Tuzinek (ZDS): “modello agenzia spinto dalle banche, ma ora in discussione”

Tuzinek (ZDS): “modello agenzia spinto dalle banche, ma ora in discussione”

Paweł Tuzinek, Presidente della ZDS, ci racconta il punto di vista dei concessionari polacchi su modello agenzia, connettività ed elettrificazione

8 Novembre 2023 - 09:53

L’industria automobilistica europea è in continua evoluzione, con numeri che riflettono un cambiamento significativo, meno auto nuove vendute ma a prezzi più alti, concessionari che forse diventeranno agenti e autosaloni piccoli assorbiti da gruppi di concessionarie per spartirsi una fetta più grande. Come sta impattando questo cambiamento sulle concessionarie auto in Polonia? Cosa succederà con l’arrivo delle auto sempre più connesse ed elettrificate? L’ho chiesto, durante un’intervista esclusiva, a Paweł Tuzinek, Presidente della ZDS (Związek Dealerów Samochodów – Associazione dei Concessionari di Automobili Polacchi, paragonabile alla nostra FEDERAUTO), che mi ha raccontato le sfide e le opportunità che i dealer polacchi affrontano nel mercato automobilistico interno. Tuzinek condivide dettagli e punti di vista sulla riduzione del numero di concessionarie, il crescente problema del “modello agenzia” e le prospettive su elettrificazione e connettività.

A proposito di auto elettriche e connesse, il prossimo 16 novembre presenteremo al FuturMotive di Bologna il nostro 3° aftermarket report dal titolo: Auto Connesse ed Elettriche: le opportunità di oggi e domani, maggiori dettagli sulla conferenza qui

In Italia nel 2022 avevamo 1.200 dealer con un giro d’affari di 46 miliardi di euro e circa 120.000 persone impiegate. Come siamo messi in Polonia?

“Direi che dobbiamo parlare di numeri dimezzati. In Polonia abbiamo circa 600 ‘entità’. Ma se guardiamo ai proprietari, allora il numero scende a 400, perché alcuni chiaramente hanno più di un mandato e più di uno store. Ci sono circa 55.000 persone impiegate, di cui 1.300-1.400 che lavorano nelle concessionarie come venditori. Il mercato è consolidato. Io ho iniziato a lavorare in questo campo nel 2010 (l’associazione è nata nel 2009, ndr) e all’epoca c’erano circa 1.200 dealer/entità. Ora, come detto, siamo a 600, ma perché le concessionarie più piccole sono state assorbite da quelle più grandi. Il caso Stellantis ne è un chiaro esempio: ha tolto il mandato ai piccoli, che sono stati costretti a chiudere o a convogliare all’interno di gruppi più strutturati. L’evoluzione del settore è questa. Ci sono altri OEM che stanno consolidando la loro rete e che pensano che il 30% delle concessionarie non rinnoverà il mandato. La nostra associazione conta 130 soci, ma questi da soli sono responsabili di circa il 70% delle vendite. Questi sono i numeri. In Polonia non c’è grande tradizione nel far parte di una qualche organizzazione: solo i grandi gruppi si sono uniti, mentre i piccoli non aderiscono per ragioni culturali che hanno radici profonde”.

Ma perché sono così restii a far parte di un ente che tecnicamente li vuole aiutare?

“Perché, come detto, non c’è questa tradizione in Polonia. Da questo punto di vista siamo molto individualisti. È una questione di mentalità. I grandi gruppi, invece, hanno un diverso approccio e capiscono che far parte di un’associazione non è solo una spesa, ma dà dei vantaggi”.

Venendo al mercato auto. Com’è ora rispetto al passato?

“Il mercato automobilistico polacco continua a crescere. Guardando più da vicino i dati, si nota che in Polonia abbiamo un settore dell’usato che fa grandi numeri. Lo scorso anno abbiamo importato 800.000 vetture usate provenienti da Paesi stranieri come la Germania, il Belgio, l’Italia o la Francia, a fronte di un mercato del nuovo che ha toccato quota circa 420.000 vetture. C’è da aggiungere che siamo il secondo Paese d’Europa per numero di auto per abitante, con oltre 700 vetture ogni 1.000 persone (l’Italia è terza, ndr). Solo il Lussemburgo ha un rapporto maggiore. Ma le auto in Polonia sono abbastanza vecchie. Alla fine del 2022 la media era 15,8 anni di anzianità. In totale, in Polonia ci sono 26 milioni di automobili, ma se si escludono quelle che non hanno fatto la revisione o non hanno rinnovato l’assicurazione negli ultimi 6 anni, le cosiddette ‘ghost cars’, allora il numero scende a 19,5 milioni”.

