Più pirati della strada grazie alla patente a punti?

Più pirati della strada grazie alla patente a punti? Dalla sua introduzione

Dalla sua introduzione, siamo più virtuosi al volante. Ma la ricerca di un funzionario di Polizia suggerisce che da allora è aumentato il numero di coloro che fuggono dopo un incidente

25 Agosto 2011 - 02:08

Dopo ogni strage della strada ritorna, immancabile la richiesta di pene più severe per i responsabili. Sembra quasi un principio mutuato dalle leggi della fisica, secondo le quali a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Sta accadendo anche ora, all'indomani del tragico incidente sull'A26, dove un ubriaco contromano ha spento le vite di quattro giovani francesi. Eppure, nel campo della sicurezza stradale le cose potrebbero non andare esattamente come nei laboratori di fisica…

UNA “TESINA” CONTROCORRENTE – Se si dà retta ai risultati di una ricerca di Massimiliano Brunini, un 44enne sottufficiale istruttore del comando della Polizia Municipale di Cinisello Balsamo (Milano), l'inasprimento delle pene potrebbe non rappresentare la soluzione più efficace per punire adeguatamente gli irresponsabili al volante. La ricerca, intitolata “Sanzioni: aspettative e impatto sociale”, ha rappresentato la “tesina” per l'esame di sociologia giuridica di Brunini, laureando in Scienze Giuridiche. Una tesi certo non basata su realtà nazionali, in quanto lo studente s'è limitato a esaminare i dati degli incidenti stradali di cui disponeva nell'ambito della sua professione di funzionario nella polizia di un comune dell'interland milanese. Però le sue conclusioni sono interessanti e meritano attenzione.

MENO SINISTRI, PIÙ FUGGIASCHI – La ricerca di Brunini s'è concentrata sugli effetti dell'introduzione della patente a punti nel Codice della Strada italiano, avvenuta nel 2003. Dai dati ricavati dalla realtà di Cinisello Balsamo, si evince che la misura ha certamente avuto effetti benefici nel far diminuire il numero di infrazioni rilevate. Sono diminuite quelle principali, poiché lo spauraccio della perdita dei punti-patente e della potenziale perdita della stessa quando i punti sono esauriti funge da deterrente. Insomma, a Cinisello si è più prudenti, si rispettano di più i limiti di velocità, si allacciano di più le cinture e si parla meno al telefonino mentre si guida. Anche il numero di incidenti stradali rilevati sul territorio comunale è diminuito: nel 2001 erano stati 1.047, nel 2009, a sei anni dall'arrivo della patente a punti, se ne sono registrati 779, con un calo del 25,6%. Tuttavia, e qui entriamo nel vivo del ragionamento, nello stesso periodo le omissioni di soccorso in violazione dell'art. 189 del Codice della Strada sono passate da 9 a 62, il che rappresenta un aumento del 589%. In pratica, prima del sistema a punti meno dell'1% dei conducenti fuggiva dopo il sinistro, oggi fugge l'8% di chi li provoca. Insomma, come elemento che incoraggia i comportamenti virtuosi al volante il sistema della patente a punti sembra aver funzionato perché ha determinato un significativo calo dei sinistri (il già ricordato 25,6%), ma quando l'incidente si verifica è proprio il timore di perdere la patente a suggerire le fughe, che infatti sono aumentate a dismisura.

LO DICEVA ANCHE CESARE BECCARIA… – nel suo studio, Massimiliano Brunini definisce il fenomeno della fuga dopo un sinistro “una devianza” che va scoraggiata nell'ambito delle norme. Senza ammorbidirle, poiché non è certo possibile tornare indietro depotenziandole, ma nemmeno dando per scontato che il loro inasprimento costituisca un elemento deterrente. Un argomento quanto mai d'attualità in un periodo che, proprio in concomitanza con alcuni episodi luttuosi sulle strade che hanno riacceso l'interesse dell'opinione pubblica e dei legislatori, si parla di introdurre il reato di omicidio stradale nel nostro ordinamento. Se le conlusioni di Brunini sono corrette, l'inasprimento delle norme con l'introduziona di tale reato potrebbe portare a un ulteriore aumento dei “pirati della strada” che prima provocano un incidente e poi cercano di far perdere le loro tracce. Ciò che occorre fare secondo Brunino (che non è certo l'unico a pensarla così) è invece aumentare l'informazione e le attività di controllo. In sostanza, il sottufficiale chiama indirettamente in causa le tesi di Cesare Beccaria, l'insigne giurista milanese che, già nel lontano 1764, attribuiva alla “certezza della pena” un valore deterrente ben più elevato rispetto all'intensità della pena stessa e si opponeva a quella che definiva “l'inutile prodigalità di supplizi”.

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