
Quando le sirene se ne vanno, spesso rimane soltanto il silenzio. Supportare chi resta è fondamentale, ma come?
Quando avviene un incidente stradale con gravi conseguenze, come inabilità permanente o un decesso, spesso viene rimbalzato dalla cronaca e porta persone, a volte sincere altre semplicemente curiose, ad aggiungersi al caos di soccorsi e burocrazia che investe chi resta. Poi però la notizia perde audience, la vita continua (almeno per gli altri) e attorno ai sopravvissuti regna soltanto il silenzio. Un silenzio che spesso aggiunge ulteriore sofferenza. Come si può quindi agire per supportare chi resta?
PSICOLOGO E INCIDENTI STRADALI: PAROLE E IMMAGINI RESTANO
Dal punto di vista dei familiari, la comunicazione di un decesso in situazioni di emergenza rappresenta un’esperienza indicibilmente intensa. In molti casi si tratta di un evento che sarà ricordato a lungo, poiché le parole utilizzate dal comunicatore, le immagini, i suoni percepiti diventano parte integrante della memoria di perdita e ne influenzeranno la rappresentazione e l’elaborazione. La prima comunicazione del decesso coincide anche con l’inizio del lungo percorso di ristrutturazione cognitiva ed emotiva dell’elaborazione del lutto. È diffusa poi l’idea che il lutto abbia una scadenza, un tempo predefinito, trascorso il quale chi resta non si debba più sentire in diritto o legittimato a soffrire. Se sulla carta, il processo di elaborazione del lutto prevede delle tappe di evoluzione e un tempo limite prima che possa essere considerato un disturbo cronico, nella realtà dei fatti non sempre è tutto così lineare. Il dolore è soggettivo, affrontabile a partire dalle risorse personali, con strategie che man mano emergono e possono essere fatte proprie. Per questo risulta necessario attuare un percorso di supporto psicologico che affianchi, assieme alla presenza sociale e territoriale, chi resta.
SUPPORTO PSICOLOGICO: ESSERE VICINI NEL DOLORE È POSSIBILE?
Il vissuto spesso riportato dai familiari o sopravvissuti ad incidenti stradali è, purtroppo, tristemente simile. Spesso infatti si sottolinea come “all’allontanarsi delle sirene” si crei un vortice di silenzio e omertà attorno a chi resta. La morte è ancora un tabù pregnante nella società odierna, ancor più quando si tratta di un evento improvviso e inaspettato, come nel caso di incidenti stradali. Ma essere vicini nel dolore, anche e soprattutto dopo, è possibile? Se condividere le gioie della vita risulta facile, più ostica è la vicinanza nel dolore. Cosa si può dire ora? Come ci succede quotidianamente diamo troppo peso alle parole, che spesso risultano superficiali, a volte banali o nel peggiore dei casi controproducenti. Ecco quindi le semplici regole della “Death etiquette”:
- contattare la persona in lutto in modo poco invasivo;
- i fatti privati rimangono privati almeno fino al volere della famiglia;
- agire concentrandosi sulla persona che soffre;
- mantenere i contatti con la persona sul lungo periodo;
- ogni contatto è importante (vicinanza, azioni concrete, aiuti materiali o organizzativi).
IL SUPPORTO TERRITORIALE: L’ESPERIENZA DI TREVISO
Per sopperire alla carenza o mancanza di servizi, alcune realtà si stanno muovendo a livello territoriale. Tra questi l’esempio di Treviso. La Rete di Malachia è una OdV (Organizzazione di Volontariato), nata all’interno dell’attività di postvention proposta e sviluppata dal Tavolo Interistituzionale per la Prevenzione dei Gesti Suicidari. I volontari intervengono su tutto il territorio della Provincia di Treviso, in collaborazione con Enti, Istituzioni, Associazioni, pubbliche o private, Enti del Terzo Settore, Organizzazioni di volontariato, per:
- attività di prima assistenza ai familiari di vittime di morti violente e/o stigmatizzanti (tra cui: suicidi, omicidi, incidenti sul lavoro o sulla strada) e tutela dei diritti degli stessi e del deceduto alla privacy;
- attività di rilevamento dei bisogni di queste persone ed invio alle strutture che possono farsene carico;
- attività di promozione a livello sociale presso enti ed istituzioni per la prevenzione di gesti emulativi e di solidarietà nei confronti dei sopravvissuti all’evento luttuoso;
- collaborazione con enti ed istituzioni per la diffusione delle best practices nel campo della gestione della comunicazione degli eventi luttuosi traumatici e dell’accoglienza dei sopravvissuti.
Contributo a cura di Marianna Martini – Psicologa del Traffico