
Per le autorità la frenata di emergenza era stata volutamente disattivata, Uber testava pericolosamente un proprio sistema a guida autonoma?
Le autorità americane rilasciano il rapporto sul tragico incidente di Tempe che ha causato la morte di un pedone in Arizona: sembra che sul veicolo Uber la frenata di emergenza fosse stata volutamente disattivata dal sistema, un gesto insano e pericoloso se consideriamo che presto sarà uno degli ADAS obbligatori su tutte le auto europee. Alla luce delle considerazioni dell'NTSB, ancora da confermare, potrebbe sorgere il dubbio che l'incidente rappresenti il fallimento di Uber nel progetto di creare un proprio sistema a guida autonoma. L'azienda afferma che presto i test riprenderanno, il rischio è che si possa compromettere la sicurezza.
CHIARITE LE DINAMICHE Dopo più di due mesi dal tragico avvenimento – per saperne di più leggi qui – la National Transportation Safety Board, l'agenzia governativa indipendente che si occupa degli incidenti negli Stati Uniti, ha rilasciato il rapporto in cui si chiariscono in via non ufficiale le dinamiche sull'impatto mortale che ha coinvolto un veicolo a guida autonoma di Uber. Secondo il report preliminare dell'NTSB la Volvo XC90 impiegata da Uber avrebbe rilevato la presenza del pedone classificandolo inizialmente come oggetto sconosciuto, poi come veicolo ed infine come bicicletta. Viaggiando ad una velocità di circa 60 km/h la frenata d'emergenza automatica sarebbe dovuta intervenire 1,3 secondi prima dell'impatto, quindi più o meno ad una distanza di 20 metri, limitando i danni forse fino a salvare il pedone. Tutto ciò però non è successo volutamente, perché a detta dell'NTSB il sistema di frenata emergenza era disattivato per “ridurre il potenziale di comportamento irregolare del veicolo”; più nel dettaglio, sembra che la macchina frenasse troppo spesso in situazioni considerate normalissime, come quando si trovava in presenza di cavalcavia, e questi errori di valutazione avrebbero portato Uber ad eliminare la frenata d'emergenza in fase di pilota automatico attivo.
E IL GUIDATORE? Più volte si è puntato il dito contro il driver presente sulla vettura incriminata, dal video che potete vedere qui risulta infatti che l'addetto ai controlli fosse distratto, ma l'autorità americana quasi lo assolve del tutto. Durante un interrogatorio l'autista avrebbe dichiarato di non avere utilizzato né il proprio cellulare né quello aziendale nel momento dell'incidente: se nel video si vede che stava guardando in basso era perché stava monitorando il sistema. Quest'ultimo poi, non solo non ha fatto registrare guasti o malfunzionamenti, ha anche invitato il guidatore a prendere i comandi ma è risultato in realtà sprovvisto di un adeguato sistema di avvisi e segnalazioni. Quando l'operatore si è accorto quindi dell'invito del sistema era ormai troppo tardi: il volante è stato ripreso nemmeno un secondo prima dell'impatto, i freni invece un secondo dopo.
UBER PROVA A DIFENDERSI Inizialmente Uber provava a discolparsi tirando in ballo la responsabilità del guidatore (con l'ipotesi che però i turni dell'azienda fossero troppo impegnativi), fin dall'inizio però l'autista non era stato messo sotto accusa e le nuove affermazioni dell'NTSB sembrano confermare l'innocenza di Rafael Vasquez. Basse anche le probabilità di una responsabilità del pedone investito, risultato positivo ad anfetamina e marijuana: sì, è sbucato all'improvviso e lontano dalle strisce pedonale, e sì, indossava vestiti scuri di notte, ma era comunque ben individuabile da un sistema LIDAR efficace. Per ora Uber non ha voluto commentare i nuovi retroscena, ha preferito solo sottolineare di come i suoi test sulla sicurezza siano avvenuti con la collaborazione di membri dell'NTSB e soprattutto sotto la consulenza dell'ex presidente dell'agenzia Cristopher Hart. Ricordiamo che quello diffuso è un rapporto preliminare, la decisione ultima spetta a giudici e polizia, ma comunque proviene da fonti attendibili ed è normale che oltre a generare scalpore faccia riflettere parecchio.
UN CASO POLITICO L'investigazione dell'NTSB ovviamente porta linfa ai “nemici” della guida autonoma che bloccano le proposte di legge riguardanti la sicurezza dei test, e per di più evidenza come il Governo USA non provi in maniera efficace i veicoli e rilasci autorizzazioni senza la dovuta cautela. Uber ha ovviamente sospeso tutti i test causando il licenziamento di 300 driver in Arizona, ma altri continueranno a lavorare (qui l'approfondimento) e la società ha dichiarato che gli sviluppi della guida autonoma riprenderanno già dalla prossima estate. Ora però risulta difficile pensare che le città accolgano a braccia aperte i veicoli driver-less di Uber e rilascino le autorizzazioni necessarie.
IPOTESI PREOCCUPANTE Ma come mai Uber avrebbe volontariamente disattivato i sistemi di sicurezza, o meglio la frenata di emergenza? Come mai Intel, la società che fornisce gli ADAS alla Volvo XC90, aveva immediatamente preso le distanze dimostrando l'efficacia del proprio sistema, sapeva forse che c'era qualcosa che non andava? Il sospetto è che Uber stesse utilizzando un proprio sistema di guida autonoma con parametri ADAS “personalizzati”, un'ipotesi spaventosa se pensiamo a test effettuati su strade pubbliche. Già l'anno scorso la disputa con Waymo si era conclusa con lo sborso di 245 milioni di dollari per “collaborare” nel progetto di un sistema con tecnologia LIDAR di propria creazione. Magari dire che Uber sta sviluppando da zero degli ADAS è un azzardo, ma modificarne altri come ad esempio quello di Intel non è come testare un nuovo sistema? I Governi di tutto il mondo, non solo quelli americani, dovrebbero accertarsi dell'efficacia assoluta di un sistema prima di estendere autorizzazioni su strade pubbliche; e soprattutto dovrebbero impedire che determinati parametri possano essere aggirati, perché arrivati a questo non possiamo escludere che Uber abbia agito illegalmente. Attendiamo l'ufficialità sulle cause dell'incidente di Tempe, ma resta il fatto che la guida autonoma necessita di controlli ancora maggiori se veramente si ha intenzione di salvare migliaia di vite.