La decurtazione dei punti della patente in seguito all'intervento della corte costituzionale

Dopo la sentenza n. 27/05 della Consulta che è andata a modificare l'art. 126 bis comma secondo D.Lgs 285/92 (C.d.S.) - come modificato dal D.L. 151/2003 convertito con modificazioni dalla Legge...

14 Marzo 2005 - 08:03

Dopo la sentenza n. 27/05 della Consulta che è andata a modificare l'art. 126 bis comma secondo D.Lgs 285/92 (C.d.S.) – come modificato dal D.L. 151/2003 convertito con modificazioni dalla Legge 214/2003 – molteplici sono state le reazioni nel mondo politico, in quello sociale e non ultimo in quello giuridico.

Tra queste ultime poi non mancano considerazioni che vanno in direzioni diametralmente opposte.

Vi si trova, infatti, chi grida alla vittoria per una vera e propria “uccisione di un mostro giuridico”, quale l'articolo 126 bis del codice della strada, e chi altrimenti avverte come la stessa sentenza della Corte Costituzionale appaia, nella sua applicazione pratica, una scatola vuota per il richiamo che fa in essa all'art. 180 C.d.S..

Occorre far chiarezza.

La Corte Costituzionale si è pronunciata sul macchinoso sistema della patente a punti principalmente su un punto:

la previsione della decurtazione di punti a carico del proprietario – persona fisica – qualora questi, in mancanza di contestazione immediata della violazione che permette una identificazione immediata del conducente, non comunichi i dati del conducente del veicolo all'epoca dell'infrazione: ciò permetteva agli accertatori di effettuare la decurtazione dei punti della patente al vero trasgressore; nulla di tutto questo, o almeno di fatto diveniva così, se il proprietario era una persona giuridica alla quale veniva ad applicarsi, in alternativa alla sanzione accessoria personale, la pena pecuniaria di cui all'art. 180 C.d.S..

In realtà anche ulteriori erano gli aspetti posti al vaglio della Consulta da parte dei Giudici di Pace:

la determinazione del termine di 30 giorni per fornire gli elementi identificativi del conducente;

l'obbligo ex art. 204 bis del versamento cautelare;

l'entrata in vigore della disciplina della patente a punti prima che fossero stabiliti programmi per il recupero dei punti stessi.

Ma, queste ultime vennero considerate inammissibili ovvero infondate.

Ebbene, tornando alla prima – ed unica vera – censura della Corte Costituzionale, possiamo affermare che attualmente, nell'ipotesi di non contestazione immediata da parte degli agenti, non è possibile applicare la decurtazione dei punti prevista dall'art. 126 bis. Questo perché, solennemente spiega la Corte, detta decurtazione costituisce una sanzione di carattere personale – o quantomeno sui generis e non di certo pecuniaria N.d.R – ma non assume mai, appunto, i caratteri di pena pecuniaria: pertanto la sanzione in predicato dovrà soggiacere alle norme impresse agli artt. 3 e 6 della L. 689/81 la quale prevede una solidarietà passiva del proprietario del mezzo che ha commesso l'infrazione limitatamente alle sanzioni di natura puramente pecuniarie.

La stessa Consulta, poi, si dilunga su considerazioni – forse un pò forzose N.d.R. – sulla applicazione delle sanzioni di cui all'art. 180 C.d.S. senza affrontare analiticamente questo delicato problema: ora protagonista di fantasiose interpretazioni.

Per tutto quanto in premessa si è sostenuto che il sistema attuale – rectius in seguito alla modifica costituzionale – può sintetizzarsi così:

1) resta salva la possibilità di procedere alla contestazione dell'infrazione senza procedere alla identificazione immediata – cioè sul luogo stesso della infrazione N.d.R. – del conducente nelle ipotesi previste dall'art. 4 D.Lgs 121/2002, convertito con legge 168/2002 con invio del verbale al proprietario o agli obbligati in solido ai sensi dell'art. 196 C.d.S..

