Run flat: le gomme (in)comprese da montare anche aftermarket

Run flat: le gomme (in)comprese da montare anche aftermarket

Gli pneumatici run flat, detti anche “ad afflosciamento limitato”, sono delle particolari coperture che, grazie a una speciale spalla rinforzata, consentono di marciare in condizioni di sicurezza anche in caso di foratura, e per parecchi chilomeri. Quello citato non è certo l’unico vantaggio, anzi, ve ne sono molti altri: mobilità garantita e sicura, libertà di […]

8 Luglio 2016 - 08:07

Gli pneumatici run flat, detti anche “ad afflosciamento limitato”, sono delle particolari coperture che, grazie a una speciale spalla rinforzata, consentono di marciare in condizioni di sicurezza anche in caso di foratura, e per parecchi chilomeri. Quello citato non è certo l’unico vantaggio, anzi, ve ne sono molti altri: mobilità garantita e sicura, libertà di scelta sul momento e sul luogo della riparazione/sostituzione della gomma, eliminazione del rischio insito nel cambiarla a bordo strada e, infine, più spazio nel bagagliaio per l’assenza della ruota di scorta o del ruotino. Le gomme run flat consentono tutto questo grazie al concetto tecnico che le ispira: in mancanza d’aria al loro interno, è proprio la resistenza delle spalle degli pneumatici a sostenere il peso del veicolo.

TRE GENERAZIONI – L’evoluzione di queste coperture ha visto sostanzialmente tre fasi. Nella prima, corrispondente al loro esordio commerciale (verso la fine degli anni ’80), esse presentavano un’eccessiva rigidità della spalla (cioè, il fianco) che venne mitigata, nella seconda generazione, grazie a una flessibilità migliorata nella zona della spalla stessa. Con la terza generazione si è lavorato all’indice di flessione verticale, cercando di replicare nella spalla le caratteristiche di una “molla” che assorbe le asperità del manto stradale trasmesse alla vettura. Nonostante questi miglioramenti, non si può certo dire che le gomme run flat siano entrate nel cuore degli automobilisti. Tant’è vero che sono numerosi quelli che, dopo averle sperimentate sui modelli di vetture che per un certo periodo le hanno offerte di serie (principalmente BMW e Mini e, in precedenza, anche qualche versione della Chevrolet Corvette), sono ritornati sui loro passi, montando successivamente coperture normali.

TANTI PROBLEMI – Le maggiori critiche mosse dagli utenti dai vari forum automobilistici non sono esattamente quisquilie: parlano di un eccesso di rumorosità e di rigidità, una certa imprecisione di guida, costi elevati (fino al 30% in più rispetto alle gomme tradizionali), maggiori consumi di carburante e minore durata. Significativamente, alcune testimonianze raccolte a caso nei blog e nei forum dicono che dopo aver abbandonato le run flat, “la macchina è cambiata da così a così”, altre che la vettura “ora è diventata un olio” e così via. Insomma, dai commenti traspare una buona dose di soddisfazione per essersi liberati da un “impiccio” che dava più problemi che vantaggi, anche se va detto che una parte di questi automobilisti guida vetture con grandi cerchi da 17 o 18 pollici (spesso con assetti sportivi), assolutamente poco confortevoli anche con gomme normali.

