre la velocità che percepivano eccessiva rispetto al limite dei 50 km/h”.
COSA PREVEDE L’OMICIDIO STRADALE E PERCHÉ DI PIETRO HA AVUTO UNA CONDANNA MITE
In pratica un bambino di 5 anni è morto per una stupida bravata, tuttavia il responsabile non si farà nemmeno un giorno di carcere, nonostante il reato di omicidio stradale (art. 589-bis del Codice penale), con l’aggravante di procedere in un centro urbano a una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, preveda una pena di minimo 5 anni. Senza contare che, sempre in base all’art. 589-bis, se il conducente cagiona la “morte di una persona e lesioni a una o più persone” si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo. Invece subito dopo il fatto Di Pietro se l’è cavata con i domiciliari. E adesso la sentenza, arrivata previo patteggiamento, lo ha condannato definitivamente a 4 anni e 4 mesi che però non sconterà in carcere ma attraverso misure alternative come i servizi sociali. In più gli è stata disposta la revoca della patente.
MATTEO DI PIETRO ZERO GIORNI DI CARCERE: GIUSTE LE ATTENUANTI MA COSÌ L’OMICIDIO STRADALE HA POCO SENSO
Intendiamoci, non vogliamo assolutamente mettere in discussione l’ordinamento giuridico italiano, che contempla, anche giustamente, procedimenti come il patteggiamento, gli arresti domiciliari, la sospensione condizionale della pena e le attenuanti generiche. Se il GIP di Roma ha concesso a Matteo Di Pietro il patteggiamento con pena ridotta, avendogli riconosciuto le attenuanti generiche in quanto incensurato e preso atto del suo pentimento (vero o di circostanza lo sa solo lui), ha solamente applicato la legge. Resta il fatto che per l’ennesima volta si finisce con l’annacquare il reato di omicidio stradale, introdotto nel 2016 proprio per combattere quella sorta di impunità che copriva i responsabili di incidenti stradali mortali con colpe gravi, ma che di fatto risulta anch’esso ‘aggirabile’ in punta di diritto. Insomma, chi causa la morte di altre persone guidando in modo irresponsabile continua ad avere ottime possibilità di farla franca.
DI PIETRO SI IMPEGNERÀ IN PROGETTI PER LA SICUREZZA STRADALE
Va comunque segnalata l’estrema dignità della famiglia del piccolo Manuel, che invece di lasciarsi travolgere dal rancore come forse era pure lecito aspettarsi, ha dichiarato tramite il proprio legale di rispettare la sentenza, visto che qualunque fosse stata non avrebbe potuto restituire la vita del bimbo: “Eravamo preparati, non è stata una sorpresa. Resta la tragedia per una famiglia e per una madre”.
L’avvocata di Matteo Di Pietro ha confermato che il suo assistito non andrà in carcere e considera la condanna “in linea con quelle che sono le finalità del nostro ordinamento di rieducazione e risocializzazione proprie della sanzione penale. Sono cardini fondamentali del nostro ordinamento penale, previsti dalla Costituzione, e importanti nel valutare poi la correttezza di questa pena. Nessuna condanna può mitigare la grave perdita”. L’avvocata ha poi riferito che Di Pietro ha fatto dichiarazioni spontanee al GIP esprimendo “le sue scuse e il suo dolore”. Il giovane, apparso visibilmente commosso, “ha riconosciuto nuovamente la sua responsabilità, come aveva già fatto nell’interrogatorio, e ha espresso anche il suo desiderio di impegnarsi in futuro in progetti che riguardano la sicurezza stradale. Quindi un suo impegno che lui stesso ha definito come obiettivo sociale“.