Auto tartassata: ma nulla si fa contro le principali fonti inquinanti Le istituzioni si accaniscono solo contro l'inquinamento da auto

Auto tartassata: ma nulla si fa contro le principali fonti inquinanti

Le istituzioni si accaniscono solo contro l'inquinamento da auto, mentre su altri settori molto più inquinanti domina l'impunità e un silenzio assordante

26 Marzo 2014 - 12:03

Le istituzioni, spinte da demagogia ambientalista, si accaniscono, da oltre 20 anni, solo contro le auto mentre su altri settori molto più inquinanti, domina l’impunità e un silenzio assordante. Mi chiedo se ai vari legislatori europei (i più accaniti contro le emissioni delle auto), sia mai venuto in mente di valutare obiettivamente, senza condizionamenti o preconcetti di tipo ideologico, magari con il supporto tecnico-scientifico di veri esperti non di parte, quanto possano inquinare molto più delle auto, gli aerei (Superati 200 mila voli al giorno: quanto consuma e inquina un aereo) e le navi (Nel 2019 è record navi da crociera: inquineranno come 50 milioni di auto), tanto per restare nell’ambito dei mezzi di trasporto. Hanno costoro una sia pur vaga idea della enorme quantità di prodotti della combustione immessi nell’atmosfera dal traffico aereo e marittimo in un solo giorno o in un intero anno? La domanda è volutamente oziosa poiché è fin troppo evidente che gli esperti indipendenti lo sappiano bene, ma le istituzioni fanno finta di niente.

AEREI E NAVI EMETTONO DI TUTTO

Ebbene, proviamo a spiegarlo a beneficio di chi ignora tale aspetto e crede, a causa della falsa informazione di tanti media, che le automobili siano la unica fonte di ogni problema ambientale e soprattutto del presunto riscaldamento globale. Ma prima è doveroso fare una fondamentale distinzione anche qualitativa fra le emissioni di scarico degli aerei e delle navi rispetto a quelle delle auto, e ciò rende ancor più inaccettabile il voler ignorare tale aspetto, perché non si tratta solo di CO2. Infatti, sia le turbine a reazione dei velivoli (alimentate a kerosene, carburante petrolifero simile al gasolio), che i grandi motori diesel navali (alimentati con olio combustibile poco raffinato di origine petrolifera, il cosiddetto”bunker oil“), a differenza delle auto, emettono quantitativi enormi di idrocarburi (HC), ossido di carbonio (CO), ossidi di azoto (NOx), ossidi di zolfo (SOx), particolato (PM), anidride carbonica (CO2), poiché sono del tutto privi di dispositivi assimilabili ai catalizzatori ed ai filtri anti-particolato, atti a ridurre drasticamente le emissioni allo scarico. Per gli aerei non potrebbe essere diversamente, stante la logica di funzionamento di un turboreattore, mentre per quanto riguarda le navi affronteremo il grave problema in altra occasione. I gas suddetti sono realmente tossici e pericolosi per la salute, a differenza della CO2 (anidride carbonica) che, giova ricordarlo, non è un gas inquinante, né tanto meno tossico, ma “solo” ad effetto serra come il vapore acqueo presente in atmosfera (le nuvole) che è di gran lunga l’elemento naturale ad effetto serra più diffuso. La CO2 è talmente innocua per la salute che la ingeriamo con piacere e volontariamente, in grandi quantità, con le bevande gassate, i vini spumanti, ecc. (per poi tornare all’aria libera dopo essere espulsa dal nostro organismo in modo poco elegante). Peraltro, è assai singolare che nessun ambientalista o istituzione abbia nulla da obiettare sulla enorme produzione industriale di CO2 destinata alle bevande (ma anche per altri scopi), ma ritorneremo presto sull’argomento.

