
La Cassazione ribadisce il parere sulla validità dei cartelli, che non presentano sul retro l'ordinanza, e sulla multa comminata agli automobilisti
È vero che, in materia di circolazione stradale, la giurisprudenza è spesso contraddittoria (vedi qui); è vero pure che i Comuni, nonostante leggi, sentenze e circolari, spesso si ostinano a violare norme e buon senso pur di fare cassa (vedi qui); ma stavolta la Cassazione ribadisce quanto già aveva detto in passato. Cominciamo con la sentenza recente, la numero 7709/2016. Tutto nasce dal ricorso depositato nel 2009 da un multato che proponeva opposizione innanzi al Giudice di Pace di Cagliari avverso l'ordinanza-ingiunzione emessa dal Prefetto, con cui era stata rigettata la procedura amministrativa avviata: il cartello di divieto di sosta non aveva l'ordinanza del sindaco e quindi, per il sanzionato, andava annullata.
SU CHE BASI Il ricorrente si basava sull'articolo 77 del Regolamento del Codice della Strada, che in effetti prescrive quell'obbligo per i gestori delle strade. Perdendo in ogni ordine e grado, l'uomo faceva ricorso per Cassazione, che ribadiva: l'eventuale mancata apposizione sul retro della segnaletica stradale della indicazione della relativo provvedimento amministrativo regolante la circolazione stradale non determina di per sé l'illegittimità del segnale.
COME NEL 2006 La Cassazione confermava quanto fissato nel 2006: in tema di segnaletica stradale, la mancata indicazione, sul retro del segnale verticale di prescrizione, degli estremi della ordinanza di apposizione non determina la illegittimità del segnale e, quindi, non esime l'utente della strada dall'obbligo di rispettarne la prescrizione. Lo aveva già stabilito la Cassazione, con la sentenza 7125/2006, precisando che l'omissione di tale indicazione formale (la cui osservanza è imposta dal Regolamento di esecuzione del Codice della Strada), non conta. La necessità di indicare il provvedimento amministrativo di apposizione ha lo scopo di consentire agli organi della pubblica amministrazione di controllare la regolarità della collocazione del segnale e di rimuovere quelli apposti da soggetti che siano privi del relativo potere o che lo abbiano esercitato in violazione delle disposizioni che ne fissano le modalità di esercizio.
ALTRA BATOSTA Insomma, l'ordinanza non serve al cittadino, ma alla pubblica amministrazione: se non c'è, multa ok. Vale il cartello, sempre e comunque. Oltre alla multa, il ricorrente ha una seconda batosta. La Corte, con la recente sentenza, ha infatti rigettato il ricorso e condannato il cittadino al pagamento in favore della parte conto ricorrente delle spese del giudizio, determinate in 500 euro, oltre spese prenotate a debito.