Penna Bianca saluta la Polstrada: 30 anni di esperienza in un'intervista

Penna Bianca saluta la Polstrada: 30 anni di esperienza in un'intervista Intervista a Giorgio Longo

Intervista a Giorgio Longo, per tutti Penna bianca. Un viaggio tra la passione e le difficoltà di 30 anni di lavoro in Polizia Stradale

1 Gennaio 2013 - 07:01

Sulle autostrade genovesi si è appena chiuso un ciclo lungo 30 anni. Le onde della radio della Polizia stradale hanno salutato per l'ultima volta l'uscita in servizio di Giorgio Longo, sovrintendente di 54 anni che, nel luglio del 1982, dopo qualche anno fuori dalla sua Genova, si affacciò sulle Autostrade A7, A10 e A12. Una vita passata sull'asfalto pericoloso delle curve dei viadotti e delle gallerie che, per così tanto tempo, sono state il suo “ufficio”, lui che dietro una scrivania non c'è mai voluto andare.

ANNO NUOVO, VITA NUOVA – In pensione dalla mezzanotte del 31 dicembre 2012, per Giorgio Longo il motto “anno nuovo, vita nuova” è più attuale che mai. Anche se durante tutta l'intervista non smette mai di dire “noi della Stradale…”. Abbiamo deciso di dedicargli un'intervista con l'obiettivo di augurare a tutti gli agenti della Stradale un meraviglioso e sicuro 2013. Perchè di 'Penna Bianca' ne esistono a migliaia in tutta Italia ed è giusto raccontare a voi lettori la vita quotidiana di questi 'stradalini', un po' come abbiamo GIà fatto con la nostra iniziativa “In pattuglia con la Polstrada“.

Agente Longo, il suo arrivo alla Stradale avvenne per caso?
“Assolutamente no. Scelsi di entrare in Polizia proprio per andare alla Stradale. Questa 'Specialità' era il mio unico obiettivo sin da giovane e sono felice di essere riuscito a coronare questo sogno. Se mi avessero trasferito in qualche altro reparto credo che non sarei rimasto in Polizia”.

Dietro una scrivania mai, perchè?
“La passione per il nostro lavoro, che principalmente si svolge a stretto contatto con la gente, è senz'altro il motivo che mi ha sempre convinto a rimanere di pattuglia tutti questi anni. Uno sguardo di ringraziamento dopo avere aiutato un utente della strada coinvolto in un sinistro o in un guasto meccanico è molto gratificante ed è quello che t'impone di continuare”.

Penna bianca: chi ha coniato il suo soprannome?
“Ho cominciato ad avere i capelli bianchi appena arruolato, nel lontano 1977, e la paternità del soprannome è in parte dei colleghi e in parte dei camionisti che percorrono le strade della Liguria”.

Trent'anni di lavoro. Quali episodi eclatanti ci può raccontare?
“Episodi ce ne sono stati moltissimi, molti tragici per le conseguenze. Parecchie volte sono intervenuto su incidenti con veicoli che trasportavano animali vivi, abbiamo così 'inseguito stile cow-boys' mucche, tori, maiali e una volta addirittura uno struzzo che scorrazzava sulla carreggiata. Talvolta, trovavo il classico utente spaccone; gli contestavo le infrazioni commesse e lui diceva: 'Questo lo dice lei'. Senza scompormi, rispondevo: 'Certo, e ora glielo metto anche per iscritto'”.

Ha lavorato anche come scorta: di quali personaggi illustri?
“Le nostre scorte a personalità sono spesso necessarie nel momento in cui costoro transitano sulle nostre autostrade; ricordo con piacere il primo G7, svoltosi a Milano tanti anni fa, dove effettuammo la scorta d'onore, in moto, ai capi di Governo allora intervenuti (a quei tempi non c'erano i problemi di oggi). Cito anche le scorte al Santo Padre Giovanni Paolo II, quando sono stato aggregato a Roma e in occasione della sua visita a Genova. Ma quelle più simpatiche e 'leggere' le ho effettuate all'allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, che da buon ligure spesso ritornava nella sua Regione”.