Considerato che in Polonia l’assicurazione è obbligatoria anche per le auto custodite in garage privati, dove sono finite queste 6 milioni di auto?

“Diciamo che è probabile che non esistano più. Alcune sono magari parcheggiate in campagna, nei boschi o nei cortili, ma non circolano. Le compagnie di assicurazione hanno una loro associazione che cerca queste auto senza polizza ma a dire il vero non funziona molto bene. Tornando al mercato, quello delle auto nuove è abbastanza debole. Perché in Polonia si pensa che un’auto nuova sia troppo costosa e che perda troppo velocemente il suo valore”.

Io vivo in Polonia da 8 anni e vedo sempre più auto nuove e anche costose, come mai?

“Nel 2014 c’è stato un cambiamento evidente e, a dirla tutta, è stato anche merito della nostra associazione. È stato introdotto un cambio di tassazione sulle auto aziendali, con la possibilità di dedurre il 100% del valore del veicolo usato solo per scopi aziendali. Per l’uso promiscuo le soglie di deducibilità sono comunque alte:

  • 75% del valore sino a 150.000 PLN (circa 33.000 €, ndr) per le auto ICE.
  • sino a 225.000 PLN (circa 49.500 €, ndr) per le elettriche.
  • lato IVA c’è la possibilità di scaricarne il 50%, quando prima c’era un tetto sull’iva di 6.000 PLN (circa 1.300 €, ndr).

Questo importante cambiamento ha portato a un’accelerazione del mercato a partire dal 2015”.

Come mai questo cambio di tassazione ha avuto un impatto così forte su tutto il mercato?

“Devi sapere che il mercato polacco del nuovo è per l’85% business. Il 70% sono flotte e il 30% sono persone fisiche. Ma la metà delle persone fisiche ha una ditta individuale. Questo fa capire l’impatto della possibilità di dedurre il costo dell’auto aziendale sulla crescita del mercato. Il picco è stato raggiunto nel 2019, l’ultimo anno prima del Covid, quando siamo arrivati a circa 600.000 vetture. Nel 2014 non si andava attorno al 350.000. E la crescita maggiore si è avuta sulle auto premium, che essendo più costose facevano risparmiare più soldi”.

Tornando ai dealer. In Italia la redditività ante imposte di un Dealer è circa del 2%. In Polonia?

“Spesso è anche inferiore all’1% e per un periodo questo rischiava di essere persino un boomerang. Due anni fa il governo polacco ha svolto uno studio e ha scoperto che ci sono grandi aziende, come Carrefour o Lidl, che hanno un turnover altissimo in Polonia – anche superiore ai 30 miliardi di zloty – ma che pagano solo 1 milione di zloty in tasse. Come ci riescono? Lo fanno trasferendo i profitti all’estero, caricandosi di spese fatturate dalla sede principale presente in un altro Paese. Queste pratiche hanno spinto il governo polacco a pensare di introdurre un extra-tassa per le aziende con EBITDA minore dell’1%, ma le grosse concessionarie si sono opposte, perché avrebbero eroso parte del loro già basso guadagno. Nella legge quindi è stata introdotta un’eccezione, l’extra tassa non si applica nel caso in cui il proprietario dell’azienda sia una persona fisica, cosa molto comune nelle concessionarie. Comunque oggi i margini sono maggiori e anche superiori al 2%, vista la situazione del mercato che, tra crisi dei chip e tutto il resto, ha aumentato di molto i prezzi delle auto e i margini di vendita. Tuttavia non ho dati precisi come li hai tu per l’Italia, perché non analizziamo i bilanci delle varie concessionarie, sarebbe come farsi i fatti loro e non sarebbe ben visto”.

Non so quanto conosci il mercato italiano. Che differenze ci sono tra l’Italia e la Polonia?