2) quando invece si tratti di violazione che implica la decurtazione dei punti (è questo il caso senza dubbio più interessante per gli utenti della strada) il proprietario o l'obbligato in solido – ora indistintamente persona fisica o giuridica – che non siano autori della violazione, hanno davanti due strade: a) comunicare i dati anagrafici e quelli della patente del conducente; b) assoggettarsi alla sanzione di cui all'art. 180 C.d.S. oltre un ulteriore, eventuale, relativa all'infrazione specifica: in quest'ultimo caso (l'art. 180 prevede il pagamento di una “gabella” pari ad € 358 nel suo importo minimo) non vengono detratti i punti. Se tutto si esaurisse a ciò avremmo di fronte l'idea di una Stato veramente venale.

MA NON E' COSI'.

L'art. 180, infatti, sancisce letteralmente ed al comma 8 che, “chiunque senza giustificato motivo non ottempera all'invito di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni od esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dal presente codice, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 343,35 a euro 1.376,55.”.

E' la Suprema Corte di Cassazione ad indicarci la via per conoscere e capire quale comportamento vada sanzionato con la pesantissima multa: Ex plurimis, ma tutte univoche, possiamo ricordare: “L'art. 180, comma ottavo, del nuovo codice della strada prevede come illecito punito con sanzione amministrativa il fatto di chi, senza giustificato motivo, non ottempera all'invito dell'autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti… La fattispecie descritta in tale norma copre integralmente un ipotesi prima inquadrata nel paradigma dell'art. 650 cod. pen…” [Cass. Pen. Sez. I° 612/1993.] e poi “…l'inottemperanza, senza giustificato motivo, all'ordine della autorità di presentarsi, entro il termine da questa stabilito, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento di violazioni amministrative dal detto codice, già integrante l'elemento oggettivo del reato di cui all'art. 650 cod. pen., è ora punita con sanzione amministrativa dal comma ottavo dell'art. 180 del medesimo codice…” [Cass. Pen. Sez. I° 157/1993.] e ancora “la condotta omissiva di chi, senza giustificato motivo, “non ottempera all'invito della autorità di presentarsi entro il termine stabilito nell'invito medesimo, ad uffici di polizia per fornire informazioni o esibire documenti ai fini dell'accertamento delle violazioni amministrative previste dal codice della strada, precedentemente punibile ai sensi dell'art. 650 c.p..” [Cass. Pen. Sez. I° 757/1993.] ovvero “l'inosservanza dell'invito per avere notizie ed informazioni in ordine alla circolazione di un veicolo o per l'esibizione dei documenti non è più riconducibile alla ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 650 cod. pen., bensì all'ipotesi di cui all'art. 180 del C.d.S. che al comma ottavo prevede espressamente l'inosservanza all'invito dell'autorità di presentarsi… …tale inosservanza è ora punita con la sanzione amministrativa…”. [Cass. Pen. Sez. I° 2394/1993.] ora più circostanziatamente “In tema di violazioni al codice della strada, integra l'ipotesi di illecito amministrativo previsto dal combinato disposto di cui agli artt. 180, comma ottavo, e 181, comma terzo C.d.S. (in base al quale risulta sanzionata l'omessa collaborazione – che non si può mai spingere sino obbligarlo ad indagare lui stesso imponendogli, in più, di assicurare il risultato dell'individuazione del conducente N.d.R. – che il cittadino deve prestare all'autorità amministrativa al fine di consentirle l'espletamento dei necessari accertamenti) il comportamento di chi, essendo stato invitato ad esibire la ricevuta di pagamento della tassa di possesso, omette di recarsi presso gli uffici della polizia stradale…” [Cass. civ. Sez. I° 3123/2002].

In sostanza, per spiegarci, l'art. 180 C.d.S., basandosi sul principio della collaborazione del cittadino con lo Stato, prevede la sanzione amministrativa per l'ipotesi di inottemperanza, rectius non ottemperanza, all'invito di presentarsi presso gli organi di polizia per fornire informazioni o esibire documenti; si ricorda sempre che la non ottemperanza all'invito comporta, eventualmente, anche l'applicazione della sanzione relativa alla mancanza del documento che si dovrebbe avere. Quindi l'importante è che il proprietario sia in regola con i documenti e che collabori con le Istituzioni con un comportamento fattivo – fintanto che può – al fine di aiutare le stesse, contribuendo con i dati che possiede. Non si potrebbe chiedere di più.