Soccorsi prestati durante catastrofi: quali le sono rimasti impressi?
“Un episodio molto crudo fu in occasione di un incidente stradale, avvenuto tanti anni fa nella galleria Pecorile prima di Albisola M., dove purtroppo morirono bruciate nove persone; seguì poi nello stesso anno la tragedia dei marinai il cui autobus cadde da un viadotto autostradale nei pressi di Genova, causando oltre 30 morti; e, nel tempo, ricordo altri incidenti gravi con vittime giovani e bambini. Ci sono stati anche episodi dovuti alle alluvioni, che spesso martoriano la Liguria. Una volta, sulla strada del Colle di Tenda, trovammo una famiglia sul tetto della loro vettura, ormai semisommersa dall'acqua: dopo averli tratti in salvo sul nostro fuoristrada (la mitica Campagnola), ci dissero che erano sicuri sarebbe arrivata la Stradale a prenderli”.

Dicono che il primo incidente stradale mortale è sempre un shock, per lei è stato così?
“Sinceramente non ricordo con esattezza il mio primo incidente con vittime, sarà che sono passati tanti anni, sarà che ne ho rilevati davvero tanti. Certo è sempre un evento scIoccante, specialmente per chi non è abituato a vedere in faccia la sofferenza. Io, ancor prima di entrare in Polizia, svolgevo già attività di volontariato e quindi avevo già conosciuto la sofferenza, questo mi aiutò a metabolizzare in fretta lo shock”.

Inseguimenti in autostrada?
“Il meno possibile. Dobbiamo sempre darci da fare per non essere noi un pericolo per gli altri utenti”.

Ubriachi, malviventi o pazzi contromano: ha mai conosciuto la parola “paura” nell'affrontare questi “pirati della strada”?
“La paura c'è sempre nel nostro mestiere, come in tanti altri, bisogna imparare a conviverci serenamente aiutati dalla passione e dedizione per quello che facciamo; dietro, ci sono anche le persone care che negli anni ti sono vicine e che dividono i nostri timori e i nostri problemi aiutandoci enormemente”.

Quali auto ha guidato in 30 anni? E la sua preferita?
“Ho cominciato con la mitica Giulia familiare, costruita apposta per la Polstrada, passando poi all'Alfetta nei suoi vari modelli, all'Alfa 75, 90, 155 e 156; poi vennero le Fiat Marea, BMW 320 Touring, Volvo V50, Seat Exeo ST, Renault Laguna e Skoda Octavia station. La migliore, specialmente se riferita alla sua epoca, era la Giulia familiare che aveva delle soluzioni studiate apposta per noi. Dopo sono sempre arrivate auto 'adattate', spesso mancanti della trazione integrale. Una mancanza grave per il nostro lavoro, con le quattro ruote motrici si avrebbe più sicurezza in tutte le condizioni, solo che le società autostradali pensano solo al risparmio e non alle nostre esigenze operative”.

Tanta tecnologia è arrivata sulle auto in questi decenni, è sempre stata una migliorìa?
“Le tecnologie di cui hanno dotato le nostre pattuglie hanno quasi sempre reso il nostro lavoro più semplice, tuttavia questi strumenti andrebbero resi più semplici da usare e specialmente bisognerebbe rendere l'assistenza migliore. Le faccio un esempio, il GeoWeb è un sistema che ci permette di interrogare il database del Ministero dell'Interno per gli accertamenti, nella nostra sezione ne avevamo quattro ma ne funzionava solo uno… Se si guastava bisognava inviarlo a Torino che, nella migliore delle ipotesi, se lo teneva almeno un mese. Possibile che l'assistenza non si possa migliorare? E dire che questo sistema ce l'hanno anche le Volanti e le Pattuglie del reparto Prevenzione Crimine…”

Un sistema che urge fornire alla Stradale?
“Servirebbe uno strumento che permetta agli agenti di leggere tutti i dati dei cronotachigrafi digitali, non solo quelli recenti. Io per passione sono un camperista e viaggiando spesso all'estero ho visto, ad esempio, un vero e proprio PC da attaccare al cronotachigrafo in grado di scaricare tutto lo storico. Ecco ci vorrebbe anche da noi”.

