Multe autovelox dopo 90 giorni: il ministero fa chiarezza

Multe autovelox dopo 90 giorni: il ministero fa chiarezza Il Comune di Milano non può notificare la multa oltre i 90 giorni. Ecco la lettera segreta del ministero dell'Interno

Il Comune di Milano non può notificare la multa oltre i 90 giorni. Ecco la lettera segreta del ministero dell'Interno

26 Novembre 2014 - 08:11

Batosta per il Comune di Milano: una lettera riservata del ministero dell'Interno stabilisce che non può notificare le multe oltre i 90 giorni dall'infrazione. Tutto è nato a marzo 2014, quando vengono accesi sette nuovi autovelox fissi, quasi sempre su tratti urbani di scorrimento col limite di 70 km/h, selezionati dal Comune nella lista di 23 arterie incluse nel decreto prefettizio del 2003. Il fatto è che Milano ha deciso di far cadere i 90 giorni per la notifica della multa a casa non dal momento in cui è stata effettuata l'infrazione, bensì da quello in cui i vigili visionano il fotogramma. In modo da ovviare al problema della mole di verbali conseguenti all'attivazione degli autovelox automatici.

CHE COSA DICE LA LEGGE – L'articolo 201 del Codice della strada recita così: “Qualora la violazione non possa essere immediatamente contestata, il verbale, con gli estremi precisi e dettagliati della violazione e con la indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata, deve, entro novanta giorni dall'accertamento, essere notificato all'effettivo trasgressore o, quando questi non sia stato identificato e si tratti di violazione commessa dal conducente di un veicolo a motore, munito di targa, ad uno dei soggetti indicati nell'articolo 196, quale risulta dai pubblici registri alla data dell'accertamento”. Quindi, stando all'interpretazione del Comune, in teoria quei 90 giorni possono scattare da un qualsiasi momento: potrebbe passare addirittura anni, assurdo. Un'interpretazione capziosa della regola, a sfavore di chi guida, a beneficio di chi incassa. “Tutto questo è un danno – dice la polizia locale di Milano – perché danneggia il cosiddetto valore educativo della sanzione e le finalità di sicurezza stradale. Non dimentichiamo che stiamo parlando di trasgressori. Ma così si mette in mano loro lo strumento per non essere puniti. E magari rifarlo un'altra volta. Per non parlare dei costi”. Sulla stessa linea Daniele Vincini (Sulpm, il sindacato vigili): “La verità è che il sistema andava rodato meglio, e se è vero che gli accertamenti non sono a norma di legge nonostante le spese per farli, per il Comune è un danno e una beffa. E poi anche la segnaletica è inappropriata, così diventano trappole per fare cassa”. Fra l'altro, più tardi si recapita la multa, e più alte sono le probabilità che l'automobilista ripeta l'infrazione. E si abbassano le probabilità che l'obiettivo (molto teorico) del Comune si raggiunga: migliorare in fretta la sicurezza stradale. Infatti, più tardi il guidatore riceve la multa e più tardi rallenterà nei tratti dove ha violato il limite in passato.

UNA LEGNATA – Adesso, come riporta repubblica.it, il ministero dell'Interno, in una lettera riservata spedita dieci giorni fa alla prefettura, rispondendo a una richiesta di chiaramenti interpretativi sulla questione autovelox, dà torto marcio al Comune di Milano: le multe vanno notificare non dopo i 90 giorni dall'infrazione. E dunque, sono da annullare tutti gli accertamenti effettuati anche cinque, otto o dieci mesi dopo il passaggio sotto l'occhio elettronico. “Le perplessità manifestate da codesto ufficio – rispondono da Roma ai dubbi di Palazzo Diotti – appaiono condivisibili. Già a far tempo dalla sentenza numero 198 del 10 giugno 1996, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità del primo comma dell'articolo 201 del Codice della strada, nella parte in cui non fa decorrere il termine per la notificazione 'comunque dalla data in cui la pubblica amministrazione è posta in grado di provvedere alla loro identificazione'. Appare pertanto indubbio che le ragioni che possono legittimare gli enti cui appartengono gli organi accertatori a superare tali limiti non possono che dipendere da fattori esterni e non da prassi organizzative interne. In linea di principio, e salva la necessità di acquisire informazioni indispensabili da altri organismi, il dies a quo per la decorrenza dei termini non può che essere individuato in quello della commessa violazione”.

MA IL COMUNE NON FA UNA PIEGA – Palazzo Marino rimane fermo sulle proprie posizioni, però. Secondo il Comune, il ministero conferma che il momento dell'accertamento è quello in cui gli operatori sono in grado di collegare il fotogramma della targa dell'auto che supera il limite di velocità al proprietario del veicolo. E non costituirebbe quindi impedimento all'invio delle sanzioni. Sembra che non se ne esca. A pagare, alla fine, sono gli automobilisti. E comunque, se proprio il Comune interpreta a proprio modo il Codice della strada, nonostante la tesi della Corte costituzionale (ripresa dal Viminale), di sicuro calpesta il buon senso: è francamente inammissibile che una multa arrivi a casa del proprietario del mezzo sei mesi dopo l'infrazione. È roba da Paese incivile. Viene anche leso il diritto del guidatore di non commettere l'infrazione e di preparare una difesa adeguata in sede di ricorso, perché è trascorso molto tempo fra la violazione e la notifica: difficile ricordare come sono andate le cose. Insomma, la Giunta milanese esce con le ossa rotte da questa vicenda sotto il profilo dell'immagine. Evidentemente, il business delle multe da autovelox è così appetitoso che Palazzo Marino perde di vista altre questioni di vitale importanza, a partire dal rispetto nei confronti dei sanzionati.

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1 Commento

Daniele
10:01, 26 Novembre 2014

Giusto Andrea, dovrebbero imporre una finestra temporale che va dalla data dell'infrazione a quella dell'accertamento: se tale intervallo supera x gg la multa viene annullata

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