Sosta vietata: sanzione valida anche se sul verbale manca il numero civico

La cassazione ha respinto le ragioni di una donna che aveva fatto ricorso perché sul verbale mancava il numero civico del luogo della contravvenzione
Un'automobilista di Licata (Agrigento) ha perso in cassazione la battaglia contro una sanzione per divieto di sosta (art. 157 e art. 158 del Codice della Strada) in precedenza impugnata di fronte al giudice di pace, che però non aveva accolto le sue argomentazioni. Queste ultime erano basate, principalmente, sul fatto che nella contravvenzione non era indicato il numero civico in corrispondenza del quale era avvenuta la sosta sanzionata che, secondo la ricorrente, era invece avvenuta al n° 143 di corso Umberto a Licata dove, in mancanza del divieto, era quindi possibile parcheggiare.
UNA PRESUNTA PROVA INDIRETTA – Il giudice di pace, basandosi sulla giurisprudenza corrente, aveva rigettato il ricorso, sostenendo che la sanzione non poteva ritenersi annullata dalla sola mancanza del numero civico sul verbale, se il luogo della violazione poteva essere ugualmente identificato senza equivoci. E tale luogo poteva essere identificato con sufficiente esattezza basandosi sul fatto che sul preavviso del verbale di contestazione compilato dall'agente, recante il numero progressivo 1974, era presente il numero civico 45, mentre quello immediatamente successivo, il n° 3975, era stato compilato dal medesimo agente cinque minuti dopo per un'identica violazione contestata al n° 39 della stessa via. Insomma, nell'intervallo di tempo indicato, l'agente doveva necessariamente trovarsi tra i numeri civici 39 e 45, mentre la donna non aveva fornito alcuna prova del fatto che la sua auto si trovasse invece al n° 143. Il giudice, quindi, aveva confermato la sanzione per sosta vietata.
TESTIMONE INASCOLTATO – La donna, tuttavia, aveva inoltrato ricorso in cassazione, basato su alcune argomentazioni. Le prime due consistevano nel fatto che il giudice di pace non aveva tenuto in conto la testimonianza del marito, che aveva dichiarato di aver parcheggiato al n° 143 (e la cui autenticità della deposizione non era mai stata contestata), e che il verbale successivo prodotto, in quanto copia, era privo di autenticità. Inoltre, non veniva spiegato perché il verbale spedito era privo del numero civico che invece era presente sull'originale, mentre è noto che il blocchetto delle contravvenzioni fonito agli agenti della polizia municipale di Licata è fornito di carta carbone che permette di imprimere direttamente gli stessi dati sul foglio sottostante. Infine, il legale della donna contestava che il giudice di pace aveva riconosciuto al preavviso di contestazione l'efficacia di un atto pubblico contravvenendo così all'art. 2700 del codice civile in base al quale «l'atto redatto dal pubblico ufficiale fa fede fino a querela di falso dei fatti avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, mentre le altre circostanze che egli indichi per averle apprese de relato o che siano frutto di sue deduzioni costituscono materiale indiziario liberamente valutabile».
NIENTE DA FARE: PAGHERÀ – I giudici di terzo grado, con sentenza depositata il 29 settembre scorso, hanno respinto tutte le motivazioni della ricorrente. In particolare, hanno ribadito che la scelta e l'attendibilità dei testimoni compete al giudice, che non è tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, ma solo a indicare le ragioni del proprio convincimento. Per quanto riguarda la veridicità della copia del verbale prodotta, la corte ha rilevato che la ricorrente avrebbe dovuto metterla in dubbio mediante querela per falso, cosa che non è invece avvenuta, e non solo mettendo in discussione la sua validità probatoria. La sanzione, quindi, è stata confermata e la contravvenzione dovrà essere pagata.