Autodemolitori: i nuovi obblighi ELV aumenteranno i costi

Autodemolitori: i nuovi obblighi ELV aumenteranno i costi

ACEA, EuRic e CLEPA si esprimono contro i nuovi obblighi di recupero parti e componenti dai veicoli a fine vita. Ecco perché

19 Febbraio 2024 - 11:28

Il dibattito aperto sul nuovo regolamento europeo ELV (End of Life Vehicles) sul fine vita dei veicoli si fa sempre più acceso. La Commissione europea sta valutando l’ampliamento degli obblighi relativi allo smantellamento e recupero di parti dai veicoli a fine vita, per destinarli alla rigenerazione o semplicemente al riutilizzo su altri veicoli. ACEA, EuRic e CLEPA, sono intervenute con uno statement che mette in guardia dai reali vantaggi a fronte di costi maggiorati per la filiera e nei prossimi paragrafi vediamo perché.

REGOLAMENTO ELV: DAI VEICOLI A FINE VITA NON SI “BUTTERA’” QUASI NIENTE

Le principali associazioni dell’industria automotive e dei servizi di rottamazione si sono espresse favorevolmente alle iniziative volte a sostenere il lifecycle dei veicoli, ma esprimono posizioni divergenti riguardo alle recenti disposizioni proposte. La Confederazione Europea delle Industrie del Riciclo (EuRIC), l’Associazione Europea dei Costruttori di Automobili (ACEA) e l’Associazione Europea dei Fornitori dell’Industria Automobilistica (CLEPA) hanno commentato l’obbligo di recuperare componenti e parti da destinare a una seconda vita, anziché destinarli alla triturazione. Secondo le associazioni, l’introduzione di tale obbligo rischia di aumentare i costi relativi alle operazioni di smantellamento e demolizione, senza fornire benefici ambientali significativi. Come abbiamo raccontato in questo approfondimento, l’attività di recupero di componenti auto richiede un processo ben strutturato e specializzato.

NUOVI OBBLIGHI REGOLAMENTO ELV SUL RECUPERO E RIUTILIZZO DI PARTI USATE 

L’allegato VII, Parte C del regolamento ELV, menziona diverse parti e componenti che devono essere smontate e recuperate dal veicolo prima di destinare la “carcassa” alla triturazione. Si tratta in sostanza di componenti ad elevato contenuto di materie prime che scarseggiano o semiconduttori, fasci di cavi e schede elettroniche più grandi di 10 cm². I presupposti dell’Unione europea puntano a:

  • migliorare il riutilizzo, il ricondizionamento e la riconversione;
  • affrontare urgenti questioni legate alla sicurezza (si citano ad esempio le batterie di trazione agli ioni di litio e quelle di avviamento 12V);
  • raggiungere livelli più elevati di efficienza dei materiali, che – secondo i regolatori – non potrebbero essere raggiunti a un livello equivalente di estrazione e separazione dei materiali con tecniche post-triturazione (ad es. convertitori catalitici);

Tuttavia, le associazioni hanno sollevato dubbi sull’efficacia delle disposizioni, e in una nota stampa ufficiale, sostengono che “lo smantellamento non è la soluzione più efficiente per raggiungere nessuno degli obiettivi sopra menzionati”.

LE CRITICITA’ DEL REGOLAMENTO ELV SECONDO ACEA, CLEPA E EURIC

ACEA, CLEPA e EuRic, spiegano che i compromessi a cui è destinata la filiera non sono mai stati analizzati, ad esempio, attraverso una valutazione del ciclo di vita o uno studio di fattibilità. Entrando più nel dettaglio i punti critici menzionati sono:

  • i centri di raccolta e smantellamento di veicoli a fine vita, sarebbero obbligati a recuperare le parti che non sono adatte al riutilizzo, al ricondizionamento, alla riconversione o parti per le quali non c’è domanda e che verrebbero distrutte. La conseguenza diretta per le associazioni sarebbero elevati costi di smantellamento, trasporto e stoccaggio e un corrispondente aumento dell’impronta di carbonio senza alcun beneficio ambientale;
  • il contenuto di metalli preziosi, dipende dalla funzione e dal numero di componenti su un circuito stampato e non dalle dimensioni;
  • la complessità di recupero di interi fasci di cavi nelle auto a combustione, dove sono integrati in profondità nel processo di produzione. Inoltre, essendo personalizzati per ogni veicolo, sarebbe impossibile il loro ri-utilizzo, ritenendo il processo di Post-Triturazione Avanzate (PST) l’unico modo per il recupero efficace dei materiali;
  • il termine “cruscotto” – secondo le associazioni, non è chiaramente definito dal regolamento e consiste in una grande varietà di sotto-componenti e materiali, senza una composizione armonizzata. In pratica ogni Costruttore utilizza materiali diversi in base al modello, all’allestimento e all’esclusività del Brand. Questo comporterebbe un flusso di rifiuti separato derivante dai cruscotti, costituito da una miscela indefinita di materiali e non contribuirebbe a migliorare la qualità dei materiali riciclati;
  • il valore aggiunto di obblighi di smantellamento per specifici componenti, rispetto ad altre misure alternative che potrebbero essere più efficaci nel promuovere il riutilizzo dei pezzi senza conseguenze negative. Ad esempio incentivi fiscali o agevolazioni assicurative. Un po’ come avviene già con il risarcimento in forma specifica (le Assicurazioni in sostanza controllano i costi di riparazione) ma con un’interpretazione più equa che porti dei vantaggi, anche economici, trasversali fino al consumatore, che oggi risparmia a conti fatti poche decine di euro in polizza;

“L’obbligo di smontaggio dei componenti deve sempre essere tecnicamente fattibile, economicamente sostenibile, proporzionato e allineato agli obiettivi del Green Deal europeo”, dichiarano le associazioni. “L’obbligo di smantellamento manuale obbligatorio dovrebbe essere specificato solo se gli obiettivi desiderati non possono essere raggiunti in altro modo. In linea di principio, la migliore tecnologia disponibile dovrebbe essere utilizzata per ciascun processo di riciclaggio”.

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