Incendi batterie al litio: quale estinguente funziona meglio? Due ricerche confrontano l’efficacia di acqua

Incendi batterie al litio: quale estinguente funziona meglio?

Due ricerche confrontano l’efficacia di acqua, CO2, schiuma e polvere per spegnere gli incendi di batterie al litio: ecco cosa funziona meglio

27 Giugno 2022 - 07:06

Gli incendi che coinvolgono le batterie agli ioni di litio delle auto elettriche rappresentano ancora un’incognita, a livello internazionale, per i Vigili del Fuoco, in particolare su quale estinguente utilizzare. Per la complessità dei componenti e le chimiche che costituiscono le batterie agli ioni di litio non è ancora possibile attribuire una specifica classe di fuoco e quindi un metodo standard da utilizzare. Oggi l’impiego di grandi quantità d’acqua è la soluzione consigliata da Tesla, come citiamo nella nostra maxi inchiesta sugli incendi delle auto elettriche. Ma è realmente la più efficace? Abbiamo analizzato due ricerche condotte da esperti dell’Università di Roma Sapienza, Centro Ricerche ENEA e Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco (CNVVF) che spiegano sulla base di test sperimentali, quale estinguente funziona meglio su una batteria al litio in fuga termica. Ringraziamo in particolar modo la professoressa Paola Russo, dell’Università Sapienza di Roma, per aver condiviso con noi i dati della ricerca in anteprima. Ecco i risultati.

TEST ACQUA, SCHIUMA, POLVERE E CO2 IN UN INCENDIO BATTERIA AL LITIO

Lo studio Effective Fire Extinguishing Systems for Lithium-ion Battery realizzato nel 2018 da Paola Russo – Università Sapienza di Roma; Cinzia Di Bari e  Ilario Morriello – ENEA; Michele Mazzaro e Armando De Rosa – Nucleo Investigativo Antincendi del CNVVF, analizza in modo ampio qual è la reale efficacia degli estinguenti maggiormente utilizzati oggi in caso d’incendio, valutando l’impiego di:

– un flusso di acqua;

nebbia d’acqua (water mist);

schiuma;

CO₂;

polvere secca.

La ricerca si è focalizzata sul valutare quale estinguente riesce a raffreddare più velocemente una cella agli ioni di litio in fuga termica, provocata con un bruciatore a GPL. Il test è stato condotto esponendo a fiamma di GPL una cella  litio-ione EiG C020 NMC carica al 50% (SOC). Un intero pacco batteria composto da 48 celle EiG è stato portato in runaway per verificare la modalità di accensione e poi spento con acqua. Le prove sono state monitorate con termocamera a raggi infrarossi. Nei test effettuati su celle, emergono interessanti evidenze, visibili dal grafico sotto che mostrano come, a dispetto di quanto si possa pensare:

– l’acqua e la schiuma sono i metodi più veloci per raffreddare (in meno di 20 secondi) ed estinguere il fuoco, rispetto alla CO₂ e alla polvere secca. L’impiego di un getto di acqua abbatte la temperatura fino a 200 °C

– dopo un iniziale raffreddamento fino a circa 300 °Cl’efficacia della schiuma si riduce, comportandosi quasi come la nebbia d’acqua;

– la minore efficacia della nebbia d’acqua rispetto al flusso d’acqua. Il metodo che si sta diffondendo per ottimizzare i consumi e ridurre i danni per la forza minore del flusso, sulle batterie al litio sembra non essere la scelta ottimale, per via dell’impossibilità a garantire uniformità della nebbia d’acqua.

