Eccesso di velocità: prima assolto e poi condannato per omicidio colposo

Eccesso di velocità: prima assolto e poi condannato per omicidio colposo Una perizia tecnica

Una perizia tecnica, effettuata a 7 anni di distanza dal drammatico evento, è stata determinante. Per la Cassazione, l'auto era incontrollabile

21 Maggio 2015 - 07:05

Ecco il succo della sentenza della Cassazione (sezione quarta penale) numero 19748/15, del 21 gennaio, depositata il 13 maggio: trenta chilometri sopra il limite di velocità? Allora è davvero difficile governare la macchina senza essere un pericolo pubblico, e quindi condanna per l'automobilista che aveva causato l'incidente mortale. Che fra l'altro aveva pure invaso la corsia dell'altra macchina coinvolta nel sinistro.

I FATTI, IN SICILIA – Il sinistro è del 2007. Con sentenza del 12 gennaio 2010, il tribunale di Agrigento assolveva G.R. dal delitto di omicidio colposo perché il fatto non costituisce reato. All'imputato (su una Mercedes, sulla statale 189) era stato addebitato di avere invaso la corsia opposta di marcia, correndo ben oltre il limite. E andando a urtare la Ford condotta da F.C. che decedeva a causa delle gravi lesioni patite nell'incidente. Riteneva il tribunale che la ricostruzione del sinistro lasciava aperti dubbi e non consentiva di formulare in capo all'imputato l'addebito di violazione di regole cautelari. A seguito di impugnazione del pubblico ministero e della parte civile, la corte d'appello di Palermo, in riforma della sentenza di primo grado, dichiarava l'imputato colpevole del reato: lo condannava alla pena di mesi sette di reclusione, nonché al risarcimento del danno da liquidare in separato giudizio civile.

L'IMPUTATO SI RIVOLGE ALLA CASSAZIONE – Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato. Per il difensore, in particolare (al di là di altre considerazioni su com'erano andate le cose al momento del sinistro), non era stata valutata una prova decisiva: la corte di merito non aveva tenuto conto della deposizioni dell'unico teste presente al fatto, il padre dell'imputato, trasportato sulla Mercedes, il quale aveva riferito di avere visto un'auto venire contro tutta a sinistra e che il figlio aveva cercato di scansarla.

RICORSO RESPINTO – La Cassazione però ha respinto in ricorso. Il perito, per gli ermellini, aveva svolto il suo incarico attraverso la redazione di una planimetria precisa dei luoghi, un sopralluogo, la visione dei danni riportati dai veicoli e la lettura della documentazione (anche fotografica). All'esito aveva concluso che l'incidente era stato causato dall'imputato, il quale circolando a una velocità di 101 km/h, superiore al limite consentito in zona di 70 km/h: ben 31 km/h in più. Aveva invaso la corsia di pertinenza della Ford determinando il mortale impatto tra i veicoli. La certezza del punto d'urto si rilevava dalle tracce presenti sull'asfalto, dal rilievo della posizione dei mezzi dopo l'incidente e dall'analisi dei danni dei due veicoli. E ogni ulteriore alternativa ricostruzione del sinistro era ipotetica. Una sentenza che non fa una piega, in scia a importanti precedenti: eccesso di velocità (dove in altri Paesi, come la Svizzera, si rischia il carcere) più invasione di corsia fanno un cocktail mortale.

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