CI VUOLE IL TPMS ATTIVO – Tuttavia, a parte le percezioni più o meno precise e attendibili di chi le utilizza, le run flat presentano anche ostacoli meno evidenti ma reali, che gli addetti ai lavori conoscono bene, e che probabilmente hanno anch’essi contribuito a frenarne la diffusione. Innanzitutto, in caso di foratura le run flat non generano le stesse avvertibili vibrazioni e gli stessi scompensi nel comportamento stradale di un’auto generati da uno pneumatico normale che si è sgonfiato. Proprio per questo, le run flat richiedono, a bordo delle vetture, un sistema di controllo della pressione degli pneumatici (TPMS, Tyre Pressure Monitoring System) che possa avvertire il guidatore che qualcosa non va. Però il TPMS deve essere esclusivamente di tipo “attivo”, cioè con misurazione effettiva della pressione per ogni ruota, e non del più semplice e meno costoso tipo “passivo”, che ricava indirettamente l’informazione di “gomma sgonfia” dal differente regime di rotazione che un pneumatico bucato presenta rispetto agli altri, misurato da un sensore presente nel sistema ABS. Infatti, poiché uno pneumatico run flat in realtà non si sgonfia, il semplice sensore passivo può venir facilmente “ingannato” e indicare che tutto è a posto anche quando una gomma run flat è in realtà forata. Ovviamente, ciò costituisce un pericolo per l’automobilista che, fiducioso nel sistema TPMS di bordo, è portato a non prestare molta attenzione alle sensazioni solitamente trasmesse a chi guida da una macchina con un pneumatico che ha perso l’aria. In altre parole, con il sistema TPMS passivo un guidatore potrebbe non accorgersi di avere una gomma run flat bucata e circolare in tali condizioni per chilometri. D’altro canto, come ulteriore complicazione, i sistemi TPMS attivi richiedono anche un reset ogni volta che si ripristina la pressione corretta degli pneumatici, altrimenti possono fornire successivamente indicazione erronee, oppure non fornirle affatto quando servirebbero. Vi ricordiamo che comunque un TMPS può essere installato aftermarket e che quelli in commercio sono sempre di tipo “attivo”, e spesso sono più affidabili di quelli installati in primo equipaggiamento.

I GOMMISTI SANNO – Un altro inconveniente, ben noto ai gommisti, è che mentre è relativamente facile rendersi conto delle condizioni della spalla di uno pneumatico normale e rilevare quindi eventuali lesioni o fessurazioni, le spalle rinforzate di una gomma run flat rendono tale diagnosi difficile anche per un esperto. Le testimonianze raccolte da SicurAUTO.it presso alcuni gommisti indicano che l’unico modo di accertare le condizioni di efficienza di una gomma run flat è “stallonarla” dal cerchio e controllarne molto bene l’interno. Un’operazione che certo non si esegue molto di frequente, ed è proprio per questo che le lesioni che rendono pericoloso uno pneumatico run flat vengono spesso diagnosticate poco prima dell’inizio della stagione fredda, quando gli automobilisti che non hanno un doppio treno di cerchi fanno smontare le gomme run flat per passare a quelle invernali. È solo allora che il gommista di fiducia li avverte del pericolo di aver circolato per mesi con una run flat in cattive condizioni (capita di trovare delle lesioni interne lungo i rinforzi della spalla). Alcuni gommisti hanno inoltre dichiarato che un altro problema delle gomme anti-afflosciamento è che la durezza e la rigidità delle spalle che le contraddistinguono sottopongono i cerchi a sollecitazioni rilevanti, e non è rara la visita di clienti che hanno avuto un cerchio lesionato dopo essere transitati su un ostacolo (per esempio, una pietra oppure una buca) che probabilmente non avrebbe provocato alcun danno ai cerchi dotati di pneumatici tradizionali.

SI PUÒ RIPARARE – Riguardo a quelli run flat, però, circolano anche alcune leggende. Per esempio, si dice che, dopo una foratura, una run flat non si possa riparare. Non è vero, o almeno, non lo è sempre. In realtà, i produttori di gomme, tranne rare eccezioni che citeremo dopo, sconsigliano la riparazione di qualsiasi pneumatico forato, e non solo di quelli ad afflosciamento limitato. La decisione se riparare o meno si basa sulla competenza del gommista, ossia sulla sua capacità di determinare con precisione i danni eventualmente subiti dalla gomma dopo la foratura o anche prima. Un gommista specializzato interpellato da SicurAUTO.it ha dichiarato di offrire la riparazione solo ai migliori clienti (cioè, a quelli che non intende costringere all’acquisto di una gomma nuova) e soltanto se lo pneumatico, dopo un’accurata analisi, risulta assolutamente perfetto. Negli altri casi, procede senz’altro alla sostituzione.

NON SERVONO CERCHI SPECIFICI – Molti automobilisti, poi, sono convinti che le gomme run flat richiedano sempre dei cerchi speciali. Non è affatto così, né è ben chiaro da dove sia nata la diceria. Probabilmente si tratta di un’equivoco generato da Bmw, una delle case che più ha creduto nelle coperture run flat. Il costruttore bavarese, con le run flat, consiglia sempre i suoi cerchi, ma per questioni di “handling” della vettura (e forse anche un po’ per avvantaggiare il suo marketing), e non perché altri tipi di cerchi non-Bmw non siano compatibili con le run flat. SicurAUTO.it, a riguardo, ha contatto uno dei maggiori produttori di gomme run flat del mondo che ha assicurato che le gomme run flat sono installabili su qualsiasi cerchio, senza eccezioni. Ovviamente previa la presenza del TPMS, per i motivi spiegati prima. C’è anche da aggiungere che la scelta di montare delle run flat aftermarket deve essere sempre concertata con il produttore del veicolo, per evitare che la maggiore rigidità dello pneumatico possa incidere negativamente sul comportamento stradale.