Ma quid juris nell'ipotesi – del tutto possibile – in cui il proprietario non riesca a rintracciare i dati dell'effettivo conducente ed a fornirli agli uffici di polizia?

Personalmente non riteniamo possibile sposare le recenti dottrine che paventano la possibilità, in questa ipotesi, di applicare l'art. 180 C.d.S.. Questo perché la sanzione accessoria della decurtazione dei punti della patente a carico del proprietario del veicolo diverrebbe una sanzione “coattiva” (scelta dalla utenza della strada perché è il male minore a prescindere della verità storica dell'infrazione): o mi dici chi era alla guida (anche se non lo sai) oppure ti decurto i punti.

Ma la scelta della nostra posizione viene dettata anche da motivazioni dagli aspetti meno passionali e più puramente giuridici. La sanzione ex art. 180 C.d.S., infatti, come ribadito dalla Corte di Cassazione si sostituisce con l'entrata del nuovo codice della strada (1992), per species, al reato di cui all'art. 650 cod. pen. per punire il comportamento di chi non collabora con le Istituzioni. Se è vero, come è vero, che non si potrebbe accusare una persona del reato di cui all'art. 650 cod. pen. solo per il fatto che egli non può in alcun modo – se escludiamo la possibilità di inventarsi un conducente – fornire dei dati richiesti (è appunto il caso del proprietario della vettura e che non era presente quando fu infranto il codice) allo stesso modo non potrà applicarsi l'art. 180.

Con una precisazione.

Tale sanzione – quella di cui al 180 – potrà però applicarsi SEMPRE, ma solo in tal caso, nel caso in cui il proprietario “non ottemperi all'invito dell'autorità di presentarsi, anche tramite missiva, entro il termine stabilito per cercare di fornire informazioni” ciò, quindi, con un comportamento di inerzia e, appunto, non collaborativo.

Insomma al proprietario che si presenta dicendo di non poter risalire all'effettivo conducente all'epoca dell'infrazione non potrà applicarsi la sanzione ex art. 180 C.d.S.

In pieno errore è ancora il Ministero dell'Interno nella recentissima Circolare del 04.02.2005 quando stabilisce “la sanzione di cui all'art. 180 comma ottavo C.d.S. si applica a carico della persona fisica responsabile in solido anche nel caso in cui fornisca all'organo di polizia indicazioni che, comunque, non consentono di risalire all'identità della persona che si trovava alla guida al momento della commessa violazione”.

La materia, oggetto di proliferazione del legislatore, contiene anche elementi di discussione generale, che investe il giudicante nella sfera della sua valutazione discrezionale delle singole fattispecie. La norma come prodotta, impone il limite di respingere in toto il ricorso anche per quanto concerne la sanzione accessoria, che non necessariamente deve vincolarsi a quella principale. Invero le singole fattispecie oggetto di giudizio comprendono valutazioni complessive da quelle personali a quelle psicologiche-relazionali, lavorative, familiari, sociali che non possono contenersi nell'astrazione delle norme ma che in sedes insindacabili, si pongono al vaglio umano del giudizio in sé, diversamente avremmo una giustizia asettica, fredda ed avulsa dal “comune sentire” ed in armonia al dettato: “in nome del popolo…”.

Del resto, il segreto del bravo Legislatore è quello di produrre norme, che siano il frutto di una condivisione-accettazione della maggior parte dei cittadini, ancorché destinatari di norme sanzionatorie per condotte illecite e/o illegittime. Ciò comporta un orientamento ed una produzione anche dell'attività giudiziaria, più rispondente ai bisogni del popolo, pur trovandosi il cittadino, di fronte a sentenze di condanna, certamente non auspicate, quantomeno comprese, pur se soggettivamente non condivise.

In ogni caso sarà ancora la Corte Costituzionale a dover far luce sul tema in predicato poiché si è inteso porre l'accento su queste problematiche per le quali anche la realtà marchigiana ha inteso rimettere gli atti di causa alla Consulta perché decidesse su di essa.

Si attenderà l'esito, al di là dell'art. 126 bis, 2 sul quale si è già data risposta parziale al quesito più complessivamente formulato.

Fonte: ALTALEX

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