“Non vado in Italia da tanti anni. Ma guardando alle vostre città, voi avete strade molto più strette, meno spazio per circolare. Anche le concessionarie, a volte, si trovano al piano terra dei palazzi residenziali e sono a volte piccole. In Polonia è tutto diverso. Ci sono strutture apposite che si trovano nelle zone periferiche e di passaggio. E questo consente di avere concessionarie generalmente più grandi. L’investimento per costruirne una in Varsavia è di 40 milioni di zloty, poco più di 8,7 milioni di euro. Per un brand premium servono 5 milioni di zloty di più. Il terreno è la parte più costosa, perché i prezzi dei terreni edificabili sono schizzati. A Cracovia la situazione è leggermente diversa, i prezzi dei terreni sono un po’ più bassi, ma l’ordine di grandezza non cambia molto in tutte le principali città polacche”.

Quanto sono importanti per i dealer i servizi finanziari e assicurativi? Sono una grossa parte del business?

“Sono molto importanti. In generale il fatturato viene fatto per l’80% dalla vendita di auto nuove, mentre l’assistenza pesa per un 10-15% e poi ci sono i servizi. Ma se si parla di profitto, l’assistenza contribuisce agli utili per quasi il 50% e i servizi finanziari e assicurativi hanno un peso quasi uguale, perché sulla vendita delle auto i margini sono bassissimi”.

Che tipo di contratto hanno i venditori? È facile trovare persone disposte a lavorare nelle concessionarie, sia a livello vendita che aftermarket?

“La situazione dei venditori è simile a quella italiana, ma forse ci sono più persone assunte rispetto a quelle con partiva IVA. I dati sull’occupazione in Polonia sono ottimi, abbiamo bassissime percentuali di disoccupati, tra le più basse d’Europa. Inoltre non abbiamo le scuole professionali, perché dopo il comunismo si è puntato al fatto che tutti dovessero studiare e laurearsi (l’università in Polonia è gratuita per tutti, ndr). Per questo motivo c’è una carenza di meccanici e di carrozzieri e anche dal punto di vista dei venditori, è difficile trovare persone disposte a ricoprire certi ruoli. Soprattutto tra i giovani, che si dividono in due categorie: quelli che vogliono studiare e ottenere posti di lavoro di livello e quelli che non hanno molta voglia di sacrificarsi e puntano al work-life balance”.

Come vengono retribuiti i venditori di auto?

“In generale, i venditori ricevono un fisso al quale si aggiungono le provvigioni. Ci sono alcuni dealer che preferiscono concedere ai propri impiegati la possibilità di avere due contratti di lavoro, uno con la concessionaria e uno con la società di servizi finanziari o assicurativi. Così quando vendono un servizio accessorio, ricevono dei soldi direttamente dalla società che eroga quel servizio. Tuttavia questo crea un problema, quando l’ente pensionistico polacco effettua un controllo e vede che il venditore ha ricevuto un extra guadagno, chiede alla concessionaria di pagare più tasse proprio in funzione del maggior profitto generato dal suo collaboratore. Un paradosso. Altri dealer, invece, vogliono mantenere una sorta di esclusiva, per fidelizzare i propri dipendenti e cercare di ottenere il massimo da ognuno di loro. E questo può non essere giusto, anche nei confronti dei clienti, che potrebbero essere invitati ad acquistare un servizio anche se non è necessario. Pensiamo anche alla vendita di pezzi di ricambio. C’è poi un secondo problema, legato alla permuta di una vettura. Essendoci margini più alti sul mercato dell’usato, quando un cliente si presenta in concessionaria per cambiare la sua auto, in certi casi viene invitato a non consegnare l’auto che vuole sostituire direttamente al dealer, ma a venderla a un altro soggetto, legato al venditore, che così può guadagnare di più dall’operazione, recando però un danno al dealer presso il quale lavora. Tutte queste distorsioni sulla condotta sono frutto del fatto che c’è poca disoccupazione. Se trovare un lavoro fosse più difficile, probabilmente un dipendente avrebbe più attenzioni nel cercare di conservare il proprio posto”.

Tanti ucraini si sono spostati in Polonia per via della guerra, potrebbero compensare la mancanza di forza lavoro?

