Il sindaco e il suo direttore salvano un carabiniere dalla multa: tutti condannati

Il sindaco e il suo direttore salvano un carabiniere dalla multa: tutti condannati È andata male a un carabiniere che voleva farsi togliere una sanzione per eccesso di velocità e ai due amministratori pubblici che l'hanno aiutato. Ma a questi ultimi poteva andare anche peggio

È andata male a un carabiniere che voleva farsi togliere una sanzione per eccesso di velocità e ai due amministratori pubblici che l'hanno aiutato. Ma a questi ultimi poteva andare anche peggio

1 Settembre 2011 - 11:09

Sentenza esemplare, ma ugualmente meritevole di riflessioni, quella emessa dalla Sezione Penale del Tribunale Collegiale di Matera e protocollata con il numero 168/08 RG. I fatti risalgono al lontano novembre 2002, quando un 38enne di Cassano allo Ionio viene “pizzicato” da un Autovelox mentre, alla guida della sua vettura, supera il limite di velocità (91 km/h invece dei 50 prescritti) sulla statale 106 “Ionica”. Nel marzo 2003, dalla Polizia Municipale di Scanzano Ionico, arriva il verbale che gli impone di pagare 335,82 euro entro 30 giorni, pena l'ulteriore inasprimento della sanzione.

NIENTE RICORSO, MA C'È UN “DOCUMENTO”… – Il responsabile, pur senza fare ricorso, decide di non pagare e nel maggio 2005 riceve ovviamente un'ulteriore ingiunzione di versare la somma, nel frattempo lievitata a 663,27 euro. A questo punto, l'automobilista reagisce e, il successivo giugno, invia una raccomandata alla Polizia Municipale in cui dichiara di essersi rifiutato di pagare la sanzione e di rifiutarsi ancora in quanto, ben prima della scaderza dei 30 giorni trascorsi i quali sarebbe raddoppiata, aveva ottenuto un documento, firmato dal sindaco e dal direttore generale del Comune in qualità di responsabile “ad interim” della Polizia Municipale. Il documento, che viene allegato alla raccomandata, dispone l'annullamente della sanzione per “vizio di forma”, in quanto la fotografia che ritraeva la vettura in eccesso di velocità era “opaca” e non consentiva di rilevarne la targa. A detta dell'automobilista, il documento era stato inviato anche all'ufficio verbalizzate per lo stralcio del verbale, e quindi, nel pretendere ancora il pagamento della sanzione, oltretutto raddoppiata, tale ufficio si sta rendendo responsabile di un abuso. L'interessato avverte: lo stralcio deve avvenire in “autotutela”, ossia è il Comune a doversi tutelare dal sicuro procedimento giudiziario che verrà senz'altro attivato qualora il pagamento della sanzione, manifestamente infondata in base a quanto dichiarano i due pubblici ufficiali, venisse ancora pretesa. La Polizia Municipale, però, gli risponde affermando che la lettera dei due funzionari non è stata presa in considerazione in quanto priva sia di data, sia di numero di protocollo e, oltretutto, il vizio di forma è stato ritenuto inesistente, quindi si è dato corso senz'altro alla procedura di esazione. Inoltre, anche la Polizia lancia un avvertimento all'automobilista: l'intero incartamento è stato inviato all'autorità giudiziaria per i rilievi del caso. Insomma, il responsabile dell'ufficio, un tenente tanto zelante quanto scarsamente sensibile alle intimidazioni, ha mangiato la foglia e, sospettendo irregolarità, ha deciso coinvolgere la magistratura per far luce su una vicenda poco chiara e su un documento che lo è ancora meno.

LA FOTO ERA NITIDISSIMA – Le indagini preliminari, nel 2007, portano al rinvio a giudizio sia dell'automobilista (che, spiace dirlo, è un carabiniere), sia del sindaco di Scanzano Ionico, sia del direttore generale del Comune. Nei confronti degli ultimi due le ipotesi di reato sono di falso ideologico in atto pubblico e di tentato abuso d'ufficio. L'automobilista, ovviamente, è considerato l'”istigatore” delle azioni degli altri due, ma il giudice non si preoccupa più di tanto di accertare quali relazioni leghino il terzetto. Fatto sta che il falso in atto pubblico è palese: la foto dell'Autovelox non è affatto opaca e la targa dell'auto, come viene constatato, è perfettamente leggibile. Inoltre, il documento incriminato in effetti non è protocollato, né datato (altra colpa, per un amministratore pubblico) e un'altra menzogna consiste nell'aver attestato le rimostranze del multato (che, lo ricordiamo, non ha fatto ricorso), delle quali invece non c'è traccia negli atti. Alla prima udienza del dibattimento l'automobilista e il direttore generale del Comune non si presentano e vengono dichiarati contumaci. Altrettanto accade al sindaco, ma per lui la dichiarazione di contumacia viene poi revocata in quanto il primo cittadino di Scanzano Ionico, nel frattempo divenuto ex-, non può effettivamente presentarsi in tribunale per motivi più che giustificati: è oggetto di provvedimento di custodia cautelare in carcere per altri reati (e, successivamente, resterà agli arresti domiciliari per un po'). I legali dei tre chiedono l'assoluzione dei loro assistiti con formula piena: «Il fatto – ovviamente – non sussiste.

CARCERE, INTERDIZIONE E RIMOZIONE – Purtroppo per loro, il giudice Lanfranco Vetrone non li ha accontentati e ha ricostruito minuziosamente tutta la vicenda, rilevando che il documento è stato compilato in modo maldestro: oltre alla mancanza di data e di numero di protocollo, risulta approssimativo e sgrammaticato in alcune parti e riporta dei “visti” inusuali, tutte circostanze che indicano che è stato raffazzonato in qualche modo, Inoltre, la successione cronologica degli eventi e delle date indicano che è stato predisposto quando il direttore generale del comune di Scanzano Ionico non ricopriva già più quella funzione. Però il sindaco l'ha “vistato” lo stesso. Quindi, arrivano le condanne: grazie alle attenuanti generiche (è incensurato), l'automobilista merita 10 mesi mentre il sindaco e il direttore generale, entrambi pregiudicati, sono puniti con un anno e sei mesi ciascuno senza attenuanti. Il primo e il terzo, però, beneficiano della condizionale e quindi in prigione non ci vanno, mentre a quanto pare l'ex-sindaco il carcere lo farà davvero. Tuttavia, oltre al pagamento delle spese processuali per tutti e tre, ci sono anche le pene accessorie: per i due amministratori si tratta dell'interdizione dai pubblici uffici per un periodo di tempo pari alla pena principale mentre per l'automobilista, in quanto appartenente all'Arma, si applica l'art. 33 del Codice Penale Militare di Pace, che comporta la rimozione perpetua dal grado. Ovviamente, l'atto falso è stato dichiarato nullo e l'automobilista dovrà oltretutto pagarsi la famosa multa e tutte le sue eventuali “lievitazioni”.

NIENTE ABUSO – La sentenza, tuttavia, pur avendo smascherato e punito una vergognosa “combine” tra un esponente delle forze dell'ordine e due dell'amministrazione pubblica, non ha calcato troppo la mano verso questi ultimi, che sono stati riconosciuti colpevoli solo di falso ideologico in atto pubblico, ma non anche di tentato abuso d'ufficio nell'esercizio delle loro funzioni. Il giudice, interpretando la giurisprudenza, ha ritenuto che il secondo reato fosse già ricompreso (quindi, “assorbito”) nel primo e ha deciso in questo senso anche se altre sentenze negano la questione dell'”assorbimento” di falso e abuso quando il primo sia funzionale al secondo.

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