Crash test guardrail: quando e a che velocità diventano mortali Come si sono evolute le barriere di sicurezza e quali sono i pericoli di tutti i giorni. Due crash test dimostrano l'efficacia e i rischi dei guardrail

Crash test guardrail: quando e a che velocità diventano mortali

Come si sono evolute le barriere di sicurezza e quali sono i pericoli di tutti i giorni. Due crash test dimostrano l'efficacia e i rischi dei guardrail

4 Giugno 2019 - 09:06

L’associazione Biomeccanica Forense e AISICO hanno organizzato presso il laboratorio AISICO Test House & Lab a Pereto (AQ) un’interessante giornata dedicata alla sicurezza degli incidenti auto contro le barriere di sicurezza, note anche come guardrail. Un convegno dove ogni segreto di costruzione, progettazione e normativo dei guardrail è messo a nudo. Fulcro della giornata due crash test dimostrativi nei video allegati qui sotto. Il primo crash test per confrontare i parametri richiesti dalle normative con le lesioni riscontrate effettivamente dal pilota, il secondo per mettere in luce un’enorme minaccia che incombe sulle nostre strade. SicurAUTO.it è stata l’unica delegazione giornalistica nazionale ad assistere ai test per raccontarvi cosa è venuto fuori.

LE BARRIERE STRADALI

Durante gli interventi del Prof. Mariano Pernetti dell’Università della Campania e del Prof. Giuseppe Cantisani dell’Università Roma Sapienza viene chiarito lo scopo delle barriere stradali: la limitazione dei danni negli incidenti di auto che escono fuoristrada. In Italia l’uscita di strada è il quarto tipo di incidente per numero di eventi, ma è il secondo per vittime, subito dopo l’impatto laterale, guarda qui il crashtest laterale al centro Sicurezza Fiat. Secondo i dati illustrati nel convegno di AISICO, nel 2017 il numero delle vittime in uscite di strada è stato di 3378, su un totale di 15347 incidenti di questo tipo, secondo solo per vittime all’investimento di pedoni. La metà di queste è dovuto a bassa efficacia delle attuali barriere e dagli ostacoli non protetti a bordo strada. La causa principale di questi incidenti, per quanto riguarda gli automobilisti sono gli errori di guida (velocità, traiettoria) e distrazione. Per i conducenti di veicoli commerciali le cause sono differenti, principalmente colpi di sonno o malori.

PREVENZIONE INNANZITUTTO

Prevenire l’uscita di strada è il presupposto migliore per ridurre le conseguenze degli incidenti, migliorando le condizioni della strada, installando le bande rumorose sui margini e utilizzando le luci segnaletiche in curva. In secondo luogo diventa rilevante migliorare la sicurezza passiva, proteggendo tutti gli ostacoli fissi oppure le scarpate con un guardrail. Quando non manca spazio sicuro oltre il margine della strada anche il guardrail stesso può rivelarsi un ostacolo. Come si vede dal video del crash test qui sotto, il guardrail può essere fonte di pericolo specialmente nelle sue interruzioni e nei punti iniziali del terminale.

ATTUTIRE E REDIRIGERE

Nate come semplice parapetto degli anni 50, evolute al New Jersey di metà anni 80 fino alle attuali barriere a “tripla onda” dei primi anni 90, le barriere cedono in maniera programmata assorbendo energia cinetica d’urto. Inoltre contengono la corsa dei mezzi e li riportano dolcemente in carreggiata, cercando di non farli rimbalzare nella corsia opposta. La normativa che prevedeva l’omologazione della barriera, nata nel 1992 e aggiornata fino al 2004, è stata sostituita dalla marchiatura CE del dispositivo rilasciata da laboratori accreditati. I crash test previsti per la marchiatura sono comunque gli stessi. La scelta sul punto di installazione e del dispositivo adatto resta quella in vigore dal 1992. È ancora in fase di studio invece un aggiornamento importante delle normative, per migliorare le prestazioni delle barriere di sicurezza e per l’adeguata scelta dei luoghi di installazione.

INSIDIE NASCOSTE

L’importanza della riqualificazione delle più vecchie infrastrutture esistenti è essenziale. Basti pensare alla pericolosità di un guardrail non efficace su un viadotto autostradale, specialmente se urtato da un mezzo pesante, non reggerebbe il peso e il salto nel vuoto sarebbe inevitabile, con conseguenze drammatiche come è successo sul viadotto di Acqualonga. Oppure in ambito urbano ed extraurbano, dove le velocità sono più basse, i terminali sono il principale pericolo da annientare. Il terminale nudo e privo di attenuatori, se colpito da un qualsiasi veicolo, si trasforma in una vera e propria lancia. Immaginate un coltello caldo in un panetto di burro, e immaginatene l’effetto entrando nel frontale di un’automobile e uscendone dal portellone. Tutto ciò che trova in mezzo è tagliato con estrema facilità.

