
L’installazione di un impianto GPS in un’auto aziendale è soggetta a disposizioni a tutela della privacy dei lavoratori. Ecco le norme aggiornate
L’accoppiata tra auto aziendale e tracciamento degli spostamenti sembra essere fissa e inamovibile. Il datore di lavoro può avere la necessità di controllare i movimenti del dipendente e quest’ultimo può trarne benefici anche in termini di sicurezza. Non solo, ma lo stesso datore di lavoro può ottenere informazioni utili in relazione alle necessità statistiche dell’azienda. Pensiamo ad esempio alla possibilità di monitorare i tempi delle operazioni. Il punto, come vedremo in questo articolo, è la delicatezza della materia del trattamento dei dati personali. Le disposizioni sulla privacy in vigore sono numerose e più volte il legislatore ha aggiornato la materia. Senza dimenticare le pronunce dei giudici che hanno colmato i buchi normativi. Approfondiamo allora la materia per capire come cosa vuol dire veicolo geolocalizzato? Ma soprattutto quando il GPS installato nell’auto aziendale viola la privacy.
AUTO AZIENDALE CON GPS: SERVE L’ACCORDO
Mai sottovalutare la questione della geolocalizzazione di un’auto aziendale. La normativa vigente fissa infatti condizioni ben precise in relazione al tracciamento della posizione dei veicoli dotati di dispositivi GPS lungo le strade. Già oggetto di continui aggiornamenti, l’impianto regolamentare si concentra in particolare sul trattamento dei dati personali. La materia è molto delicata e tira in ballo il concetto di privacy. L’installazione di un dispositivo di questo tipo è consentito solo c’è un accordo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori all’interno dell’impresa. Fanno eccezione quelle con più unità produttive sul territorio, in quanto l’intesa va raggiunta con le organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale. Nel caso di via libera, il datore di lavoro può installare le soluzioni considerate più idonee per finalità di tutela del patrimonio aziendale o per determinate esigenze organizzative, produttive e di sicurezza sul lavoro. Compresi i dispositivi GPS a bordo di un’auto aziendale, ma sempre nel rispetto delle norme sulla privacy.
AUTO AZIENDALE CON GPS: E SE NON C’È L’ACCORDO?
Può naturalmente accadere che le parti non raggiungano un accordo sull’installazione di un dispositivo GPS nell’auto aziendale. In questo caso c’è una strada alternativa da percorrere ed è quella dell’ottenimento dell’autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. Dal punto di vista operativo, per ottenere il via libera, l’impresa deve depositare una domanda affiancata dal progetto di impiego dei dispositivi per il controllo dell’auto. Altro riferimento normativo da tenere in considerazione è lo stesso Statuto dei lavoratori che permette l’utilizzo delle informazioni raccolte per tutti i fini connessi al rapporto di lavoro. Purché “sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”. Infine, ma non di minore importanza nell’ottica dell’installazione di un dispositivo GPS nell’auto aziendale, non va trascurato il Codice della privacy. Si tratta di quel complesso di norme che disciplina l’attività di monitoraggio e di impiego dei dati. Le informazioni non raccolte lecitamente non sono utilizzabili per alcun obiettivo connesso al rapporto di lavoro.
QUANDO IL GPS NELL’AUTO AZIENDALE VIOLA LA PRIVACY
Dinanzi a una disciplina della materia così frammentata, non sorprende come la questione del GPS nell’auto aziendale e il rapporto con la privacy siano spesso oggetto di controversie tra datore e lavoratori. Il punto centrale attorno a cui ruotano i contrasti è chiaro: quando il GPS installato nell’auto aziendale viola la privacy? Quando il trattamento dei dati personali di chi guida l’auto viola le norme in vigore? Quando la geolocalizzazione dell’auto aziendale con un dispositivo GPS può essere considerata illegittima? Il primo importante aspetto da segnalare riguarda la posizione del veicolo. Non dovrebbe infatti essere tracciata dal titolare del trattamento dei dati personali ovvero dal datore di lavoro. Bensì il monitoraggio dovrebbe limitarsi alle reali necessità. Dopodiché, secondo una recente sentenza del Tar Emilia-Romagna (la numero 618 del 29 luglio 2022), il datore è obbligato a eseguire un Data protection impact assessment. Si tratta di “una valutazione preliminare di impatto posta a garanzia dei diritti del singolo, da espletare ogniqualvolta il trattamento dei dati comporti un rischio per i suoi diritti e le sue libertà”.