PERCHÉ LA CO₂ E’ MENO EFFICACE PER SPEGNERE L’INCENDIO DI UNA BATTERIA AL LITIO

Un secondo studioInvestigation on Effective Fighting Technology for LIB Fire del 2022 ha quindi ristretto il focus sull’efficacia di soli 3 estinguentinebbia d’acqua, schiuma acqua/F500 e CO₂. Questa volta però i ricercatori (Sofia Ubaldi e Paola Russo – Università Sapienza di Roma; Cinzia Di Bari – ENEA; Armando De Rosa e Michele Mazzaro – Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) hanno ampliato le valutazioni del profilo termico associato ai vari estinguenti, considerando:

– velocità di raffreddamento e spegnimento dell’incendio;

– numero di fasi necessarie per la completa estinzione dell’incendio:  spesso l’estinguente riduce solo esternamente la temperatura ma non arriva fino al cuore delle celle e la reazione esotermica continua, se non contrastata;

– l’impiego di due celle Kokam di uguale chimica (NCM – Nichel Cobalto Manganese) ma di capacità diversa (K25 da 25 Ah e K40 da 40 Ah) per capire quale impatto ha la maggiore capacità sulla fuga termica.

Come nel test precedente la cella è stata riscaldata con un bruciatore a GPL per provocare la fuga termica e monitorata con una termocamera per osservare l’andamento della temperatura durante la fase di venting, thermal runaway e fino alla completa estinzione dell’incendio.

Questa seconda ricerca conferma la migliore efficacia degli estinguenti a base acquosa rispetto alla CO₂, confermata dai profili termici, nel grafico sotto:

– la nebbia d’acqua e lo schiumogeno F500 riducono la temperatura della cella in modo considerevole con una sola applicazione. La nebbia d’acqua (grafico nero) riduce la temperatura della cella K25 da 419 °C a 78 °C in 10 secondi con una velocità di raffreddamento di 34 °C/sec. Lo schiumogeno F500 (grafico grigio) nella prova della cella K40, invece si dimostra più veloce: la temperatura da 459 °C a 45°C in 10 secondi con una velocità di raffreddamento di 41 °C/sec;

– la CO₂ richiede più fasi, per ottenere lo stesso raffreddamento, come si vede dai “gradini del profilo termico” della Figura seguente. Inoltre, dopo le prime due applicazioni (tratti a-b e c-d del diagramma) è stato necessario utilizzare nebbia d’acqua per continuare a raffreddare la cella (tratto e-f). La prima estinzione con CO₂ porta la temperatura della cella da oltre 500 °C a 266 °C (in 90 secondi). Poi ma poi in circa 60 secondi la temperatura aumenta fino a 354 °C. Lo stesso fenomeno si ripete dopo la seconda fase di spegnimento con CO₂ e solo l’impiego della nebbia d’acqua permette di mantenere la temperatura al di sotto dei 50 °C. La velocità di raffreddamento massima risultata dai test con la CO₂ è di 19 °C/sec, due volte più lenta rispetto alla schiuma.

Questo accade perché – spiegano i ricercatori – la CO₂ riesce a spegnere la fiamma ma non riesca a raffreddare la cella in modo da interrompere le reazioni che avvengono al suo interno”. Le fasi di riscaldamento avvengono senza alcuna manifestazione visibile dall’esterno, come ad esempio fiamme o gas. Questo aspetto secondo i ricercatori comporta un rischio ulteriore per i soccorritori durante gli interventi sulle batterei al litio, che rende indispensabile l’utilizzo di termoscanner.

BATTERIA AL LITIO: COSA CAMBIA SE AUMENTA LA CAPACITA’

Lo studio più recente ha chiarito anche un altro dubbio: una cella più grande, a parità di composizione chimica è più pericolosa? I ricercatori hanno quindi confrontando i tempi in cui intervengono il venting (espulsione dei gas) e la fuga termica su entrambe le celle NCM da 25 Ah e 40 Ah, rilevando che:

– il venting si verifica dopo 32 secondi e a 91 °C per la cella da 25 Ah, mentre dopo 47 secondi e a 88 °C per la cella da 40 Ah;

– la fuga termica si verifica quando la temperatura esterna della cella raggiunge i 407 °C (in 53 secondi) per quella da 25 Ah e 420 °C (in 82 secondi) per la cella da 40 Ah.

“Confrontando i risultati dei test condotti sulle celle si osserva che la capacità non influenza significativamente la temperatura alla quale si verificano sfiato e fuga termica.

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