DUE PESI E DUE MISURE SULL’INQUINAMENTO DA AUTO

Beninteso, noi non vogliamo criminalizzare il trasporto aereo, né quello marittimo ai quali riconosciamo ovviamente una primaria e insostituibile funzione economica e commerciale. Tuttavia, è impossibile ignorare la stridente disparità di trattamento di cui godono tali attività rispetto al martoriato settore automotive privato. Inoltre, da sempre abbiamo preso le dovute distanze dalle teorie catastrofiste, invero semplicistiche quanto sospette (grossi interessi pseudo-ambientalisti in gioco), contestate peraltro da fior di scienziati ed esperti del clima, secondo cui le emissioni di CO2 derivanti dalle attività umane sarebbero le uniche responsabili dei cambiamenti climatici. Questi, come dimostrano le conoscenze acquisite, sono sempre avvenuti, in epoche diverse, a prescindere dalle attività umane, visto che si tratta di processi ciclici naturali che si evolvono di norma nel corso di svariati secoli o anche millenni da non poter essere valutati obiettivamente nell’arco di poche generazioni. Dunque, non cadiamo nel facile tranello di cercare altri capi espiatori. Noi vogliamo sottolineare e denunciare la mala fede, l’incompetenza, l’ottusa demagogia e il doppio-pesismo delle istituzioni che da vari anni hanno preso di mira solo il settore automotive, penalizzando e colpendo pesantemente non solo i costruttori, costringendoli ad investire enormi capitali al fine di rispettare normative e limiti sempre più stringenti e dall’esito pratico assai dubbio, ma anche gli utilizzatori finali del bene automobile con imposizioni legislative talvolta arbitrarie e spesso demenziali, costi, limiti e divieti di libera circolazione del tutto ingiustificati e penalizzanti, che hanno effetti devastanti sulla libera mobilità privata, l’economia dell’intero settore e indirettamente sulle filiere di altre attività industriali e commerciali. Basti pensare ai danni economici sul commercio causati dall’inutile e demagogico periodico blocco delle circolazione veicolare privata in molte città italiane. L’aver escluso indebitamente il trasporto aereo (ed altri settori) dalle restrizioni stabilite dal Protocollo di Kyoto, è la più evidente dimostrazione che i Paesi coinvolti hanno la coda di paglia e, al di là dei proclami ufficiali con cui tutte le istituzioni mondiali si dichiarano convinti ambientalisti, di fronte a interessi enormi i cosiddetti difensori della “eco-sostenibilità” ricorrono a provvedimenti di facciata e sono pronti a chiudere tutti e due gli occhi per puro opportunismo. Peraltro, giova sottolineare che negli USA, in concomitanza con la buona ripresa economica e industriale degli ultimi anni, le emissioni di CO2 sono aumentate, con tanti saluti al Protocollo di Kyoto ed alla vocazione “ambientalista” del Presidente Obama.

UN GIORNO IN AEROPORTO VALE 350 MILA AUTO

Stime per difetto hanno quantificato che il traffico aereo di un aeroporto come Fiumicino o Malpensa emetta giornalmente gas inquinanti pari alla quantità che emetterebbero circa 350 mila auto non catalizzate! Figuriamoci se si prendono in considerazione aeroporti ben più trafficati come New York, Londra, Parigi. In altri termini, un solo aereo di linea inquina come circa 600 auto non catalizzate. Ma le auto, ormai da oltre 20 anni, sono tutte catalizzate per legge, quindi al suddetto rapporto, per essere più realistico, andrebbe aggiunto, per difetto, almeno uno zero. E’ ben noto che l’industria automobilistica mondiale, nell’ultimo ventennio, ha dovuto investire cifre enormi per ridurre le emissioni e continua a farlo, in un processo di obblighi legislativi e normative che appare senza fine. Viceversa, il comparto aereo avrebbe ottenuto il permesso dai vari organi internazionali, di triplicare il traffico fino al 2050, come afferma SDC (Sustainable Development Commission) nominata dal governo britannico. Negli ultimi 10-15 anni i viaggi low cost hanno incrementato a dismisura il traffico aereo e il conseguente inquinamento atmosferico e si può affermare che il trasporto su ali sia la fonte di emissioni di gas serra e di sostanze inquinanti più in crescita. Attualmente, le emissioni degli aerei di linea devono rispettare gli standard tecnici previsti dall’annesso 16 Vol II dell’ICAO (International Civic Aviation Organization). Inoltre, per i Paese UE, è necessario il CS 34 (Certification Specification) emesso dell’EASA. Tali standard, tuttavia, non hanno nulla a che vedere con le severe restrizioni previste dalle attuali Direttive Euro 5-6 per il settore auto. “Gli aerei commerciali generano oltre 600 milioni di tonnellate di CO2 l’anno e rilasciano ossidi di azoto (NOx) direttamente nella troposfera, sede dei fenomeni metereologici” spiegano gli esperti Guy Dauncey e Patrick Mazza. Qui si ossidano nell’ozono troposferico che, a quell’altezza, funziona come potente gas serra. In base ai calcoli di Paul Wennberg del California Institute of Technology, il trasporto aereo incide per oltre il 10% (ma altre fonti citano il 13%), sul totale dell’effetto serra da CO2. Ma oltre o ciò bisogna considerare l’inquinamento a terra da ossido di carbonio (CO) e da polveri sottili sospese. Senza considerare il grave inquinamento acustico.

