Federauto: il 95,3% dei concessionari vuole gli incentivi statali

Federauto: il 95,3% dei concessionari vuole gli incentivi statali Secondo le reti

Secondo le reti, è fondamentale varare subito un piano triennale che preveda l'erogazione di aiuti governativi a supporto dell'acquisto di auto

20 Aprile 2012 - 05:04

L'Associazione che rappresenta i concessionari d'auto italiani, Federauto, ha emesso ieri un comunicato con il quale rivela il risultato di un sondaggio svolto presso i suoi associati sul tema degli incentivi statali. Federauto non ha rivelato di quanti concessionari si compone il panel degli intervistati, limitandosi a precisare che si tratta di operatori che commercializzano vetture di marchi generalisti, cioè quelli che tradizionalmente sono e sono stati molto sensibili agli incentivi statali alla rottamazione dei veicoli usati, erogati in passato soprattutto con modalità che escludevano i modelli di grossa cilindrata o quelli con emissioni inquinanti più elevate, a loro volta legate alla cilindrata e alla potenza.

CI VUOLE IL PIANO – Secondo Federauto, il 95,31% dei concessionari intervistati ha giudicato “fondamentale l'adozione immediata di un piano triennale di supporto alla domanda di automobili finalizzato allo svecchiamento del parco circolante”, visto che la contrazione delle vendite di vetture nuove, che ha toccato il 44% rispetto al 2007, lascia solo le reti “con la miccia della crisi in mano”, con le case che invece delocalizzare vendite e produzione nei Paesi dove il mercato tira ancora.

MISURE A COSTO ZERO – “Il piano – ha dichiarato il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi – deve essere di durata triennale, altrimenti non se ne fa nulla, e sarebbe a tutela di migliaia di imprese, ma soprattutto dell'occupazione in un settore che sino a oggi ha garantito 1,2 milioni di posti di lavoro. Noi di Federauto abbiamo da tempo presentato al Governo un piano articolato e dettagliato che avrebbe l'obiettivo di riportare il mercato attorno ai 2 milioni di pezzi, ossia alla media degli ultimi 5 anni. Se pensate che su ogni auto invenduta lo Stato non introita circa 5.000 euro tra Iva e tasse varie, si capisce subito che si tratta di un progetto a costo zero, con tutti gli aspetti positivi legati allo svecchiamento del parco circolante: minori emissioni, maggior sicurezza, tutela delle aziende dirette e dell'indotto e di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Mi preme ricordare – ha sottolineato Pavan Bernacchi – che i sostegni alla domanda finiscono nelle tasche dei clienti, e non delle case automobilistiche o dei concessionari, che godrebbero però dell'effetto indotto di maggiori fatturati in un periodo di crisi senza precedenti da quando è stata inventata l'automobile”.

QUALCHE CONSIDERAZIONE – Le nostre riflessioni relative alle dichiarazioni di Pavan Bernacchi sono sostanzialmente di due ordini. Innanzitutto, va incluso tra i fatti clamorosi, che talvolta caratterizzano il mondo dell'auto, lo stridente contrasto tra le dichiarazioni dei concessionari che chiedono a gran voce gli incentivi e quelle dell'amministratore delegato di Fiat Group Automobiles, Sergio Marchionne, che qualche settimana fa ha indirizzato un chiarissimo messaggio al premier Mario Monti affermando che Fiat non ha bisogno e non desidera alcun tipo di aiuto governativo. La seconda considerazione è che il fatto che gli incentivi “non finiscono alle case automobilistiche o ai concessionari” non è purtroppo automatico come il presidente di Federauto sembra suggerire. L'unico metodo sicuro per evitare che vi finiscano, e che quindi il denaro vada davvero a favore dei clienti finali, è adottare una forma di incentivazione che costringa le reti di vendita a subordinarne l'erogazione a un ulteriore sconto in denaro ben distinto dall'incentivo stesso, con le due voci riportate chiaramente nella fattura di vendita. Un simile metodo era stato applicato nel primo intervento di incentivazione, quello varato dal governo nel 1997 e prolungato, con importi diversi, fino al 1998. Negli incentivi successivi, invece, questo utile e sensato vincolo fu eliminato, con il risultato che a case automobilistiche e concessionari fu in pratica concesso di modulare le campagne promozionali a loro piacimento confidando nel fatto che il prezzo finale dell'auto poteva restare ugualmente attraente grazie ai bonus statali anche riducendo un po' lo sconto prima offerto dalle reti e dalle case.

I “FURBETTI” DEL GAS – Chi scrive, poi, ricorda ancora un colloquio piuttosto burrascoso con il responsabile di una nota casa automobilistica che, essendo in vigore incentivi statali per l'acquisto di un'auto a gas con importi differenziati (più elevati se la vettura era omologata a gas fin dall'origine, meno elevati se trasformata dopo), aveva iniziato a produrre auto del primo tipo. Contemporaneamente, la casa decise di ridurre l'importo dello sconto promozionale al cliente in misura più o meno equivalente alla differenza di incentivo tra le due versioni. In questo modo, i clienti che acquistarono l'auto con omologazione a gas all'origine la pagarono come quelli che ne avevano già acquistata una con alimentazione trasformata, anche se gli incentivi erano d'importo diverso. La differenza finì, appunto, in tasca alla casa automobilistica. Quindi, fermo il fatto che il piano di aiuti sollecitato dai concessionari potrebbe benissimo non arrivare affatto, è importante che, se arriva, venga ideato includendo dei meccanismi di protezione del cliente che garantiscano che sia proprio quest'ultimo a beneficiare degli aiuti dello Stato.

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