
Le autorità brasiliane annunciano i controlli sulle Amarok diesel con il 2.000 TDi. 84 mila vendute solo dal 2010
Lo scandalo dei motori Volkswagen non accenna a placarsi (presentando anche risvolti a metà fra la finanza e la vendetta, come il recentissimi acquisto di un sostanzioso pacchetto di azioni VW da parte di Porsche, operazione che vede in controluce Ferdinand Piech) dato che si aprono continuamente nuovi fronti che stanno riguardando un po' tutti i mercati – sono molti – nei quali sono venduti veicoli del Gruppo. Uno degli ultimi paesi coinvolti è il Brasile, uno dei paesi emergenti che compongono il gruppo Brics insieme a Russia, India, Cina e Sudafrica.
SOTTO IL SEGNO DELLA FUSCA – Il gruppo Volkswagen è presente con impianti produttivi in Brasile dal 1953, anno nel quale il governo brasiliano, per dare impulso all'industria automotive nazionale, decise di fermare le importazioni di veicoli completi. Non dimentichiamo come il Brasile sia stata una delle ultime nazioni a produrre la Beetle, il mitico Maggiolino, nella sua versione primigenia concepita in Germania negli anni '30. In effetti dagli impianti brasiliani sono uscite circa 3,35 milioni di “Fusca”, il nome locale del Maggiolino che si è conservato anche per la New Beetle. Si tratta, insomma, di una realtà produttiva importante del Sudamerica. La gamma attuale propone sia modelli molto simili a quelli europei (Up!, Gol/Polo, Fox, Golf, Fusca/New Beetle, Jetta, Tiguan e Touareg) sia modelli specifici, come il pickup compatto Saveiro, la grossa berlina sportiveggiante CC derivata dalla Passat e il pickup a 4 porte Amarok, quello che è sotto esame per le emissioni.
POCHI DIESEL DA CONTROLLARE – In realtà la maggior parte della gamma brasiliana va a benzina e/o a etanolo e quindi l'unico indiziato è proprio l'Amarok, finito sotto le indesiderate attenzioni dell'Ibama, l'agenzia per la protezione ambientale del Brasile. Leggendo la sua scheda tecnica possiamo apprendere come non manchino dotazioni tecniche moderne – telecamera posteriore, sensori di parcheggio anteriori e posteriori, ESC, EBD, EDL(differenziale autobloccante a controllo elettronico) e TCS. Il cambio automatico ha 8 marce e il motore diesel è un 2 litri TDi in una versione piuttosto “anabolizzata”: doppio turbo e 180 CV. Se i 2.000 cc possono mettere in allarme la presenza del sistema di iniezione diretta Common Rail dovrebbe tranquillizzare: non si tratta della famigerata versione EA 189 che ha generato quel Dieselgate che ha coinvolto anche 2,1 milioni di Audi. Non sono molte le Amarok vendute in Brasile dal 2010: si parla infatti di 84.000 unità in tutto. Se il pickup dovesse rivelarsi più “sporco” di quanto dichiarato, Volkswagen potrebbe essere condannata a pagare 50 milioni di reais, circa 12,3 milioni di dollari.
LA SVOLTA VERDE -Un dirigente di VW Brasile, Antonio Megale, ha dichiarato che il TDi dell'Amarok non dovrebbe avere il software truffaldino ma una conferma ufficiale deve ancora arrivare. Notiamo come la divisione latinoamericana di MAN, il marchio Volkswagen nel settore dei veicoli commerciali e pesanti, abbia dichiarato come non sia stata colpita dallo scandalo delle emissioni e che tutti i suoi motori soddisfano i requisiti di legge. L'atteggiamento “minaccioso” dell'Ibama si spiega anche con la decisa svolta ecologista che il presidente Dilma Rousseff ha annunciato pochi giorni orsono all'ONU. I target annunciati sono ambiziosi, considerato che il Brasile è il settimo “emettitore” di gas serra del pianeta, e sono più ingenti rispetto a quelle preventivate dadi paesi occidentali: nel 2025 si taglieranno le emissioni del 37% (rispetto al 2005, valore che salirà al 43% nel 2030. Le misure prevedono la riduzione della deforestazione (finalmente!) e un forte impulso alle energie rinnovabili.