“Gli ucraini sono arrivati in quantità negli ultimi anni e sono una risorsa importante, ma nel nostro settore spesso non lavorano a contatto con il pubblico. Sono principalmente meccanici o persone che gestiscono autolavaggi. Tuttavia sono molto presenti principalmente in altri settori, come quello della ristorazione o in campo alberghiero. Ci sono invece altri immigrati che lavorano nel settore delle vendite delle auto, ad esempio gli asiatici mussulmani (Azerbaijan, Kazakistan, etc) che si stanno affacciando come rivenditori di auto usate, in Polonia succederà la stessa cosa che in Germania sta succedendo da anni, saranno loro a gestire quasi in toto il settore delle auto usate”.

Parliamo della spinosa questione dell’agenzia sui cui spingono alcune Case. Problema o opportunità?

“Da un punto di vista legale, le leggi ci sono. Il nostro codice civile prevede le agenzie da circa 20 anni, regolate a loro volta dalla direttiva europea sui contratti di agenzia. Le Case, come Stellantis ad esempio, hanno detto che vogliono implementare questo modello di vendita da settembre 2024, ma solo sui Brand premium e i veicoli commerciali leggeri. Con Stellantis il modello di agenzia sarà piuttosto strano, perché loro produrranno le auto, le manderanno nei saloni di proprietà dei dealer che le venderanno a loro nome (del dealer, ndr), ma il passaggio di proprietà avverrà direttamente tra Casa auto e cliente. Ovviamente tutto dietro compenso di una commissione. Il modello dell’agenzia prevede appunto che il venditore si occupi di stipulare un contratto a un prezzo e condizioni fissate dalla Casa, mentre un concessionario è più un imprenditore che fa da intermediario. Il modello agenzia, oltre che da Stellantis, sarà adottato in Polonia a partire da gennaio 2024 anche da MINI e dal gruppo Volkswagen per il brand Cupra e per la vendita alle flotte con più di 100 veicoli. Ma tutto accadrà in modo abbastanza graduale. Cupra, MINI, Alfa Romeo, DS, etc. rappresentano circa il 5% del mercato. Quindi le cose non sembrano destinate a cambiare in modo sostanziale, per adesso”.

Quindi non rappresenta una vera minaccia per voi Dealer.

“Posso dirti una cosa con certezza Claudio. Un anno fa, prima che la MVBER venisse prolungata e le linee guide aggiornate, le Case auto erano molto propense a diffondere velocemente questo modello, ma ora le cose sono cambiate. Credo poi che il modello dell’agenzia non sia conveniente per nessuno, per le Case, i dealer e neanche per i consumatori finali. Le Case non potranno fare più affidamento sugli stock, perché le auto verranno prodotte a fronte di un ordine. Ma gli stock rappresentano il cash flow dei Brand. Su 420.000 vendute in Polonia nel 2022, circa 100.000 erano km 0 immatricolate dai dealer, pertanto vetture fatturate alle concessionarie che hanno dovuto ovviamente pagarle. Non capisco la logica dell’agenzia. Che non è conveniente per le Case perché queste devono pagare per tutto: showroom, forza lavoro, auto demo, pezzi di ricambio e accessori. Tutte cose che con i dealer tradizionali è a carico del dealer stesso. Sui contratti con le agenzie si leggono anche cose curiose, ad esempio per gli arredi. Prima la Casa imponeva alla concessionaria l’acquisto di certi arredi e certe finiture a prezzi spesso superiori a quelli di mercato, con il sospetto che la Casa guadagnasse anche una commissione dal fornitore… Ora chiede nei contratti di agenzia di ‘raggiungere gli standard spendendo il meno possibile’, un paradosso. Questo modello non è conveniente neanche per i dealer, perché una concessionaria tradizionale acquista l’auto e poi si occupa di venderla, generando un grosso giro d’affari, circa 150 milioni di zloty all’anno (33 milioni di euro, ndr). Ora l’agenzia fa da intermediario guadagnando semplicemente una commissione del 4-6% sulla vendita. Con meno questo giro d’affari drasticamente ridotto non si ha neanche la possibilità di chiedere finanziamenti alle banche: questo è un altro aspetto che rende il modello dell’agenzia meno conveniente rispetto a quello di una concessionaria”.

E per i clienti?