IL FLOP DEL PAX – Quindi la leggenda sulle run flat rimane tale, a meno che non si parli della sventurata vicenda di un particolare tipo di pneumatico run flat frutto della tecnologia di uno dei più grandi costruttori di gomme al mondo: Michelin. La tecnologia citata è quella battezzata PAX, che la stessa Michelin, al tempo del suo esordio (1998), definì con grande enfasi “la maggiore innovazione nel campo degli pneumatici dall’invenzione di quelli radiali, avvenuta 60 anni fa”. La particolarità delle gomme Michelin PAX, oltre alla necessità di cerchi dedicati e alla possibilità di essere riparate (come dichiarato dal produttore) è l’assenza della tipica rigidità della spalla presente nelle run flat. Al posto della spalla irrobustita viene utilizzato un anello d’irrigidimento di poliuretano, collocato all’interno dello pneumatico, che a detta del costruttore garantisce il comfort di una copertura normale, consentendo però, in caso di foratura, di percorrere circa 200 km alla velocità di 90 km/h. Negli Stati Uniti, Michelin riuscì a convincere Honda a montare le PAX come gomme di serie e di primo equipaggiamento sul monovolume Odissey e sulla berlina Acura a partire dal 2005, e anche Nissan accettò di montarle sulla monovolume Quest. Ebbene, gli acquirenti di questi modelli ricordano ancora oggi la sfortunata esperienza. Secondo le loro dichiarazioni, che tuttora riempiono i forum e i blog americani, le PAX durano meno delle gomme normali e sostituirle costa circa il doppio ma, cosa assai peggiore, non c’è gommista che le abbia disponibili, né che sappia lavorarci con competenza. Anche in Europa alcuni costruttori, come Audi e Renault, hanno accettato di introdurre le Michelin PAX su determinati modelli, ma anche nel vecchio continente non c’è stato e non c’è entusiasmo per questa tecnologia. La verità è che, oltre al personale appositamente addestrato, le PAX richiedono ai gommisti anche un’attrezzatura specifica che, dati i costi supplementari, molti di loro si sono dimostrati restii ad acquistare. Infine, oltre a cerchi specifici, le PAX richiedono un particolare arrangiamento degli assetti e delle geometrie delle sospensioni. In altre parole, come la stessa Honda ha dichiarato a più riprese, una vettura nata con le PAX non può montare altri tipi di gomme, il che rende il proprietario “prigioniero” di questa tecnologia e non gli consente di montare pneumatici di altro tipo (run flat compresi). Intanto, nel 2009, dopo una class action (un’azione legale collettiva) intentata da alcuni clienti appellandosi alle severe leggi che negli Usa difendono i consumatori, Honda e Michelin hanno raggiunto un accordo risarcitorio che servirà a far dimenticare agli acquirenti certe loro disavventure.

RIMANGONO POCO DIFFUSE – Quella delle Michelin PAX è la storia di una infelice scelta tecnico-commerciale che, ovviamente, non assomiglia in nulla a quella delle run flat più tradizionali, anche se non si può certo affermare che queste ultime siano diffuse, né che i produttori di pneumatici vi credano poi molto. Lo testimoniano le scarse e discontinue risorse di marketing che i prodottori stessi vi investono. Tra loro, qualcuno afferma che se nel mondo la diffusione delle run flat fosse generalizzata, l’eliminazione di tutte le ruote e i ruotini di scorta dai veicoli porterebbe alla mancata fabbricazione di 59 milioni di pneumatici l’anno, con indubbi effetti benefici sull’ambiente. Sarà anche vero, ma la leva ecologica, anche unita agli altri innegabili vantaggi citati all’inizio, finora non s’è dimostrata sufficiente ad aumentare il gradimento di un prodotto che non sembra ancora sufficientemente maturo ma che permette elevati standard di sicurezza in caso di foratura.

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