SOLUZIONI SEMPLICI ED EFFICACI

Per le strade urbane ad esempio il terminale che inizia dalla pavimentazione a salire, eviterebbe di infilzare l’auto e la velocità non eccessiva non permetterebbe il decollo sopra la barriera. Oltre le velocità tipicamente urbane invece possono venire incontro alle nostre esigenze gli attenuatori, più o meno semplici. Assorbono energia aumentando la superficie di contatto distribuendola per la lunghezza necessaria.

COSA CHIEDE LA NORMATIVA

Oltre alla valutazione del contenimento e della deviazione della traiettoria del mezzo, la normativa richiede anche la misurazione di alcuni parametri a bordo. L’accelerometro a bordo, posizionato sul baricentro del mezzo impiegato per i test fornisce le basi per il calcolo dei valori richiesti per l’omologazione. L’ASI è la severità della decelerazione misurata, divisa in 3 classi di valutazione. Per ipotizzare le lesioni del conducente si calcola il THIV, acronimo dell’indice della velocità teorica di impatto della testa contro le superfici dell’abitacolo. Calcolo puramente teorico, sulla base delle rilevazioni degli accelerometri, nessun manichino è previsto a bordo per la normativa vigente. 

AUTO, BUS E CAMION

Attualmente tre tipologie di veicolo sono previste per i crash test fisici per la marchiatura CE. Gli impatti inclinati contro le barriere si effettuano con automobili da 900 kg a 100 km/h, con autobus da 13 tonnellate a 70 km/h e con camion da 38 tonnellate a 65 km/h. Sul terminale invece il crash test è previsto solo con l’automobile da 900 kg a 80 km/h, in questo caso non deve presentarsi la penetrazione del dispositivo nell’abitacolo.

LEGISLAZIONE VS MANICHINO

Il primo crash test al quale assistiamo nella dimostrazione prevede l’impatto a 20° sul guardrail con un’automobile di 900kg a 100 km/h, identico a quello previsto dalla normativa. A bordo un manichino Hybrid III, rileverà l’accelerazione reale subita dalla testa e la trazione sul collo. Rilevazioni che saranno comparate con i valori attualmente richiesti dalla normativa vigente. Come si può vedere dal video, la barriera ha assorbito correttamente l’energia dell’auto deformandosi e spezzandosi in corrispondenza degli ancoraggi ai pali inferiori. La deviazione della traiettoria è ineccepibile, l’auto viene riportata in carreggiata senza rimbalzare violentemente nella corsia opposta.

MISURAZIONI REALI DA RIVEDERE

Il manichino presente a bordo protetto dalla cintura di sicurezza non ha subito lesioni importanti. L’accelerazione misurata sulla scocca è in fascia 1 del criterio ASI. La velocità teorica di impatto della testa (THIV) del pilota è stata di 21,2 km/h. Non deve essere strano che la misurazione della velocità d’impatto della testa, fatta sul manichino, è maggiore rispetto al calcolo teorico. Con il progredire delle tecnologie a bordo delle auto odierne, quali airbag a tendina e laterali, i rischi in un impatto del genere sono relativamente bassi. Tuttavia un’eventuale introduzione della misurazione del manichino è auspicabile, in quanto in alcuni casi la testa del passeggero potrebbe uscire dal finestrino e toccare le parti più alte delle barriere.

TERMINALE FATALE

Lo scenario peggiore che può presentarsi nella vita reale è simulato nel secondo crash test. Un’utilitaria di 1100 kg è stata lanciata a 80 km/h sul terminale non protetto di un guardrail. L’impatto non avviene preciso al centro del frontale, ma in corrispondenza del guidatore. A bordo non è installato nessun manichino, proprio perché le conseguenze del crash sono ben visibili e immaginabili a occhio nudo. Come nel caso precedente è stata installata però a bordo l’attrezzatura per la rilevazione delle accelerazioni dell’auto.

COME UNA LAMA AFFILATA

Dal vivo il rumore e la visione del crash test a pochi metri è impressionante. Un eventuale pilota in carne e ossa avrebbe sicuramente subito l’amputazione dal bacino in giù, con conseguenze ben immaginabili. Nel video dall’interno si può vedere il terminale che attraversa la zona gambe e nelle inquadrature esterne si vede l’uscita dalla portiera posteriore. Airbag e cinture di sicurezza possono ben poco in caso di penetrazione della barriera. Il guardrail si è comportato come una lancia nel corpo vettura. I valori di accelerazione del corpo vettura ASI e il calcolo della velocità teorica d’impatto della testa del conducente THIV addirittura restano sotto i limiti imposti dalla legge.

CASO LIMITE

Fortunatamente la normativa non permette il rilascio del marchio CE in caso di penetrazione nell’abitacolo del terminale del guardrail. In uno scenario come quello proposto nel secondo crash test la prova sarebbe fallita. Un attenuatore, di qualsiasi forma e funzione, avrebbe notevolmente ridotto le conseguenze a bordo dell’automobile, dissipando l’energia e aumentando la superficie di contatto, per prevenire intrusioni nell’abitacolo.

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