“Non è conveniente neanche per il cliente finale, come detto, perché ora i dealer sono in concorrenza tra loro. Le agenzie non lo saranno, lavorando a prezzi fissi. Il cliente ora può scegliere le condizioni migliori che offre il mercato, con le agenzie si perde questa opportunità. Inoltre, i clienti avranno maggiori difficoltà in caso di guasto. Si dovrà parlare con qualcuno che lavora all’estero, perché sarà la Casa produttrice ad avere la responsabilità della pratica. Non renderà le cose più facili. In ogni caso, non credo che il modello dell’agenzia prenderà molto piede in Europa. Almeno fino a quando i clienti preferiranno le concessionarie tradizionali. Poi, quando la vendita online prenderà maggiormente piede, allora magari sì, potrà diffondersi di più essendo meno costoso”.

La concessionaria tradizionale oggi ha una conoscenza diretta dei clienti, un rapporto umano, e la capacità di conoscere il territorio. Ma con le vendite online e il passaggio a nuovi business di vendita cosa succederà? Cosa succederà a livello di dati, che ora sono in possesso dei dealer, e cosa succederà ai grandi showroom che siamo abituati a vedere?

“Bella domanda, onestamente penso che gli OEM sono stati in qualche modo illusi dalle banche che gli avevano promesso di finanziare gli stock con costi bassissimi. Ora che i tassi di interesse sono schizzati per via della guerra lo scenario è drasticamente cambiato. Tuttavia le Case hanno investito tantissimi soldi per prepararsi a questo modello di agenzia che, per evitare figuracce, stanno continuando a portarlo avanti, però lo stanno facendo inizialmente con brand minori. Tornando alla domanda, oggi i dati sono di proprietà del dealer e delle società finanziarie, non è ancora chiaro cosa succederà dopo. Riguardo agli showroom, le Case magari inizieranno con l’affittare i locali dai legittimi proprietari e poi magari un giorno li acquisteranno. Anche in questo senso è tutto da scoprire. Tuttavia posso dirti che gli acquisti di auto online non sono ben visti in Polonia. La gente vuole ancora toccare con mano un’auto, vederla dal vivo. È così nella maggior parte dei casi. Tesla vende online è vero, ma quelle auto sono costruite per essere vendute a distanza. Per le altre Case non sarà così facile. Magari con questi Brand apripista scopriranno che il modello che hanno immaginato non funziona come pensavano e torneranno indietro o aggiusteranno il tiro”.

Parliamo di elettrificazione. Quale posizione avete riguardo alle auto a batteria?

“In Polonia avvertiamo prima di tutto il problema del prezzo. Non tutti se le possono permettere. E per noi l’obiettivo generale è avere grandi volumi di vendita perché sono i grandi numeri a dare ossigeno al comparto. L’auto elettrica fa numeri bassi. Ci dispiace, ma al momento conta poco per i dealer. Inoltre le auto elettriche hanno minore manutenzione e anche questo non gioca a favore nostro, per via del volume di affari legato all’assistenza. Non c’è trasmissione, i motori sono molto più semplici, i freni si consumano meno”.

A questo proposito abbiamo fatto uno studio nel 2019. È l’unico studio in Europa basato su dati reali, che abbiamo raccolto direttamente dalle Case. Il risparmio medio per i clienti che guidano un’auto elettrica è del 42%.

“In Polonia alcuni dealer, soprattutto i piccoli, mi dicono che le auto elettriche li ammazzeranno. Ed è vero. Almeno, nello scenario attuale è così. Poi, se le cose cambieranno, allora vedremo. Di certo, non c’è entusiasmo verso la mobilità elettrica. Viviamo in un’epoca in cui si fanno anche scelte stupide. E quelle scelte hanno indicato la via del futuro e noi dobbiamo capire come trarre il meglio dalla situazione. In sostanza, dobbiamo prepararci a vendere queste auto elettriche”.

Parlando di Cina: ci sono tanti brand che stanno arrivando in Europa. Alcuni li vedono come una minaccia. Ma per voi possono rappresentare un’opportunità, andando ad arricchire il mercato. È così?

“Sì, è così: per noi sono un’opportunità. Il loro arrivo creerà nuovi equilibri sul mercato, con nuove reti di vendita e assistenza. Ma non credo che si sia all’alba di un’invasione cinese. Perché se guardi come l’industria cinese si è mossa negli ultimi 30 anni, allora ti accorgi che si muovono lentamente, procedendo a piccoli passi. Il loro ingresso sarà graduale. E non sarà facile”.

Ma si appoggeranno a una rete di dealer tradizionale o sceglieranno un sistema di vendita più snello?