Il lavoro alla Stradale diventa sempre più complicato, la formazione delle nuove leve è adeguata?
“Magari! I corsi sono ormai scomparsi da circa 15 anni, prima duravano 12 mesi, poi furono ridotti a 6, sino ad arrivare ad oggi che il corso per la 'Specialità' non c'è più. Proprio il giorno che mi sono congedato sono arrivati nella mia caserma otto nuovi ragazzi, tutti senza un minimo di formazione specifica. Dovranno essere i miei colleghi a formarli sul campo. Pure io ho 'allevato' vari giovani e non le nascondo che mettere per strada dei ragazzi senza alcuna esperienza è pazzesco. Il nostro lavoro è tra i più pericolosi che esista in Polizia, e siccome in pattuglia siamo solo in due, i colleghi più anziani devono badare sia al lavoro su strada che all'incolumità dei nuovi. Una vera follia, ma che ai piani alti dell'amministrazione sembra non interessare”.

Ha mai incontrato difficoltà operative “interne”?
“Talvolta sì, vuoi per l'elefantiaco apparato dello Stato, vuoi per la miopia di certi 'lungimiranti' superiori. Anche in questo campo manca la formazione specifica. Spesso arrivano da Roma funzionari farciti di nozioni in soli 9 mesi, senza esperienza e dotati del grado di Commissario Capo (il corrispondente del Maggiore dell'esercito ndr). Questi, che spesso sono raccomandati da qualcuno, invece di farsi aiutare dall'esperienza dei propri uomini, cercano di imporre le loro idee creando solo problemi e malessere dentro gli uffici. Ma negli anni impari a gestire anche questo, facendo buon viso a cattivo gioco e continuando a gestire le cose in autonomia”.

Insomma, non solo problemi sulla strada, ma anche in Caserma. Quanto conta la famiglia per riuscire a metabolizzare tutto ciò?
“Tantissimo. Chi sposa un agente della Stradale, sposa anche il suo lavoro. Lo stress che si accumula è tanto, quindi la famiglia diventa un supporto importante. E' capitato più volte di dover uscire di casa alle 4 del mattino per sostituire all'ultimo minuto un collega malato, oppure di dover tornare in servizio con l'influenza per mancanza di personale. Devo ringraziare mia moglie perchè non mi ha mai fatto sparire le chiavi di casa…”

Risorse per far calare gli incidenti e migliorare la sicurezza stradale: cosa manca?
“Manca il personale adeguato nelle varie caserme e sicuramente, all'italico conducente, manca una cosa fondamentale: il culto della legalità, a cui aggiungiamo la completa mancanza di educazione stradale e, perché no, di educazione nel vero senso della parola; bisogna che cambiamo mentalità e cominciamo a imparare, per questa volta, dagli stranieri. Inoltre, questo cambiamento è da inculcare fin da bambini ai nostri ragazzi: che esempio può essere un genitore alla guida col telefonino in mano o senza cinture?”.

La guida in stato alterato da alcol o droghe è una piaga sociale: servono norme più severe?
“Esatto. È inutile girarci intorno, occorrono norme più severe e soprattutto che vengano applicate, senza tanti rigiri di ricorsi e azzeccagarbugli salva-ubriachi. Anche se sul tema alcol io non sono d'accordo su un eventuale tasso zero. L'attuale limite di 0,5 g/l è già sufficiente”.

Autovelox e Tutor: aiutano davvero a ridurre l'incidentalità? Oppure la vera deterrenza è data dalla presenza della Stradale in carne e ossa?
“Sicuramente la tecnologia aiuta molto, ma la nostra presenza fisica sulle strade è assolutamente indispensabile, in tutto e per tutto”.

Agente di Polizia stradale: una professione affascinante. Consiglierebbe a un giovane di fare questo lavoro?
“Assolutamente sì, ma è molto difficile poi andare avanti bene; comunque i nostri ragazzi migliori non si fanno certo intimorire dalle asperità della vita”.

Sicurauto Whatsapp Channel
Resta sempre aggiornato su tutte le novità automotive e aftermarket

Iscriviti gratis al nostro canale whatsapp cliccando qui o inquadrando il QR Code

Commenta con la tua opinione

X