KEROSENE INQUINANTE E SENZA ACCISE

Esiste una anomalia inaccettabile che favorisce il trasporto aereo: mentre la benzina per autotrazione è pesantemente tassata (salvo rare eccezioni nel mondo), il kerosene è esentasse ovunque. Tale regola è imposta dall’Organizzazione Internazionale per l’Aviazione Civile (ICAO), organismo dell’ONU e ufficializzata nei paesi UE dall‘art.8 della Direttiva 92/81 CE. Grazie all’assenza di una tassa sul carburante o di qualunque prelievo basato sulle emissioni, la compagnie aeree possono tenere bassi i prezzi dei biglietti. Come se non bastasse, a causa delle ricorrenti crisi delle compagnie di bandiera e non, si calcola che in Europa il settore dell’aviazione civile riceva oltre 45 milioni di dollari l’anno tra finanziamenti diretti o indiretti. L’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), organismo tecnico dell’ONU che si occupa di effetto serra, dedicò nel 1999 il suo primo studio di settore proprio all’impatto dell’aviazione civile. Scatenando le ire del business aereo e petrolifero, il rapporto suggerì di “adottare politiche di sostituzione con altri mezzi di trasporto” e “disincentivare l’uso disinvolto del trasporto aereo con tasse o prelievi ambientali e con il commercio dei diritti di emissione“. Ovviamente, non se ne fece nulla.

AEREI FUORI DAL PROTOCOLLO DI KYOTO

Ed ecco la seconda clamorosa anomalia: le emissioni del trasporto aereo sono paradossalmente rimaste fuori dal Protocollo di Kyoto (1997) sulle riduzioni obbligatorie dei gas. La comunità internazionale non si è accordata su dove allocare il rilascio di CO2 per i voli internazionali: Paese di partenza, Paese di arrivo o Paese che ha venduto il kerosene? Sembra quasi una tipica storia di mala-burocrazia e di scarica-barile all’italiana!

GRAN BRETAGNA REALISTA

Secondo la Commissione Ambientale d’Inchiesta (EAC) della House of Commons britannica, nel 2050, il solo settore dell’aviazione rappresenterà ben il 66% delle emissioni del Paese. Il governo inglese, unico in Europa, si è dato (“Libro Bianco sull’Energia”), entro il 2050, l’obiettivo di ridurre del 60% rispetto al 1990 le emissioni, per rispondere all’obiettivo di “salvezza climatica” indicato dall’IPCCC. Anni fa, i ministri delle Finanze dell’Ue discutevano di una tassa sui carburanti aerei entro i confini europei. Nulla, però, venne fatto, per l’opposizione di Spagna e Irlanda. Poi, l’Ue ha pensato a un supplemento sul biglietto, basato sulla distanza e sulle emissioni per km, con un sovrapprezzo per decollo e atterraggio che sono le fasi più energivore. Anche in questo caso, non se ne parlò più. In sostanza, con l’eccezione della Gran Bretagna, politici e movimenti ambientalisti mantengono, in materia di insostenibilità aerea, un assordante silenzio.

AEREI MILITARI, ANCHE LORO INQUINANO TANTO

Un discorso particolare meritano gli aerei militari. Nel 2003, durante il conflitto USA-Iraq, gli anarco-ciclisti della Critical Mass torinese, con gli scienziati della Società Metereologica Italiana, hanno calcolato quanto contribuisce all’effetto serra una guerra aerea. Base per le stime è stata quella del Golfo del 1991. Si è partiti dalla considerazione che un aereo da caccia tipo F-15E Strike Eagle o F16 Falcon consumi circa 16.200 litri/ora di kerosene; un bombardiere B52, 12000 litri/ora; un aereo di linea oltre 3000 litri/ora a velocità di crociera. Su queste basi, si è calcolato che un mese di guerra soprattutto aerea, provochi una emissione di 3,38 milioni di tonnellate di CO2: l’equivalente della CO2 emessa in un anno da una città di 310 mila abitanti! Se poi vogliamo tentare una valutazione sommaria di quante sostanze inquinanti siano state immesse nell’atmosfera durante i 6 anni della Seconda Guerra Mondiale (1939-45) tra emissioni aeree, navali, terrestri, proiettili di vario calibro, esplosioni da bombe convenzionali e nucleari, incendi, ecc, arriveremmo a cifre impressionanti. Ma a guerra finita, fortunatamente, ben altri erano i problemi e le priorità da affrontare.

