Marchionne: la 500 in Usa? Una cavolata

Marchionne: la 500 in Usa? Una cavolata Sul lancio della 500 in Usa "siamo stati troppo ottimisti: abbiamo fatto una cavolata": parole di Marchionne

Sul lancio della 500 in Usa "siamo stati troppo ottimisti: abbiamo fatto una cavolata": parole di Marchionne, amministratore delegato del Lingotto

14 Gennaio 2012 - 07:01

La vendita delle Fiat 500 negli Stati Uniti è un mezzo flop, e Sergio Marchionne, amministratore delegato di Chrysler e Fiat, non usa giri di parole per dirlo. In un'intervista con la radio locale WJR dal Salone dell'Auto di Detroit, in riferimento al mancato raggiungimento del target di vendite previsto per il 2011, il manager ha detto che “50.000 era un'approssimazione; 50.000 Fiat 500 negli Stati Uniti non si potevano vendere. Ma non voglio essere difensivo, è stato un mio errore. Abbiamo fatto una cavolata. Abbiamo valutato male le difficoltà che c'erano e ci siamo dati volumi troppo alti; inoltre abbiamo avuto problemi nel creare una rete di distribuzione”.

CONSEGUENZA PER ALFA – “Ora saremo più cauti nel lanciare nuovi brand italiani negli Usa”: chiara l'allusione di Marchionne al ritorno dell'Alfa Romeo negli Stati Uniti. In ogni caso, il lancio americano della 500 ha anche risvolti positivi: “Era un modo di riportare Fiat sul mercato americano. E come investimento è al sicuro perché la macchina andrà anche in Brasile, Argentina e Cina”. Il capo dell'azienda torinese ha aggiunto che il Gruppo Fiat lancerà negli Stati Uniti anche un altro modello entro la fine dell'anno, presentato al Salone di Ginevra di marzo 2012.

ALTRO PARTNER? – Quest'anno – ha poi spiegato Marchionne – Chrysler prevede di vendere 25.000-35.000 Fiat 500 negli Stati Uniti, “ma la vera partita si apre nel 2013, quando saranno presentati molti nuovi modelli”. Il numero uno del Lingotto conferma l'obiettivo di 2,4 milioni di auto per Chrysler nel 2012 e ribadisce anche il target di quasi 6 milioni di vendite per il Gruppo nel 2014, da raggiungere creando le condizioni per un aumento delle efficienze o “può darsi con un terzo partner, che potrà essere di qualsiasi colore”. Marchionne è convinto che ci debba essere “un altro consolidamento a livello europeo e non solo per ridurre il numero dei marchi. Piccolo è bello ma non funziona bene. L'aggregazione è essenziale ma non sto parlando con nessuno”. Per avere un ruolo attivo nel consolidamento dell'industria automobilistica europea, cerca un partner per la condivisione dei costi (piattaforme comuni) sulle auto piccole in Europa, nei segmenti A e B. Le Case “papabili” parrebbero essere Peugeot e Renault. Tuttavia, la strada verso un risanamento dell'industria – spiega il dirigente in pullover – non è facile: in Europa esistono ancora barriere alle fusioni fra case automobilistiche, politicamente difficili da accettare: non riusciamo a portare in Europa il coraggio – ha detto Marchionne – che hanno avuto gli Stati Unti per ristrutturare l'industria. E Opel? La proprietà americana (General Motors) avrebbe avviato negoziazioni con il sindacato tedesco per una ristrutturazione del Costruttore tedesco, con il trasferimento di parte della produzione della Chevrolet dalla Corea del Sud all'Europa in cambio della possibilità di tagliare i costi. Una mossa che riaprirebbe la partita, facendo tornare in gioco Fiat, che aveva espresso interesse per Opel nel 2009, ma poi le negoziazioni erano naufragate in seguito al no di GM. Attenzione, Marchionne ha sottolineato che la quota di mercato di Fiat e Opel allora sarebbe stata solo marginalmente inferiore a quella di Volkswagen in Europa.

TATA, NUOVI STIMOLI – Intanto, si fa un bilancio dellla joint-venture tra Fiat e l'indiana Tata, creata sei anni fa per conquistare il mercato indiano, con l'obiettivo di aumentare le vendite locali a 130.000 unità l'anno entro il 2014. Ma nei nove mesi dell'attuale anno fiscale (aprile-dicembre) le immatricolazioni si sono stoppate a 11.000 veicoli. Così, Fiat non distribuirà più le proprie macchine attraverso la rete Tata, ma ne creerà una indipendente da affidare a Mike Manley, responsabile del marchio Jeep e delle attività internazionali.

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