“Ho già avuto contatti con alcuni di loro e credo che avranno bisogno di appoggiarsi a qualche concessionaria. In Polonia un salone vende in media 300 auto all’anno. Se ci saranno più Brand auto, più dealers e i numeri aumenteranno”.

Le auto moderne sono anche connesse. Quale grado di preparazione hanno i dealer riguardo a questa nuova tecnologia, che si collega strettamente anche alla data protection e alla gestione della privacy?

“Le auto connesse non rappresentano il problema maggiore per una concessionaria. Ci sono questioni più urgenti da risolvere. Ma riguardo alla connettività e all’accesso ai dati di riparazione (RMI), abbiamo bisogno di una normativa certa: le conoscenze in questo campo sono lacunose. Ad aprile ho chiesto agli OEM quali sistemi e strumenti avrebbero creato affinché tutti gli enti potessero accedervi in conformità con le nuove Linee Guida Supplementari della VBER, in modo che le officine indipendenti potessero avervi accesso e potessero intervenire correttamente in caso di guasti. Tutti quanti ci hanno detto che avrebbero dovuto chiedere all’ufficio legale, etc. ma ad oggi nessuno si è più fatto vivo… Tornando alle auto connesse. Prima di tutto c’è il Data Act, che arriverà probabilmente il prossimo anno. È una normativa necessaria che regola tutta la gestione delle informazioni correlate a una vettura. Credo che consentirà al conducente di decidere quali informazioni, di tutte quelle contenute in un cloud di proprietà di una Casa costruttrice, voglia condividere e diffondere e quali no. Parlando di dati, c’è un’altra questione da risolvere. Ci sono informazioni che l’auto raccoglie durante l’uso. Bisogna capire come cancellare quei dati quando l’auto passa di mano, a un nuovo proprietario o ad un autodemolitore. Ci devono essere procedure chiare e strumenti appropriati affinché questo avvenga”.

Da quanto ne so, non ci sono regole precise sulla rimozione dei dati dalle auto. Crede che si debba trovare una figura qualificata che si occupi fisicamente di questa attività?

“Serve una normativa apposita. Perché per avviare i processi di riciclo delle auto, le aziende preposte devono prima acquistare le auto. Quindi ne diventano proprietarie a tutti gli effetti. E quando le smontano, tutte le centraline e i dispositivi di tracciamento mantengono dati al loro interno che dovrebbero essere cancellati prima dello smaltimento o della rivendita”.

E poi c’è il problema dell’usato. Cosa succede quando un’auto viene acquistata di seconda mano da un altro acquirente? Le concessionarie sono in grado di cancellare i dati del precedente proprietario?

“I dealer non sono formati sulla gestione dei dati e molti non sanno neanche l’esistenza del problema. È una cosa nuova, su cui devono essere aggiornati. Credo che in certi casi non cancellino i dati. Ma devono essere gli OEM a formare la rete vendita su questo. Perché sono loro che conoscono le procedure e che possiedono tantissimi dati raccolti nel cloud”.

Ci sono molte auto usate che vengono dall’estero. I dealer polacchi sono in grado di controllare se i dati sono stati cancellati correttamente nel Paese di provenienza?

“In media le auto usate che vengono vendute in Polonia hanno 13 anni, quindi, molte di esse non sono ancora di ultima generazione. Ma su quelle più recenti le nostre concessionarie non controllano la gestione dei dati. Almeno, non lo fanno nella maggior parte dei casi per una mancanza di conoscenza”.

Per quanto io sia il proprietario di un’auto, se chiedo alla Casa che ha prodotto la mia auto i miei dati non me li danno. Magari perché non ci sono procedure definite per condividere questi dati. Però i dati in questione sono usati per statistiche e hanno un valore enorme per le Case. È un po’ come il sistema dei social network, che sono gratuiti perché usano i dati per fare soldi. O il sistema delle capsule del caffè, con le macchinette che costano pochissimo ma che costringono poi il cliente a legarsi a un’azienda per avere le capsule, che sono il vero business. Come si risolve tutta questa situazione?

Siamo all’alba di una nuova era, questo è certo. Ma per noi il problema non è così rilevante. Noi dobbiamo questioni più urgenti da gestire, per mantenere il settore efficiente e competitivo”.

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