DAI TURBOGETTI DEGLI AEREI ESCE DI TUTTO

I motori degli aerei producono, ossido di azoto (NOx), idrocarburi (HC), monossido di carbonio (CO), ossidi di zolfo (SOx) particolato (PM) ed anche anidride carbonica (CO2). Negli studi precedenti si presumeva che le emissioni inquinanti fossero più dannose durante le fasi di decollo e atterraggio in quanto più vicine al suolo. Ricordiamo peraltro che in fase di decollo è richiesta massima potenza ai motori, quindi massima emissione di prodotti della combustione. Tuttavia una nuova ricerca ha stabilito che le emissioni ad una certa quota sono le più critiche. “Abbiamo riscontrato che le emissioni provocate dagli aerei oltre i 900 metri di quota, sono la causa della maggior parte delle morti” afferma il responsabile della ricerca Steven Barret, un ingegnere aeronautico del MIT (Massachusetts Institute of Technology). Le cosiddette polveri sottili sono il maggior responsabile dei danni alla salute umana, specialmente se, una volta inalate nei polmoni, entrano in circolo nel flusso sanguigno. Quando un aereo vola ad altitudini da crociera sopra le nuvole, i venti possono spandere lontano gli agenti inquinanti permettendo ai venti di spostare queste sostanze e farle cascare a terra a distanze fino a 10.000 km dalla rotta dell’aereo. Lo zolfo, presente nei combustibili dei jet, è forse il maggior agente killer, ma con un piccolo costo, stimabile in 5 centesimi americani per gallone (14 centesimi di euro ogni 4,5 litri), gran parte dello zolfo (il maggior fattore di inquinamento) potrebbe essere rimosso. La componente NOx, correlata al processo di combustione nei motori aeronautici, è essenzialmente presente alle basse quote. NOx è una sigla generica che identifica collettivamente tutti gli ossidi di azoto e le loro miscele. Per limitare le emissioni di NOx è fondamentale che la combustione avvenga nel modo più uniforme possibile, evitando picchi di temperatura. Invece, nel caso dei motori aeronautici, si forma il thermal NOx, poiché si è in presenza di elevate temperature e di una grossa quantità di ossigeno. Il triossido ed il pentossido di azoto possono reagire con l’umidità atmosferica e produrre acido nitrico (corrosivo e tossico), presente nelle cosiddette piogge acide che cadono sulla superficie terrestre. Con il termine piogge acide si intende generalmente il processo di ricaduta dall’atmosfera di particelle, gas e precipitazioni acide, causate essenzialmente dagli ossidi di zolfo (SOx) e, in parte minore, dall’acido nitrico sia per cause naturali che per effetto di qualsiasi attività umane ed animale. Dal quadro che emerge, appare chiaro che le istituzioni si preoccupano, da oltre 20 anni, di curare il raffreddore quando invece imperversa la peste.

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1 Commento

Gherardo
00:44, 1 Aprile 2014

Buongiorno,sono in parte d'accordo con l'ing. Pellegrini; tuttavia l'attuale stringente legislazione anti-inquinamento, messa in campo per ridurre i prodotti inquinanti immessi dagli autoveicoli nell'atmosfera, è da considerarsi solo positiva: ciò spinge i costruttori ad avanzare con la ricerca! Tale ricerca ha consentito una rapida riduzione dei consumi (purtroppo in parte bilanciata dall'aumento del peso negli anni delle autovetture, per ovvi motivi di scurezza) conseguente alla necessità di soddisfare i limiti sulle emissioni imposti dalle varie normative. Il limite dei 95g CO2/kg fissato per il 2022, credo sia il primo a venire imposto ai costruttori. Tale limite obbligherà i progettisti a cercare nuove soluzioni per abbattere i consumi; infatti l'unico modo per contenere le emissioni di CO2 è far bruciare meno combustibile: la CO2 bypassa allegramente ogni sistema di catalizzazione, e ove possibile si cerca di convertire più CO possibile in CO2 allo scarico, proprio nei catalizzatori stessi. Ad ogni modo, ben vengano quste stringenti normative anti-inquinamento e pro-riduzione emissione CO2. Per quanto riguarda i propulsori aeronautici nel campo civile, gli sforzi messi in campo sono altrettanto enormi: basti pensare alle soluzione adottate (e in continuo progresso) nei combustori DLNOx (dry low NOx) di ultima generazione e gli alti rapporti di bypass dei turbofan. Le normative esistono, ma purtroppo operare su un motore tanto complesso quanto sono le turbine a gas, richiede step tecnologici di ben più grande portata! Piuttosto, perchè molte compagnie aeree fanno volare gli aerei vuoti (o quasi), salvo poi ricorrere a continui aiuti statali?!?!?!? Interessante lo spunto di riflessione e i dati forniti nell'articolo!

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