Risarcimento diretto: l'assicurazione paga (quasi) sempre l'avvocato

Risarcimento diretto: l'assicurazione paga (quasi) sempre l'avvocato La Cassazione conferma: l'avvocato per gli incidenti stradali è a carico dell'assicuratore

La Cassazione conferma: l'avvocato per gli incidenti stradali è a carico dell'assicuratore, anche se l'offerta viene accettata

25 Febbraio 2016 - 12:02

Con la sentenza depositata il 19.2.2016, n. 3266, la III sezione civile della Suprema Corte dà continuità a un indirizzo, costituzionalmente orientato, che obbliga l'assicuratore che risarcisce i danni da incidente stradale a pagare anche le spese legali sopportate per la pratica di recupero della somma. La particolarità di questo caso è che la richiesta delle spese legali, che ha originato la causa poi giunta fino in Cassazione, è avvenuta nonostante l'intervenuta accettazione dell'offerta per il capitale (ovvero della somma per il danno al veicolo). In primo grado la richiesta era stata rigettata dal GdP di Taranto per motivi formali, mentre in appello il rigetto avveniva in applicazione della norma di cui all'art. 9, DPR 254/06, che prevede che in caso di accettazione dell'offerta, nessun compenso diverso dalla relazione medico-legale possa venir corrisposto. Gli Ermellini invece, ribadiscono l'incostituzionalità della norma sull'esclusione del ristoro delle spese legali stragiudiziali, imponendone una lettura costituzionalmente orientata, che limita i casi di mancato riconoscimento delle stesse ai danni “modestissimi”.

UN CASO ANOMALO – Ciò che rende peculiare il caso di questo automobilista-danneggiato pugliese è che, dalla descrizione dei fatti riportata in sentenza, sembra che egli avesse accettato la somma proposta a ristoro dei danni all'auto, a prescindere, o nonostante, il mancato accordo sulle spese legali, così da consentire alla compagnia solvente di invocare ad hoc la norma del DPR 254/06, art. 9, originariamente pensata per eliminare il costo degli avvocati e dei patrocinatori stragiudiziali dal bilancio delle compagnie. Tale norma per il Tribunale di Taranto non poteva che comportare il rigetto della richiesta di rifusione delle spese legali stragiudiziali. Non è chiaro cosa sia accaduto nelle trattative, ma di certo alle spese legali il danneggiato (o il suo legale) non ha voluto proprio rinunciare, fino a trascinare la questione in Corte di Cassazione.

RISARCIMENTO DIRETTO E NORMA ANTI AVVOCATI – La citata norma di cui all'art. 9, D.P.R. 254/06, è in vigore dal 2007, si applica nell'ambito del risarcimento diretto (vedi qui di cosa si tratta), e prevede che al danneggiato che rivolga la domanda risarcitoria alla propria compagnia sia pagato il medico legale, ma non l'avvocato (peccato che senza l'avvocato di solito il danneggiato nemmeno sa di doversi rivolgere a uno specialista medico legale n.d.a.).Uno dei motivi che rende difficile applicare detta norma, è che l'accettazione dell'offerta, che farebbe scattare il diniego di pagamento di spese legali, deve venire dall'avvocato, quando questo è presente. Per questo la prassi liquidativa ha continuato sulla falsa riga del quadro normativo precedente, gli avvocati hanno continuato ad essere pagati, salvo i tentativi degli assicuratori di diffondere presso gli assicurati la falsa notizia che così non fosse. Più di questo, la Giurisprudenza costante ha sempre salvaguardato il danneggiato per il principio costituzionale del diritto di difesa (art. 24 Cost.), che negli incidenti stradali comporta che se da una parte c'è un soggetto attrezzato ed esperto, l'assicuratore, dall'altra chi chiede i danni può munirsi di soggetto altrettanto esperto, ovvero l'avvocato. Con questa sentenza, i Giudici di Piazza Cavour ci dicono che l'art. 9, D.P.R. 254/06 non si applica nemmeno se c'è stata accettazione dell'offerta, e che il costo dell'avvocato va riconosciuto al danneggiato ogniqualvolta le spese legali siano “effettivamente necessarie”.

IL CONCETTO DI SPESE LEGALI NECESSARIE – Dunque ciò che rende obbligatorio non è il fatto che vi sia stata accettazione dell'offerta, bensì la ricorrenza di determinate circostanze, che rendano le spese legali qualificabili come “effettivamente necessarie”. Qui gli Ermellini, citando precedenti pronunce, chiariscono quale sia l'unica ipotesi in cui le spese legali siano “irrisarcibili”, e precisamente indicano a tal fine un triplice requisito: “quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà (1), i danni da esso derivati erano modestissimi (2), e l'assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta assistenza (3)” (ripreso da Cass. 11154/15). In tutti gli altri casi, l'avvocato dev'essere pagato dall'assicuratore che paga il danno conseguente al sinistro stradale. Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte cassa con rinvio la sentenza del Tribunale di Taranto, che aveva escluso la ripetibilità delle spese legali perché il danneggiato aveva “volontariamente scelto di farsi assistere da un avvocato”. Ciò perché, così interpretata, la norma di cui all'art. 9 D.P.R. 254/06 è in contrasto con l'art. 24 Cost., che garantisce il diritto di difesa.

SENTENZA AMBIGUA, LUCI E OMBRE PER I DANNEGGIATI – Benché la Corte di Cassazione si esprima in questo caso a favore del danneggiato, con rinvio al Tribunale in persona di diverso Giudice, rimettendo in gioco così la richiesta di pagamento delle spese legali scaturita da una vertenza per sinistro stradale, non di meno, si deve sottolineare come essa riprenda concetti “pericolosi” per tutti gli assicurati. Concetti che rischiano, se mal interpretati, di portare nel sistema una bella dose di iniquità. In linea teorica è facile concordare sul fatto che un danno di 400 euro al paraurti, con l'assicuratore che si fa parte diligente e guida il proprio assicurato ad ottenere il risarcimento in tempi brevi, non dovrebbe richiedere un'assistenza tecnica qualificata. Il problema è che la complessità di una pratica di sinistro stradale la si vede solo quando finisce, mentre la necessaria consapevolezza dei propri diritti, o la corretta documentazione del danno, sono esigenze che non aspettano di vedere come si mette con l'assicuratore. Sussistono invece fin dal primo momento in cui, passato lo shock, il danneggiato deve decidere come muoversi. Il grado di complessità delle norme di settore ha raggiunto un livello non indifferente e non si può pretendere dal danneggiato né una competenza tale da sapersi rapportare all'ufficio liquidativo del proprio assicurativo, né un grado di fiducia tale da affidarsi, per la quantificazione di un debito, all'arbitrio del proprio debitore. Sarebbe opportuno che la Suprema Corte operasse un revirement in senso estensivo, precludendo ogni strada agli assicuratori che vogliono impedire ai propri clienti di tutelarsi appieno, in caso di sinistro.

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